OMELIA
Conoscere Gesù è il
grande fascino della nostra esistenza, poiché in Lui ritroviamo il significato
portante della nostra storia. Gesù oggi ci introduce nella sua interiorità,
perché possiamo, nella nostra esistenza, elaborare un cammino dove Lui sia
veramente il Signore.
Il brano che abbiamo
ascoltato ritraduce la risposta a una domanda che noi potremmo effettivamente
proporre a noi stessi: “Signore chi sei e dove sei?”.
Se veramente vogliamo
diventare Lui, entrare nel suo mistero, è inevitabile che noi ci poniamo
l’interrogativo: “Dove possiamo veramente incontrare il Maestro?” E Gesù ci
dice “Non abbiate paura sappiate che io sono in voi”.
Il discorso con il
quale Gesù ha voluto dare speranza ai suoi discepoli, incarna una profonda
esperienza di fede. Il momento in cui Gesù è stato assunto alla destra del Padre,
si è reso realmente presente nella storia della chiesa.
Nel linguaggio che
abbiamo pocanzi udito di Gesù che va a prepararci un posto presso il Padre per
poi ritornare da noi, vuol dire semplicemente che Gesù ormai ha "dimenticato"
la sua storicità per diventare una presenza teologale e sacramentale nel
cammino della Chiesa.
Il Signore è presente: questa
è la grande verità che il Maestro desidera consegnarci.
Ed è interessante
come l’evangelista Giovanni abbia iniziato i discorsi dell’ultima cena col
testo che abbiamo pocanzi udito per rispondere al dramma della Chiesa nella
seconda metà del primo secolo: Gesù era progressivamente dimenticato,
l'entusiasmo apostolico si stava raffreddando.
E’ un dramma che noi
cogliamo leggendo in profondità il Vangelo di Giovanni.
La Chiesa, in certo
qual modo, stava passando dal fascino di Gesù al desiderio di strutturarsi, come
ogni esperienza religiosa. Giovanni ha sentito l’urgenza di rivivificare le sue
comunità dicendo loro: “Abbiate una convinzione, che il Signore glorioso è in mezzo
a voi e questo Gesù glorioso è il senso portante della vita”.
Riusciamo a
comprendere perché l’evangelista abbia posto nel dialogo con Filippo l’immagine
molto provocante e stimolante: “Filippo chi vede me vede il Padre”.
Gesù è entrato nella
storia degli uomini per rivelare il volto del Padre, come l’evangelista stesso
ce lo dice alla conclusione del prologo: Dio,
nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre,
è lui che ce lo ha rivelato. Gesù è presente nel cammino della sua Chiesa
per orientare la nostra esistenza al Padre.
E’ la profondità
dell’evento evangelico. Gesù vuol far fare un salto di qualità alla sua
comunità, per passare da un’esperienza semplicemente religiosa, a una
esperienza credente che abbia nella sua persona, nella sua presenza, nella sua
relazione attiva, il senso della sua vita.
Gesù questo ce l’ha ulteriormente
detto, davanti alla domanda di Tommaso “Ma qual è la via?” Allora Gesù in
quelle tre immagini risolve qualunque interrogativo noi possiamo avere circa la
sua presenza nel cammino della chiesa: Io
sono la via la verità e la vita, ma soprattutto nella prima immagine, Io
sono la via scopriamo la grande speranza che Gesù ci vuole comunicare.
Quando sentiamo
questa immagine della "via", immediatamente potremmo avere una
lettura e comprensione molto limitate:
lo dobbiamo seguire nel suo itinerario. Tuttavia quando ci mettiamo
nell’esperienza del seguire Gesù, immediatamente nella nostra testa nascono
diversi interrogativi: “Ma come posso nel mio limite, nella mia povertà, nella
mia infedeltà seguire veramente il Signore?”.
Se entriamo nel
profondo del discorso di Giovanni di questa mattina, ci si apre una luce, che
ci potrebbe risolvere tanti dubbi. In verità veniamo condotti a entrare nell’interiorità
di Gesù. Che cosa ha detto veramente Gesù in quell’espressione Io sono la via? La risposta che potremmo
darci è molto semplice: Io sono la via
perché io abito in te, io sono andato dal Padre, ho perso la mia storicità
fisica perché sacramentalmente io sono in te.
Gesù è la via perché Lui
è il vivente in noi, ed essendo il vivente in noi, tutta la sua personalità è
operativa dentro di noi. Anzi tutti gli aspetti della sua personalità sono
attivi ed operanti in noi.
