DOMENICA 7 APRILE 2024
At 4,32-35 1Gv 5,1-6 Gv 20,19-31
OMELIA
L’esperienza
della Pasqua di Risurrezione ci ha introdotto nella personalità di Gesù risorto
e la solennità di tutta questa settimana ha avuto questo scopo fondamentale:
prendere coscienza che Gesù è veramente risorto. Ecco perché Giovanni nel brano
che abbiamo ascoltato ci presenta una figura sulla quale vogliamo soffermarci,
Tommaso, per ritrovare in lui, nel suo stile di vita, l'esperienza vera della
fede.
Innanzitutto
perché Tommaso è un tipo problematico.
È
interessante come l'evangelista Giovanni, ogni volta che parla di Tommaso,
aggiunge quell'aggettivo “Didimo” che vuol dire “gemello” per indicare che
nella figura di Tommaso c'è la dialettica della fede: credere o non credere. In
questo l'evangelista dà tanta importanza alla sua figura per aiutarci a essere
credenti e il primo momento in cui appare la figura di Tommaso, è prima del miracolo
di Lazzaro quando Gesù, con i discepoli, deve decidere se andare o no da
Lazzaro e Tommaso ha un'espressione che potrebbe farci comprendere che era un
credente: andiamo anche noi a morire con
lui! Ma la fede non è entusiasmo… Noi tante volte confondiamo il cammino
della fede con stati d'animo psicologici e questi stati d'animo sono legati
allo spazio e al tempo e non possono diventare criteri attraverso i quali noi
possiamo fare delle scelte. Ecco perché quel Tommaso ci riappare citato
nell'apparizione del Risorto, ma cosa voleva dire Giovanni con quella
espressione “Tommaso non era con loro?”.
Teniamo
sempre presente che l'evangelista Giovanni usa linguaggi sempre simbolici per
farci intuire qualcosa di molto più profondo. Come si può passare da una fede
d'entusiasmo a una fede effettiva se non vivendo in stato di comunione
fraterna?
Ecco perché
Tommaso non pone l'atto di fede davanti all'affermazione dei suoi fratelli, non
era con loro, non era in
comunione con loro, non condivideva gli stessi ideali, sapeva ma non sceglieva.
E allora la
sua problematica: «Se non vedo nelle sue
mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non
metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
La bellezza
della fede passa attraverso il mistero della Pasqua, il mistero della croce del
Signore dove veramente lì si rivela la bellezza di Gesù e, questo, Giovanni ce
lo fa chiaramente intendere con un particolare che nella narrazione della
Passione in Giovanni è solo lui che lo presenta: Pilato fece un iscrizione in
ebraico, greco e latino. Solo
Giovanni ha l'espressione “ebraico” perché quella parola ebraica nella
traduzione letteraria del linguaggio dell'epoca corrispondeva esattamente con
l'espressione che Dio ha usato quando è apparso a Mosè: Io sono e quindi, entrare nell'esperienza di Gesù, vuol dire accogliere
che lui è il Signore del cosmo e della storia. E questo lo si vive attraverso
l'esperienza comunitaria. Tommaso non era in comunione con loro e non essendo
in comunione con loro non ha posto l'atto di fede. Non si crede da soli, si
crede insieme, si condivide insieme la bellezza di Gesù. Tutta la ricchezza del
suo mistero, la sua regalità - come dice l'evangelista Giovanni - e allora ecco
l'obiezione che Tommaso pone: se non metto la mano, se non vedo i segni della
passione, non credo!
E allora
come avviene la conversione?
Attraverso
la realizzazione del desiderio di Tommaso: «Metti
qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio
fianco… «Mio Signore e mio Dio!».
La bellezza
della fede parte dal superamento di un entusiasmo psicologico, presuppone la
comunione fraterna dove si condivide lo stesso mistero, attraverso la
gustazione di una Presenza. La fede è vivere di Gesù. Noi tante volte siamo un
po' illuministi, pensiamo che la fede sia una somma di verità a cui aderire; la
bellezza della fede è vivere di Gesù, vivere come Gesù, camminare
nell'esperienza di Gesù.
Ecco perché
l'evangelista Giovanni attraverso la figura di Tommaso ci vuol dire che credere
è abbracciare la storia di Gesù fino in fondo, viverne il mistero di amore,
usando l'espressione cara a Giovanni avendo
amato i suoi che erano del mondo li amò… fino all'infarto del cuore!
E allora la
bellezza della fede è un fatto di cuore. Ecco perché il cristiano quando si
pone davanti a Gesù deve porsi davanti a lui da credente, da persona che ha
cercato di condividere tutta la storia di Gesù soprattutto attraverso
l'esperienza della sua Pasqua di morte per gustarne la risurrezione.
Non ci
siamo mai chiesti perché nell'architettura antica le chiese erano costruite a
croce, a croce latina e a croce greca, perché la bellezza di conoscere il
Signore nel Mistero eucaristico presuppone di vivere il dramma dell'Orto degli
Ulivi e della Passione. L'Eucaristia è vivere la passione di Gesù,
l'architettura antica era pedagogia, ci si ritrovava su una croce per vivere
quella croce e, in quella croce, sperimentare la presenza del Risorto: mostrò le
mani e il costato, le stigmate della sua persona di amore. Ecco perché noi ci
ritroviamo nell'Eucarestia: questo è il corpo dato, questo è il sangue versato.
Quando noi
ci accostiamo all'Eucaristia ci accostiamo a questo grande mistero - il corpo
dato e il sangue versato - cioè vivere, morire, costruire la propria esistenza
nella passione gloriosa di Gesù.
Ecco perché
il cristiano va all'Eucaristia e tante volte è come Tommaso, un entusiasmo
fatto di riti e di canti, ma la carenza di una intimità con il Maestro
attraverso l'esperienza della comunione fraterna.
Ecco allora
che l'evangelista Giovanni concludendo la prima parte del suo Vangelo dice: crediate che Gesù è il Cristo, il
Risorto, il Figlio di Dio e perché credendo abbiate la vita nel suo
nome, diventare persone nella gioia, trasfigurate perché nel mistero di
Gesù c'è tutto il senso della nostra esistenza.
Viviamo
così questa Eucaristia entrando nel mistero di Gesù, i riti sono valori se
hanno questi contenuti.
Viviamo
questi contenuti nel rito e andremo a casa dicendo: Mio signore e mio Dio! L'aver contemplato in modo interiore ed
esistenziale la sua figura in attesa di quel momento glorioso quando non
vedremo più il Signore attraverso un sacramento, ma lo vedremo faccia a faccia
nella luce luminosa del paradiso.
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