OMELIA
La presenza del Risorto nel cammino della Chiesa è uno stimolo continuo per poter entrare in un'attrazione che si ritraduce nell’ intenso desiderio di voler vedere il Signore. Tale verità sarà piena e completa solo quando, come abbiamo sentito dal libro dell'Apocalisse saremo definitivamente rivestiti di quelle vesti candide che ci doneranno la luminosità stessa di Dio.
Tutta la vita è una attrazione verso questo momento culminante della
nostra storia quando, introdotti nella luminosità trasfigurante di Dio, per
sempre potremo gustare la presenza del Maestro in una gioia che non ha nessun
confine. Il Signore è in mezzo a noi per farsi desiderare in questo
meraviglioso fascino di gloria. Di fronte a questa grande meta Gesù, questa
mattina, attraverso il testo evangelico ascoltato ci aiuta a cogliere il nucleo
perché questa luminosità possa veramente entrare nella nostra esistenza.
Innanzitutto i tre verbi con i quali Gesù definisce le sue pecore:
ascoltano la mia voce, io le conosco ed esse mi seguono. Tre caratteristiche
che il discepolo è chiamato ad assumere per poter crescere in questa grandezza
verso la quale è orientato.
"Ascoltano la mia voce".
Se entriamo nel profondo di questa espressione ascoltare la voce è - nella
scuola Giovannea - qualcosa di molto più profondo. Non è semplicemente
ascoltare la voce, ma è vedere la voce. Un'espressione questa che nel nostro
linguaggio può sembrare abbastanza paradossale! Entriamo nel libro dell'Apocalisse
e scopriamo che la bellezza della vita del discepolo è vedere la voce. Infatti,
quando uno è profondamente immerso nella dimensione relazionale con una persona
e, questa persona è diventata il senso portante della vita e in questa persona
ritrova veramente se stesso, il discepolo non ascolta una voce, ma vede l'altro
che gli parla. Quella voce è una risonanza simbolica di un rapporto interiore
interpersonale. L'uomo ascolta tante cose, ma nel fascino profondo dell'amore
vede chi sta parlando. In certo qual modo quella voce è il linguaggio
dell'incontro di due persone.
Il discepolo non può fare a meno del Maestro; il fascino del Maestro è
la capacità interpretativa delle parole. Se entriamo nel profondo, non solo
ascoltiamo le parole, ma cerchiamo di interpretarle, di capirle e noi riusciamo
a capire e interpretare le parole se conosciamo colui che ci sta parlando.
La bellezza del discepolo è Gesù: nella nostra vita noi ascoltiamo la
sua voce mentre contempliamo la sua persona.
Il Vangelo entra nella nostra esistenza solo se accogliamo il divin Maestro.
Se non accogliamo il divin Maestro, il divin Maestro non diviene il senso
portante della vita, quelle parole non dicono nulla.
Tante persone dicono: ho letto il Vangelo e non mi ha detto nulla.
Il Vangelo è una lettera di Dio innamorato dell'uomo che vuol parlare
all'uomo; se manca questo principio fondamentale che è l'essere innamorati di
Gesù, il Vangelo non dice niente. È un libro! Con tutta la sacralità che questo
libro ha, ma è un libro.
La bellezza dell'entrare nel mistero di Dio è vedere questa voce: le
orecchie risuonano di alcuni suoni, ma il cuore contempla una persona e, in
questa persona, ritrova veramente se stesso. Ecco perché Gesù ha usato il
secondo verbo "Io li conosco", perché attraverso questo ascolto
scaturisce una intimità interpersonale.
Conoscere - nel Vangelo di Giovanni - è l'intimità assunta, conoscere
per Giovanni è una trasfigurazione che permea tutto in tutto il nostro
sensitivo, conoscere è una trasfigurazione in atto: "io non conosco delle
parole, mi lascio trasfigurare da una persona".
Allora intuiamo il meraviglioso mistero che si costruisce nella nostra
esistenza attraverso quel semplice ascoltare la voce.
Il risultato è "Mi seguono": è vivere una tensione, passare
dalla visione dell'udire la voce a vedere, faccia a faccia, la voce, in una
gloria che non ha confini. Il cristiano è un pellegrino nel tempo, innamorato
di un Signore che desidera vedere presto faccia a faccia.
Davanti a questo grande disegno che il discepolo dovrebbe
continuamente alimentare nella propria storia cadiamo in questa possibile
difficoltà: Signore, è possibile?
Il discepolo quando è davanti a grandi ideali ha sempre il dubbio
metodico: è possibile?
L'evangelista Giovanni ha intuito questa difficoltà utilizzando
l'immagine delle mani. È molto bello come Gesù abbia detto: "Nessuno le
strapperà dalla mia mano"… cosa vuol dire "mano"?
La bellezza di Giovanni è che il suo linguaggio è estremamente
simbolico e ci permette di cogliere, in profondo, il senso della verità.
Cosa è la mano?
La mano è il calore di un cuore, è il calore di una intimità che si
regala all'altro, la mano è il calore del cuore.
È molto bello riandare a un bel testo del profeta Isaia che nel Libro
della Consolazioni ha un'immagine molto stimolante. Dio parlando al profeta
dice: "Voi, mio popolo, siete disegnati sulla mia mano".
La mano di Dio ha il disegno di ciascuno di noi.
Usando il linguaggio del Cantico dei Cantici è il tatuaggio d'amore di
Dio.
La creatura è nelle mani di Dio, la creatura gusta continuamente il
calore di Dio. Quando uno è nelle mani e il cui calore avverte fino in fondo
non è più solo. Le dinamiche dell'intelligenza generano paure, la mano dà
sicurezza.
Come il bambino che impara a camminare ha bisogno della mano della
mamma così il cristiano è nella mano di Dio.
È una verità questa che, tante volte, non riusciamo a cogliere perché
non abbiamo l'umanità di Gesù. Se amassimo l'umanità di Gesù ci accorgeremmo
che sacramentalmente siamo nella sua mano, ci dà il suo calore, ci dà la sua
forza, ci dà la sua sicurezza e ci dice che tutto è possibile. In questo ci
accorgiamo come la visione che continuamente alimenta il nostro spirito per
vedere la gloria di Dio si costruisce in un cuore che, affascinato da una
persona, si lascia prendere per mano da questa persona sapendo che quella mano
da noi non si stacca più.
Quando la nostra mano è nella mano di Dio abbiamo la certezza di
giungere ai pascoli eterni del regno, a quella meravigliosa visione dell'Apocalisse
che abbiamo ascoltato, dove non ci sarà più lacrime, non ci sarà più il dolore,
ma il pastore, Cristo Gesù, ci guiderà a quei pascoli eterni che è la visione
eterna del paradiso.
Illuminiamoci con questa verità in modo che se la nostra esistenza è
ricca di tante tribolazioni, tuttavia, nelle mani dell'Ineffabile gustiamo già,
fin da adesso, la luminosità dell'eterno.
È l'eucaristia che stiamo celebrando, dove stiamo vedendo il Signore
con il cuore e il Signore ci parla dicendo: "prendete e mangiate questo
mio corpo offerto per voi, prendete e bevete questo è il sangue versato per
voi" e il Signore, nel momento in cui entrerà in noi, ci trasfigurerà e ci
dirà: se io sono in te, se io sono l'anima della tua anima, di cosa hai paura?
Vivendo così l'eucaristia sentiamoci profondamente rinnovati per
camminare in una speranza che ha il sapore di eternità perché la bellezza della
vita è desiderare quel desiderio meraviglioso: il Signore visto faccia a
faccia.
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