Il cristiano ha il
gusto di questa presenza, la bellezza della vita è la convinzione più profonda
che il Risorto è dentro di noi ed è talmente dentro di noi che in noi sta
dialogando con il Padre. Sicuramente la nostra esistenza è molto distratta
perché drammaticamente portata a correre e l’uomo che corre non ha quella
capacità di fermarsi, di porsi in silenzio, di porsi in stato di ascolto
amoroso e lì sentire il meraviglioso dialogo Padre e Figlio.
Se guardiamo
attentamente il rimprovero o l’esortazione che Gesù fa ai suoi discepoli, è che
essi non sanno entrare in questo meraviglioso rapporto Padre e Figlio che
dovrebbe qualificare il cuore del discepolo. Gesù vuol farci conoscere il Padre.
Vuole che quando noi diciamo Padre, la nostra vita si riempia di eternità. Quando
noi diciamo Padre, la nostra esistenza si apre su un orizzonte infinito in cui
l’anima respira l’eterno. Ciò che a noi sembra un'esperienza molto alta,
Giovanni la diceva ai suoi cristiani, perché essi entrassero in questo
meraviglioso movimento.
Allora il cristiano,
e lo ha detto Gesù ed è l’ultima frase del vangelo, è colui che gusta
l’operatività del risorto nella sua vita quotidiana.
E’ interessante meditare
l’ultima frase con il quale si è concluso il brano evangelico questa mattina: In verità, in verità io vi dico: chi crede
in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di
queste, perché io vado al Padre. Scopriamo che non solo il Cristo è attivo
in noi, quindi il nostro agire quotidiano è l’agire di Cristo nello Spirito
Santo, ma è talmente forte la nostra relazione con il Cristo che incarniamo
pensieri, parole e azioni che regalano eternità beata a tutti i fratelli.
Ecco perché il
cristiano quando per un momento si ferma e riflette sul mistero della sua
esistenza si accorge che quello che sta compiendo è più grande della sua
intelligenza, è più grande della sua volontà: è il fluire di una pienezza di
fiume che inonda i fratelli della speranza che viene dall’alto.
Ecco perché dobbiamo stamattina
prendere sul serio le parole di Gesù, che sono parole di grande speranza. Ogni
momento che in noi nascono gli interrogativi, e ne nascono tanti perché il
mondo dell’invisibile non appartiene alla cultura ordinaria dell’uomo dei
nostri giorni, dovremmo respirare tale atmosfera. Se per un momento ci lasciamo
inebriare da queste stimolazioni che Giovanni ci dice ponendole sulle labbra di
Gesù, noi ci accorgiamo che la nostra vita è una continua fecondità di
eternità. Di riflesso non ci poniamo la domanda “Domani cosa sarà la nostra
vita?” perché è talmente ricco il presente, è così profondo il dialogo Padre-Figlio
che l’eternità ci apparirà improvvisamente in una luminosità veramente
favolosa.
Ciò che conta è che
queste parole di Gesù siano veramente feconde in noi. Ecco perché Gesù ha detto
“Non sia turbato il vostro cuore, io sono in mezzo a voi, io sono in voi, vi
rendo partecipi del meraviglioso dialogo che io ho con il Padre e già
respirate, eternità beata”.
Viviamo questo
mistero in tanta semplicità, in modo che davanti al caos contemporaneo possiamo
avere quella pace del cuore, quel silenzio amoroso che ascolta il rapporto
Padre-Figlio. Nelle nostre giornate frequentemente diciamo “Padre”, non il Padre nostro, ma “Padre”
per poter veramente respirare questa eternità beata nella quale fin da adesso noi
siamo collocati.
D’altra parte noi
siamo fondati su quella pietra viva di cui ci ha parlato la prima lettera di
Pietro. Perciò in questa Eucaristia, davanti ai grandi dubbi che si ancorano
nella nostra storia personale, ecclesiale, mondiale e cosmica, diciamo al Signore
“Riempimi della tua meravigliosa presenza, rendila più viva, perché nonostante
i miei limiti storici, possa respirare la certezza che tu sei in me e in te mi
rivolgo a Dio dicendogli: Padre”.
Se vivremo così
questa Eucaristia, farmaco di immortalità divina e sacramento di amore e di
unità, come si è espresso il "sogno" caro all’evangelista Giovanni,
noi potremo veramente dire “E’ bello essere cristiani perché è bello gustare
una meravigliosa e dinamica presenza divina che ci offre la beata speranza del
cuore che già da oggi è certezza di una visione gloriosa nell’eternità beata”.
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