DOMENICA 19 NOVEMBRE 2023
Pr
31,10-13.19-20.30-31 1Ts 5,1-6 Mt 25,14-30
OMELIA
La
Chiesa in questo tempo vuol orientare la nostra esistenza all’ incontro
glorioso con il Signore quando verrà alla fine della storia, della storia
universale e della storia personale e noi tutti ci poniamo la domanda come lo
possiamo veramente incontrare in modo da poter gustare quella gioia che tutti
desideriamo e che nell'eternità beata avrà la sua autenticità e pienezza.
Gesù
questa mattina attraverso la parola che abbiamo ascoltata ci aiuta a come poter
giungere a quella gioia del Signore che è il desiderio di ciascuno di noi e
questo possiamo coglierlo attraverso tre passaggi che la parola di Dio ci vuol
regalare.
Il
primo elemento che dobbiamo bene evidenziare è la coscienza della gratuità di
Dio nei nostri confronti. Siamo chiamati ad accedere al gusto della grandezza
divina che entra nella nostra storia e questo lo abbiamo colto nella bontà di
quel padrone che regala i talenti ai suoi servitori. Il problema dei numeri non
interessa a Gesù… è un genere letterario… ciò che occorre evidenziare è questo
atto della gratuità del padrone che condivide con i suoi servi gli averi.
Dall'altra parte si rivela stimolante la bella espressione dell'apostolo Paolo
che siamo figli della luce perché la luce vuol dire vita, vuol dire autonomia
nel costruire la propria storia, vuol dire calore, vuol dire capacità di
relazione.
Il
cristiano, quando è davanti alla sua storia, deve riuscire a cogliere la
grandezza della gratuità divina. L'uomo è chiamato a sentirsi luogo della
condiscendenza meravigliosa di Dio che ama in modo ineffabile la creatura
umana. Davanti a questo gesto di gratuità, ci poniamo la domanda cosa
significhi quel “trafficare i talenti”.
Potremmo avere qualche volta una mentalità operativa e utilitaristica. Gesù va
più a fondo: qual è l'atteggiamento dell'uomo quando è davanti a un atto di una
gratuità al di là delle proprie attese, se non l'atteggiamento della
riconoscenza? Scopriamo la grandezza della gratitudine. La gioia di dire al
Signore "grazie!" s'incarna nell'atteggiamento dell'uomo che
ringrazia il Signore restituendogli - con gratitudine - quello che all’uomo è
stato offerto. La bellezza della vita è coniugare continuamente gratuità e
gratitudine.
Qui
intuiamo la gioia di accogliere l'azione di Dio nei nostri confronti che va al
di là delle nostre attese e, dall'altra, riscopriamo il coraggio di restituire
a Dio quello che Dio stesso ci ha regalato. Cos'è l'impegno quotidiano, se non
il dilatare, attraverso il coinvolgimento di tutta la nostra persona, i doni
che Dio ci ha offerto?
Dio
è meraviglioso in ogni persona perché Dio è creativo in ogni persona.
Il
fatto stesso di esistere è un atto della pura gratuità di Dio. Il cristiano ha
questo meraviglioso gusto: fin dal mattino sentirsi grazia! È la verità di
questo atteggiamento iniziale che diventa la gratitudine.
L'uomo
della gratitudine ha l'equilibrio della vita. Chi non si sente grazia e non
vive di gratitudine è un uomo infecondo, come il servo che ha preso quel
talento e l'ha nascosto… ha avuto paura del dono e davanti al dono non ha
saputo restituirlo.
La
bellezza della vita è avere sempre la convinzione profonda e radicale di
percepire come la nostra esistenza sia un atto sommamente positivo. Non può
esistere un discepolo del Signore che non abbia il gusto della grandezza di Dio
nei confronti di ciascuno di noi e, quando l'uomo in purezza di cuore si sente
il capolavoro di Dio, dice al Signore: "grazie" restituendogli il
dono.
Chi
vive questi due aspetti gusta il terzo passaggio: la fecondità che, nella
parabola del Vangelo, si ritraduce nell'andare nella gioia del Signore, ma se
entriamo in profondità la fecondità è il gusto della vita e la speranza nella
vita.
La
fecondità - quella più vera - è la vita che fiorisce dando all'uomo il gusto di
vivere dove, il gusto di vivere in questo mondo, è solo la premessa di quella
gioia meravigliosa che sarà il paradiso.
Sarebbe
bello che al momento in cui noi incontreremo il Signore, nell'incontro finale,
gli potessimo dire come i servi della parabola:" mi hai dato la vita con
le caratteristiche della mia personalità, Signore, con gratitudine te la
restituisco". È la gioia di dare al Signore il gusto della vita che
abbiamo costruito giorno per giorno.
In
quel momento il Signore ci dirà: "Vieni nella gioia che non avrà mai fine."!
L'incontro
finale dipende da come sappiamo costruire il presente. La cultura di oggi è una
cultura stanca, è una cultura tesa, è una cultura che non sa gustare più niente
perché non riesce più a cogliere la bellezza di essere pura gratuità,
capolavoro di Dio. Quanto più entreremo in questa lettura della nostra vita nel
rendere grazie, il restituire con gratitudine è l'atteggiamento normale di ogni
autentico credente.
L'uomo
che non dice grazie è sempre infecondo. L'uomo dei diritti perderà il gusto
della vita e allora si genera quella cultura della tensione che non dà la
bellezza all'istante. Se siamo sempre tesi nella vita, saremo dei poveri uomini
che non sanno gustare la bellezza della gratuità di Dio.
Se
entreremo in questo atteggiamento, non solo gusteremo la meravigliosa visione
del libro dei Proverbi dove in quella donna è descritta la sapienza, quella
sapienza che penetra nell'uomo e che è feconda quando l'uomo con gioia sa
vivere il suo istante.
In
quest'eucaristia nella quale il Signore ci convoca noi dovremmo gustare la
gratitudine…
Se
guardiamo attentamente nella Celebrazione eucaristica noi stiamo vivendo tutti
questi tre passaggi.
Contenti
delle meraviglie di Dio nella nostra storia, gli rendiamo grazie quando tra
poco diremo: “Rendiamo grazie al Signore nostro Dio… è cosa buona e giusta” e
da quel rendimento di grazie nascerà la fecondità: il pane diventa corpo, il
vino diventa sangue e veniamo inebriarti di un'esistenza eterna che è
pregustazione del paradiso che attende ciascuno di noi.
Allora
impariamo a costruire così la nostra vita e potremo veramente crescere in quel
mistero di vita che è speranza e, se la storia ci regalerà tante tristezze o
tanti interrogativi, entriamo nel nostro cuore, scopriamo il Dio
meravigliosamente fedele che ci fa vivere e, allora, diremo grazie. In quel
momento riapparirà nel cuore quel sorriso che è speranza in ogni oscurità della
vita.
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