03 dicembre 2017

I DOMENICA DI AVVENTO - Anno B -


Is 63,16-17. 19; 64,2-7      1 Cor 1,3-9      Mc 13,33-37

OMELIA

La gioia d’aver gustato la pienezza della vita nella festa di Cristo Re diventa stimolo per noi per camminare verso questa pienezza: il Cristo tutto in tutti. Dalla contemplazione del mistero glorioso nel quale ogni uomo realizza se stesso scaturisce l'intenso desiderio di giungere a tale pienezza.

La ricchezza di questo tempo di Avvento ci guida a riscoprire la bellezza del desiderio: dopo aver pregustato la pienezza della gloria emerge la volontà dell'uomo di giungere a lasciarsi trasfigurare in pienezza dal mistero di Dio. Tutto questo movimento lo possiamo cogliere attraverso i due verbi che noi abbiamo nel testo evangelico, soprattutto se letto nel testo greco: la bellezza del “vigilare” e la fecondità del “vegliare”.

Queste due parole riassumono il cammino di desiderio presente nel cuore di ogni uomo.

Innanzitutto cerchiamo di cogliere il significato della parola “vigilare” che è prendere coscienza di essere attenti a quello che noi siamo, a essere attenti al mistero che è presente in noi, è la percezione del Signore che è in noi e che meravigliosamente opera nella nostra vita perché possiamo rendere feconda la sua presenza. La volontà di conservare il dono che è la nostra storia nel mistero di Dio si ritraduce nella parola "vigilare".

Il vigilare è il gustare le meraviglie che Dio opera in ciascuno di noi. Una simile esperienza ci permette di comprendere perché l'uomo sia essenzialmente un desiderio dove il desiderio non è nient'altro che l'arte d'essere continuamente sotto l'ispirazione divina, siamo di fronte ad una presenza che dinamicamente ci rende continuamente svegli.

Il vigilare rende fecondo il desiderio, il desiderio di quella comunione gloriosa con Dio che è il senso portante della nostra vita.

L'uomo cammina perché è un vivente desiderio. La sua vita è un partire da qualcosa che intensamente sta vivendo, proiettandosi in avanti verso un futuro luminoso, che è l'anima della vera speranza del credente.

Questa è un'esperienza che noi dovremmo continuamente fare: il Dio che dimora in noi, il Dio creativo in noi, il Dio che nella sua fedeltà è sempre attivo nella nostra storia ci rende persone che vigilano perché questo desiderio non possa mai essere rovinato.

Tutta la vita è un desiderio.

Se togliessimo all'uomo il desiderare, l'uomo non sarebbe più uomo. Per entrare nella purezza di questo nostro proiettarci in avanti, si rivela necessario che ognuno di noi veramente dilati questa sua tensione per rendere fecondo ciò che Dio ci ha regalato. Dovremmo continuamente "vigilare", perché un simile atteggiamento comporta il continuo spostamento dell'attenzione dalla fonte del desiderio alla pienezza del desiderio stesso, dalla fonte del desiderio che è il Dio in noi alla realizzazione del desiderio stesso, che è il Dio tutto in tutti. Qui riscopriamo la bellezza all'interno della nostra vita di qualcosa di grande, è l'uomo interiore che continuamente avverte nella propria esistenza una tensione verso una pienezza.

Un simile atteggiamento fa sì che il vigilare diventi un vegliare, un essere protesi verso l'incontro con l'Infinito.

L'uomo è già in comunione con Dio, l'uomo già vive la percezione di qualcosa di grande, che il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo stanno operando in lui, ma questa realtà si deve sviluppare, deve essere una realtà che continuamente pungola e stimola verso qualcosa di più grande: la nostra attenzione è verso l'Infinito.

È Dio che si fa attendere perché possa diventare l'atteso che diventa l'appagamento vero del nostro cuore!

Il tempo dell'Avvento perciò è la gustazione di una presenza, la gustazione di qualcosa di grande che è attivo in noi, è quello che ci ha già fatto intuire il profeta Isaia, e poi l'apostolo Paolo, dicendoci che siamo rivestiti di grazia per poter camminare verso questa pienezza.

La bellezza del futuro, la bellezza del desiderio che colmerà la nostra storia è direttamente proporzionale alla quotidiana presa di coscienza di chi noi effettivamente siamo.

Il desiderio è la quotidiana creatività di Dio nel nostro cuore per orientare giorno per giorno la nostra esistenza verso la grande meta. Ecco perché il cristiano nel cammino della sua storia quotidiana coniuga continuamente i due verbi vigilare e vegliare, gustare i doni che Dio ha seminato in noi e, nello stesso tempo, desiderarne il compimento. Ogni desiderio si realizza nel compimento e il compimento è il Dio che in noi crea il tormento di poterne vedere la gloria nella pienezza del cielo.

Ecco perché non dobbiamo distrarci in questo tempo di Avvento. Dovremmo non vedere le luci, non dovremmo vedere la cultura del consumismo, per giungere a questa essenzialità: Dio in noi si fa desiderare nella pienezza della gloria.

L'interrogativo che dovremmo acquisire è: che cosa stiamo desiderando, da dove parte il nostro desiderio, qual è il cammino che noi vorremmo fare per giungere a questo appagamento del nostro desiderio?

Allora sentiamo la vocazione a entrare in quel silenzio del cuore che gusta questa pienezza divina, che percepisce nella propria storia questa parola divina che diventa la grande speranza del cuore in modo da poter giungere a contemplare gloriosamente il volto del Padre.

Cerchiamo in questo tempo di Avvento di entrare in questo meraviglioso orizzonte.  Dio mette nel cuore dell'uomo un desiderio insaziabile di bellezza che potrà essere veramente realizzato quando saremo nella comunione piena e definitiva con lui.

La nostra esistenza si costruisce quotidianamente partendo da Dio che è la sorgente, vivendo di Dio che è l'anima del presente, per giungere a contemplare Dio, meta della nostra storia. L'avvento è una presenza, la presenza del Dio in noi e tra noi, che ci attira in una gloriosa comunione nella Gerusalemme del cielo.

Questo itinerario spirituale si realizza nel mistero eucaristico che stiamo celebrando.

Il Signore in noi ogni giorno ci dice: veglia su ciò che abita nel tuo cuore perché tu mi possa accogliere in ogni frammento della tua vita. Poiché il Signore abita nel nostro cuore, questa vigilanza ci porta all'eucaristia, a incontrare sacramentalmente il Maestro, che è presente tra noi, a desiderarne la parola che dà vita, per condividere la sua storia nel pane e nel vino. Immersi nella storia di Dio desideriamo Dio per giungere a quella pienezza che è la gioia della nostra gioia. Ogni volta che andiamo l'Eucaristia teniamo viva quell'espressione: “in attesa della tua venuta”, dove quell'attesa è Dio in noi che si fa desiderare, anima il nostro desiderio e ne diventa il compimento.

Se noi percepissimo questo cammino, non avremmo mai paura nel cammino del quotidiano, ci essenzializzeremmo, saremmo ogni giorno purificati e semplificati, nell'attesa che il nostro desiderio raggiunga il suo compimento: essere trasfigurati per poter vedere eternamente il volto del Padre.




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