18 dicembre 2016

IV DOMENICA DI AVVENTO - Anno A -

Is 7,10-14    Rm 1,1-7      Mt 1,18-24
OMELIA
L'attesa feconda del Signore postula che noi, giorno per giorno, ne assumiamo la sensibilità.

Riconosceremo la grande rivelazione di Dio se, lentamente, l'esperienza del Maestro diventerà la vita della nostra vita. L'incontro è vero e autentico quando la sintonia tra noi e Cristo sarà vera e autentica: allora noi incontreremo colui che il cuore arditamente desidera.

Per entrare in questo desiderio che dovrebbe qualificarci fino in fondo, oggi la Chiesa ci offre il metodo attraverso il quale in modo fecondo possiamo andare incontro al Maestro per essere veramente persone che gustano il Dio con noi.

La figura di Giuseppe diventa estremamente significativa.

Questa diventa attuale attraverso tre passaggi che cogliamo nella sua esperienza, tre passaggi ai quali ognuno di noi deve continuamente richiamarsi perché l'esperienza del Dio che viene, divenga vita della nostra vita. Innanzitutto la radicale coscienza che Giuseppe ha di se stesso: si sente uomo povero perché giusto.

Ci possiamo porre la domanda come mai Giuseppe voglia ripudiare Maria e la risposta la cogliamo entrando nell'esperienza più profonda di Giuseppe.

Giuseppe è a conoscenza del mistero che si sta realizzando in Maria, un mistero così grande che nella propria povertà si sente indegno, incapace di entrare in questo grande mistero. Davanti al rivelarsi di Dio, davanti al diventare uno strumento nelle mani di Dio Giuseppe dice: non sono degno, non sono adatto, sono incapace. In quel voler “licenziare Maria” è affermare la sua volontà di non essere in grado di entrare in questo disegno di salvezza. È l'esperienza che ogni cristiano fa nella sua vita quando gli viene proposto un grande disegno di salvezza e si sente radicalmente impotente. È quel mistero sintetizzato in modo meraviglioso da Paolo all'inizio della lettera ai romani: un annuncio che deve diventare vita della vita.

Il Signore ci parla, il Signore accade nella nostra esistenza, entra nel nostro quotidiano per coinvolgerci perché l'atto del Dio che viene coinvolge la libertà dell'uomo. Davanti alle meraviglie di Dio l'uomo si sente impotente. È l'atteggiamento normale di chi, nel cammino della vita, si sente raggiunto da qualcosa di ineffabile davanti al quale si riscopre nel proprio limite.

Questo atteggiamento si risolve attraverso l'esperienza del sogno: Giuseppe è uomo giusto, è uomo che nel cammino della sua vita si fida e si affida a Dio. L'esperienza del sogno è l'esperienza dell'uomo che lascia libertà a Dio.

Se guardiamo attentamente, se entriamo nel genere letterario del sogno, cogliamo questa grossa verità: quando Dio si vuole rivelare il Signore della vita dell'uomo, si rivela nel sogno, nella notte. L'uomo è condotto nella notte attraverso il sogno perché possa fidarsi di Dio. Sognare è niente altro che un invito a consegnarsi alla libertà creatrice di Dio. Qui c'è il secondo passaggio a cui il Signore questa mattina ci chiama per essere autentici: il Signore non ci chiede di capire, ma di affidarci, di inoltrarci in questo mistero divino che è il respiro della vita. L'uomo non deve capire, altrimenti riduce Dio a sua immagine e somiglianza: l'evento è misurato sulle proprie forze.

L'uomo povero deve regalare se stesso alla creatività ineffabile di Dio per poter essere autentico. È’ la bellezza della vita! L'uomo che sogna vive, l'uomo che sogna si affida, l'uomo che sogna costruisce l'esistenza come affascinante avventura, l'uomo cosciente del limite si affida all'Ineffabile.

Ecco perché Giuseppe al termine del brano evangelico: "prese con sé Maria", fece suo il progetto di Dio nei confronti dell'umanità. Spesso non riusciamo a rendere feconda la nostra esistenza perché perdiamo lo slancio giovanile dell'esistenza che ci porta continuamente a entrare in un mistero più grande, ma in cui respirare il senso della vita. Quando l'uomo con Giuseppe fa questo passaggio, coglie l'incarnazione del mistero di Dio: appare l'Emmanuele, le Scritture si realizzano, la creatività di Dio diventa storia, l'uomo ritrova e recupera se stesso. In questo cogliamo la bellezza e la profondità della nostra esistenza.

Qualche volta non abbiamo slancio della vita perché il trinomio che vediamo in Giuseppe non lo seguiamo; davanti alle paure ragioniamo e falliamo.

Davanti alle paure fidiamoci della fedeltà di Dio e saremo fecondi. Chi non ha il coraggio di affidarsi sarà sempre sterile. È l'uomo dominato dalle paure che non sa vivere in modo positivo i suoi limiti; quando vediamo i nostri limiti del mistero del Dio che viene e che si rivela saremo sempre poveri uomini, ma quando metteremo i nostri limiti, le nostre povertà nel mistero di Dio avremo sempre la fecondità di Dio. Allora intuiamo come andare incontro al Signore è andare incontro ad un ignoto che è l'anima, il senso, la luce portante dell'esistenza. La bellezza della vita è una povertà regalata al mistero e una povertà, quando è regalata al mistero, diventa un'esistenza, una povertà meravigliosamente feconda. Ecco perché nella nostra vita dovremmo tutti giorni fare come ha fatto Giuseppe: dopo il sogno "prese con sé Maria", prese con sé il progetto misterioso di Dio.

Nel momento in cui riusciamo ad accogliere nella nostra vita il mistero meraviglioso di Dio, in quel momento, la vita è diversa perché in quel momento viviamo di un futuro che anima un presente.

Quanto vogliamo che la nostra vita sia veramente l'Emmanuele!... Il Dio con noi!..., ma, tante volte, questa meravigliosa presenza non riusciamo gustarla perché siamo dominati dalle paure.

Viviamo il coraggio di sognare, il coraggio di affidarci, il coraggio di camminare e Dio sarà con noi. Ciò che ci è richiesto è la gioia dei nostri limiti e, quando abbiamo questa gioia, avvertiamo la fedeltà feconda di Dio perché in lui tutto è grazia, tutto diventa grazia, tutto diventa capolavoro di gioia. È l'eucarestia che stiamo celebrando.

L’Emmanuele è in mezzo a noi e noi possiamo con autenticità celebrare l'eucarestia perché abbiamo il fascino di un Dio meraviglioso nelle nostre povertà; regaliamo a Dio le nostre persone povere sognando la sua creatività ed egli non ci delude. La nostra povertà è arricchita, trasformata e trasfigurata dalla sua presenza. È l'atto della comunione.

Viviamo così questo mistero animati dalla certezza che nella fedeltà di Dio le meraviglie di Dio sono sempre feconde. Come Giuseppe prendiamo sempre con noi Maria, prendiamo sempre con noi il misterioso progetto di Dio in noi, non capiremo, ma vivremo … e la bellezza della vita sarà quando vedremo Signore faccia a faccia.
 
 
 
 
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