DOMENICA 12 NOVEMBRE 2023
Sap 6,12-16 1Ts
4,13-18 Mt 25,1-13
OMELIA
La chiesa, mentre sta camminando verso la
conclusione dell’anno liturgico, si pone dinnanzi uno degli elementi che l'uomo
contemporaneo sta progressivamente dimenticando: l’incontro glorioso con il
Signore. E quindi è interessante una descrizione iniziale che deve aiutarci
nella riflessione di oggi: l'uomo teme la morte perché non ama la vita. È un
principio questo fondamentale. In un certo qual modo rimane nel nostro spirito
quella affermazione del libro della Genesi nella quale se l'uomo avesse peccato,
sarebbe morto. Ma quello che la Genesi ci offre, viene ribaltato da Gesù,
perché Gesù è la vita. Noi siamo stati creati per gustare la vita. E allora la
domanda attorno alla quale vogliamo questa mattina soffermarci: cosa vuol dire
vivere? Allora ci accorgiamo che l'esistenza dell'uomo si costruisce attraverso
tre passaggi che devono alimentare la nostra esistenza e darci una grande speranza.
Innanzitutto ricordiamoci sempre che noi nasciamo da Dio. È una verità che
l’evangelista Giovanni ha espresso molto bene nel suo prologo “A
quelli che lo hanno accolto, ha dato il potere di diventare figli di Dio, il
quale non da carne, né da volere di uomini, né dal volere di sangue, ma da Dio
sono stati generati”; siamo dei generati da Dio!
È sempre bello andare nel passato
che abbiamo citato, alla visione che i padri della chiesa hanno dell’uomo
quando nasce: il Padre creando l'uomo lo consegna a Gesù, perché la vita
dell'uomo si chiama Gesù. Perché noi nella tradizione cristiana battezziamo un
bambino, se non per consegnare quel bambino a Gesù. E la bellezza della nostra
esistenza è tutta racchiusa nel mistero di Gesù. Cosa vuol dire vivere? E
allora il fascino di Gesù, Il verbo si è fatto carne e venne ad abitare
in mezzo a noi e noi vedemmo la sua gloria”; costruire la vita in un
fascino profondo che si chiama Gesù. Ecco perché il bambino viene battezzato,
per essere immerso nella personalità di Gesù.
Noi abbiamo dato molte
interpretazioni negative, ma dobbiamo sempre tenere presente il punto di
partenza, noi nasciamo per incontrare Gesù, anzi il Padre ci regala Gesù. Proviamo
a pensare la nostra esistenza come un meraviglioso regalo intratrinitario; il
Padre ci regala a Gesù: ecco il bambino! Per cui il battesimo è espressione
della realizzazione di questo meraviglioso regalo. E allora se noi partiamo da
questo presupposto, ci risulta chiaro che vivere è dialogare con Gesù,
respirare lo Spirito Santo, amare con il cuore di Gesù, avere come criterio la
volontà del Padre, costruire l’istante in questo meraviglioso dialogo. Stando
alla parabola, cosa vuol dire non avere l'olio nelle lampade? Vuol dire non
dialogare con il Signore. Se uno dialoga con il Signore continuamente, non c’è
il problema di quando Egli potrà arrivare. Se c’è un dialogo continuo, potremmo
dire che come le vergini sagge hanno gustato la gioia dello Sposo che appariva
e che era il senso della loro vita, così anche noi non dobbiamo avere paura del
morire, ma esultare della gioia del vedere questa grandezza di Dio nella quale
l’uomo ritrova se stesso.
Usando un'espressione molto
paradossale, quando un fratello muore siamo contenti che egli possa godere
della luce di Dio, è in una luminosità eterna nella quale l’uomo ritrova se
stesso. Noi siamo stati creati per vedere la gloria di Dio. Nati da Dio
camminiamo continuamente nel tempo e nello spazio con questo grande desiderio
di alimentare in noi il desiderio del Signore. A me piace sempre la frase di
San Giovanni della Croce, il quale diceva: Quando
morirò dirò al Signore “quanto tempo ti sei fatto aspettare”; è una visione
difficile sicuramente per noi, eppure se ci poniamo l'interrogativo più
profondo del senso della nostra vita, noi ci accorgiamo che vivere è attendere;
noi non moriremo ma ci apriremo all’orizzonte infinito di Dio e la nostra
esistenza sarà veramente un’esistenza autenticamente realizzata. Ecco perché il
cristiano quando muore comincia a vivere e ritrova la bellezza più profonda
della sua storia.
Ed è il terzo passaggio: il
Paradiso! L'uomo di oggi parla poco di questa realtà meravigliosa, si blocca
alla morte con gli interrogativi della morte, con gli interrogativi di chi non
sa come si organizzerà il domani, perché l'uomo è tentato di organizzare anche
il futuro, ma la bellezza è nati da Dio,
viviamo di Gesù per poterlo godere, e poiché Gesù è un infinito, noi non
riusciremo mai a capire: è la bellezza di lasciarci attirare in questo mistero;
morire è cantare la bellezza di vivere.
Se noi entriamo in questo orizzonte
interiore, noi siamo come quelle vergini sagge che quando arriva il Maestro sono
pronte, arriva lo sposo e vanno a far festa; arriva lo sposo e vanno alle
nozze.
La bellezza della vita futura è
essere nelle nozze eterne a cantare gloriosamente la bellezza di Dio. Ecco
perché il cristiano, pur nel tormento del quotidiano, pur negli interrogativi
che ogni giorno affiorano, ha questo orizzonte: desiderare di vedere la luce di
Dio. Sarà molto bello quando chiusi gli occhi alla storia li apriremo
all’eternità beata e in quel momento la nostra vita sarà di una luminosità
infinita che non conosce tempo, una luminosità che sarà gloria per sempre. Per
cui, quando un cuore è innamorato di Gesù non si aspetta di sapere quando
verrà, perché è sempre pronto perché la sua vita è immersa in qualcosa di
affascinante che determina tutta la sua esistenza.
Ecco allora che la chiesa oggi,
attraverso la liturgia della Parola ci dice: mettiti in cammino, pensa alla
gloria futura, pensa che a quel gaudio che sarà veramente il senso di tutta la
storia quotidiana.
E noi nell’Eucaristia siamo qui
presenti a gustare questa presenza. Tra poco ci accosteremo alla comunione e
sentiremo quelle parole Beati gli invitati alla cena delle nozze
dell’Agnello.
Tutto sommato facendo la
comunione, stiamo pregustando questo banchetto glorioso per cui, in un certo
qual modo, quando un fratello muore, c’è una gelosia spirituale, lui sta
vivendo in modo glorioso una bellezza divina che neanche possiamo immaginare e
l’Eucaristia è farmaco di immortalità. Oggi il Signore ci si dà nel Sacramento,
domani ci si darà nella visione della gloria e questa gloria è la gioia della
nostra vita. Camminiamo così, sereni e contenti, c’è il travaglio della storia
ma c’è il grande orizzonte dell'eternità beata nella quale ognuno di noi è
chiamato a entrare. Viviamo così questa Eucaristia, che quando riceveremo il Corpo
sacramentale del Signore, gustiamo l’ineffabilità della gioia del Paradiso
nella certezza che in quel banchetto sacramentale che diventerà domani
banchetto di visione per una eternità che non avrà mai nessun limite perché Dio
sarà tutto in ciascuno di noi.
Nessun commento:
Posta un commento