OMELIA
La gioia della presenza del Signore risorto in mezzo a noi è fonte di continua esultanza e di novità di vita.
Il cristiano non può vivere senza il Maestro divino perché in lui e
con lui costruisce ogni istante della sua esistenza. Questa grande esperienza,
alla quale ogni giorno siamo chiamati, diventa fonte di continua trasfigurazione
interiore. L'interrogativo che nasce è quello di spiegare come possiamo
collegare una simile relazione sacramentale con la visione tradizionale di Gesù
che va in cielo. Se ascoltiamo attentamente il testo dell'evangelista Luca, ci
accorgiamo di una cosa che in termini psicologici ci fa non poca difficoltà: i
discepoli sono rimasti con Gesù tre anni, ne hanno condiviso il mistero, con
lui sono vissuti, in lui hanno incentrato la loro vita. Di lui sono vissuti.
Come mai, nel momento in cui Gesù viene assunto in cielo, sono pieni di gioia e
lodano il Signore? Nel cammino dell'esistenza normale le cose non vanno così e
allora, credo che la festa di oggi, ci aiuti a risolvere questo interrogativo,
ma soprattutto a riscoprire la bellezza esaltante della nostra esperienza di
fede. L'evangelista Luca ce ne offre l'opportunità attraverso tre verbi che
esprimono il momento della dipartita del Maestro: alza le mani, benedice, si
stacca da terra.
Questi tre verbi ci fanno intuire come Gesù non solo non sia partito da
noi, ma sia ancora più radicato in noi e nella nostra storia quotidiana.
Nel gesto di alzare-imporre le mani assistiamo ad un passaggio di
personalità: Gesù fa passare il suo mistero nei discepoli e rende fecondo
questo evento attraverso quella parola creatrice che si chiama l'atto del
benedire. I discepoli sono ricreati nello Spirito Santo e divengono la presenza reale di Cristo!
In quella gestualità di Gesù
intuiamo una profonda verità: la persona di Gesù diventa la persona del
discepolo e questo evento si dà, mentre il Risorto benedice, si stacca da terra,
perché ormai la sua presenza continua a rimanere nel discepolo. È la bellezza
che cogliamo in questo testo.
Gesù non ci ha lasciati anzi, è ancor più presente di quanto lo fosse
quando camminava per le vie della Palestina perché assume un nuovo stile di
presenza. Nella fede, egli è in noi, nel sacramento diventa creativo per lo
sviluppo della sua presenza nella nostra persona, nella vita diventa il
sacramento della sua continuazione nelle nostre azioni e nel nostro vissuto.
La festa di oggi ci dice che Gesù non ci abbandona mai, egli è
presente in ogni istante della nostra vita. Qui avvertiamo una meravigliosa
verità. Quando ci sono le persone fisiche non sempre riusciamo a essere gli uni presenti agli altri a causa della
distanza della nostra corporeità storica. Quando il linguaggio fisico viene
superato e viviamo una dimensione più sacramentale cogliamo in modo sempre più
vivace questa presenza reale di Cristo in noi. La bellezza della vita è gustare
questo Gesù che entrando in noi determina tutta la nostra esistenza e ci guida
istante per istante.
Nel momento in cui Gesù entra in noi e ci comunica la ricchezza del
suo mistero, avvertiamo che il suo mistero è tutto racchiuso nel progetto
divino di tornare al Padre. Quando entriamo in noi stessi, nella nostra persona
e intuiamo questo Gesù realmente presente, in quel momento scattano in noi tre
possibili sentimenti reali:
·
lui è in noi ,
·
lui assume tutta la nostra storicità, assume tutti i nostri interrogativi,
assume tutte le nostre problematiche perché lui, in noi, assume tutto,
·
con lui tendiamo al Padre.
La bellezza dell'esperienza della fede è Gesù in noi che diventa noi
perché possiamo essere definitivamente in lui.
Usando un'immagine che ci può aiutare: lui con noi e in noi porta
l'oscurità del nostro quotidiano. Il cristiano non è mai solo nel portare i
suoi interrogativi perché il Cristo li assume e li assume in modo dinamico
poiché egli, in noi, ci attira continuamente nella gloria. La nostra vita è
tutta una assunzione, è un desiderio che si dilata continuamente poiché Gesù, che è in noi, diventa la nostra storia
perché abita in noi, e noi in lui avvertiamo di condividere questo suo salire
nella gloria del Padre.
In certo qual modo respiriamo l'eternità beata sviluppando in noi la
volontà decisa di vedere il Signore faccia a faccia. L'ascensione ci porta
lentamente verso quella pienezza di gloria che sarà veramente il compimento
della nostra vita: lui in noi assume il nostro mistero umano, lui con noi
cammina verso il paradiso per essere, per noi, nella visione gloriosa del
cielo. Il mistero dell'ascensione non è semplicemente Gesù che va lassù,
l'ascensione è Gesù che nel linguaggio del salire meravigliosamente è in mezzo
a noi, regalandoci quel profumo di eternità beata che la sua presenza in noi semina continuamente.
In questa ottica di comunione qual è quel problema che Gesù in noi non sia
vissuto da lui? Qual è quell'aspirazione che in lui profondamente non si realizzi? La bellezza di
ogni aspirazione è vedere il Signore faccia a faccia. In quel momento la nostra
vita sarà veramente realizzata.
Tutto questo mistero che noi stiamo vivendo nell’ ascensione del
Signore, è un mistero che nello Spirito Santo stiamo gustando nell'eucaristia
dove scopriamo una dialettica molto bella: la lontananza è particolare
vicinanza e la vicinanza, nello stesso tempo, è una singolare lontananza. Il Signore
in quest'eucaristia sta condividendo con noi la sua persona e noi in
quest'eucaristia diciamo intensamente che senza di lui non possiamo vivere. Ma
questa vicinanza è questa lontananza perché non ci siamo ancora assisi al
banchetto della gloria eterna.
È molto bello quando ci accosteremo alla comunione e sentiremo quella
bella espressione del libro dell'Apocalisse “Beati gli invitati al banchetto
della cena delle nozze dell'agnello”. In quel momento "mangeremo" la
gloria di Dio, mentre ora stiamo desiderando di mangiare il volto di Dio nel
banchetto del paradiso. La bellezza della liturgia di questa mattina è sognare
con realismo una luce incomparabile nella quale la nostra vita sarà veramente e
totalmente realizzata. Quando nella nostra settimana ci sentiremo poveri,
gustiamo la ricchezza del Dio in noi e con noi! Quando abbiamo gli
interrogativi, di cui la nostra vita è carica, nella fede ben sappiamo che Gesù
li ha già assunti in sé. Quando ci poniamo la domanda cosa sia la vita,
dovremmo avvertire un'attrazione in un mistero indicibile che è la gloria del
cielo! Allora una grande speranza sarà nel nostro spirito e cammineremo certi
che lui non ci abbandona mai: il paradiso è già oggi incominciato.
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