OMELIA
L'esperienza del Risorto affascina sempre più il cristiano e, la provocazione che la prima lettera di Pietro ci offre, ci dice che dobbiamo rendere ragione della speranza che è in noi.
Il
gusto gioioso della presenza del Risorto deve ritradursi nel vissuto poiché
l'esperienza del cristiano deve diventare trasparenza e testimonianza nel
vissuto quotidiano. Il cristiano avverte chiaramente che nel suo vissuto
percepisce una profonda e radicale povertà.
L'entusiasmo
che abbiamo nel conoscere Gesù non si ritraduce nello stesso entusiasmo nella
coerenza della vita, eppure il Signore vuole che noi comunichiamo ai fratelli
la grandezza e la fermezza del suo mistero per infondere in ogni luogo il gusto
della vita. Ecco perché, nel brano evangelico ascoltato, Gesù ci dà un grande
respiro: egli ci promette l'altro “Paraclito”, l'altro “Avvocato” perché
possiamo essere il suo volto.
Il
cristiano davanti alla grande vocazione che ha di regalare il Risorto,
vivendolo intensamente, sa che il Risorto si prende carico di questa
testimonianza infondendo nelle nostre persone il coraggio.
Ma
cosa voleva dire Gesù che vuol darci un altro “Paraclito”?
Qui
il nostro orizzonte si apre a qualcosa di meraviglioso: Gesù ci dice che
abbiamo due avvocati presso il Padre e possiamo regalare l'ebbrezza della
resurrezione.
Il
primo avvocato è il Risorto in noi, il primo che è coinvolto nella gioia della
comunicazione della resurrezione, è Gesù in noi che è il gioioso tormento
quotidiano. Infatti, il Signore che è in noi è un Signore vivo, attivo,
operativo; il Signore in noi continuamente agisce perché vuole rendere la
trasparenza del suo mistero. Se ci sentiamo zoppi, storpi e ciechi, lui, il Risorto
attraverso la vocazione battesimale entra in noi e ci qualifica intrinsecamente
per cui, il grande attore della nostra vita, è lui. Noi siamo segno fecondo
della sua presenza.
Ecco
perché Gesù ha detto “l'altro consolatore", “l'altro Paraclito”, perché il
primo “Paraclito” - “Avvocato” è lui.
Rendere
ragione della speranza che è in noi è dire nel vissuto che lui, Gesù, è il Signore
del nostro cuore.
Non
esiste per il cristiano depressione spirituale perché il cristiano è
fondamentalmente consapevole di questo Cristo che è attivo e operativo in noi.
La bellezza del nostro vissuto è il Cristo che vive in noi.
Questa
esperienza deve essere sempre coniugata con l'altro Paraclito: lo Spirito
Santo. Se guardiamo la vita di Gesù vediamo che la sua vita è sempre stata
guidata dallo Spirito Santo. Tutta la storia di Gesù è stata un capolavoro di Spirito
Santo: dove c'era il Cristo c'era anche lo Spirito Santo.
L'evangelista
Giovanni da questo punto di vista è veramente stimolante, quando Gesù
incomincia il suo ministero - l'evangelista ci fornisce quella meravigliosa
immagine con la testimonianza di Giovanni il battezzatore -: "Ho visto lo Spirito
scendere su di lui e rimanere in lui".
Tutta
l'attività di Gesù è stata sacramento della creatività dello Spirito Santo e la
sua missione si è conclusa quando Gesù ha detto “ti riconsegno lo Spirito”.
Qualcosa di meraviglioso: Gesù agisce nello Spirito Santo e poiché la nostra esistenza
deve essere continuamente guidata dallo Spirito, perché deve essere la sua
persona, quella di Gesù, ecco che ci dà l'altro Avvocato: il respiro della
nostra vita.
Se
per un momento ci soffermiamo a guardare le nostre persone, ci accorgiamo che
la bellezza di essere persone è il respirare. Una persona costruisce la sua
esistenza respirando. Ora, la bellezza della nostra vita è essere la persona di
Gesù respirando Spirito Santo.
Noi
possiamo essere attivi, creativi, gioiosi perché lo Spirito Santo in noi è il
respiro di Dio.
Non
per niente lo Spirito Santo è la fecondità divina nella realtà del concreto;
sappiamo esattamente che la parola "spirito" è una parola al
femminile perché il Cristo in noi respira la fecondità dello Spirito Santo.
Quando la nostra esistenza è continuamente sostenuta da questi due meravigliosi
“avvocati” della nostra vita, il Cristo e lo Spirito che vogliono fare il
capolavoro che il Padre dall'eternità ha pensato, possiamo camminare nel
vissuto di uomini poveri regalando le meraviglie di Dio. Ecco perché il
cristiano deve stare attento a non evidenziare troppo i suoi limiti. Chi
evidenzia troppo i suoi limiti si chiude in se stesso, invece dobbiamo avere la
gioia dei nostri limiti per lasciare operativo il Cristo nella fecondità dello
Spirito Santo.
Questa
è la bellezza che Gesù oggi ci vuole regalare per cui, rendere ragione della
speranza che è in noi, è una contemplazione evidente che diventa mistica nella azione.
Quindi, ci sentiamo trasfigurati perché non c'è come vivere che il mistero ci
travolge in modo creativo dandoci quel volto glorioso che è Cristo risorto
nella nostra esistenza.
Rendere
ragione della speranza che è in noi è niente altro che la semplicità del cuore
che, vedendo i suoi limiti, lascia agire lo Spirito Santo. Ogni volta che
respiriamo sentiamo lo Spirito in noi, ogni volta che proferiamo dei suoni
labiali, gutturali e nasali in questa vita partoriamo il volto di Gesù e
potremo regalare Gesù a ogni fratello nella semplicità del cuore. Non
complichiamoci la vita diventando grandi protagonisti. Nessuno si salva se non
ha il gusto di essere salvato. Gustiamo questa presenza del Signore nello Spirito
Santo e la nostra vita sarà un sacramento vivo e vivace di questo Gesù glorioso
che è il cuore del nostro cuore.
Nell'eucaristia
che stiamo celebrando Gesù è fedele.
Non
per niente le parole che Gesù questa mattina ci ha regalato sono le parole
dell'ultima cena, le parole del mistero eucaristico. Nell'eucaristia che stiamo
celebrando, questo grande evento, il Cristo nel pane nel vino ci si regala effondendo
il suo Spirito in noi. Ricreati dallo Spirito che l'eucaristia ci offre diremo
Gesù nella realtà di tutti i giorni.
Questa
è la speranza che l'uomo contemporaneo vuole, non le tante cose che
l'organizzazione ci offre, ma questa testimonianza esistenziale dove siamo
meravigliosi e luminosi sacramento di Cristo che è talmente innamorato di noi
che vuole ricolmarci della sua vita divina nello Spirito Santo perché gli
uomini, attraverso il nostro sorriso, possano dire: è bello vivere in Cristo
Gesù e nello Spirito Santo per essere un gioioso canto di lode a Dio nostro Padre.
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