18 maggio 2025

V DOMENICA DI PASQUA - ANNO C -

DOMENICA18 MAGGIO 2025

At 14,21-27      Ap 21,1-5      Gv 13,31-35

OMELIA

Il cristiano ama stare nelle mani del Padre e del Cristo per lasciarsi forgiare da quel disegno divino che è la vera realizzazione dell’uomo. La bellezza dell’esperienza della Pasqua è niente altro che il gusto di stare con il Risorto lasciandosi plasmare da Lui poiché dobbiamo lentamente assumerne la mentalità.

Il Vangelo di questa mattina diventa, per un certo verso, la verifica se veramente stiamo con il Maestro e se, dall’altra parte, sappiamo leggere la nostra esistenza come il Maestro la sa interpretare. Infatti il cristiano è l’espressione personale di come si legge la storia. Potremmo definire il brano di questa mattina: Gesù Maestro che ci educa a interpretare l’esistenza partendo dal suo cuore. Infatti lo stesso precetto della carità è niente altro che il modo dinamico di leggere la storia.

Diventiamo perciò questa mattina, in modo particolare alunni di Gesù, perché davanti agli interrogativi dell’esistenza sappiamo leggerli e rileggerli con il suo stesso occhio. Davanti all’episodio di Giuda che esce dal cenacolo per tradire Gesù, Gesù non pensa a Giuda; nel momento nel quale Giuda esce dal cenacolo Gesù pensa al Padre perché la sua esistenza non è legata al tradimento di Giuda, perché la sua esistenza non è condizionata dai fatti concreti che lo circondano, ma la sua esistenza è capire unicamente le opere del Padre. Poiché la sua vita si colloca in questo elemento interpretativo, Gesù davanti al tradimento di Giuda non ha nessuna reazione che abbia come oggetto una sua sensibilità psicologica: anche il tradimento di Giuda è luogo della gloria di Dio.

Chi, nella vita, quotidianamente legge la propria esistenza con l’occhio di Dio compiendone la volontà, anche gli elementi più drammatici dell’esistenza li interpreta con l’occhio di Dio, è quella esperienza di grande liberazione interiore a cui il Signore quotidianamente ci chiama. Spesso i fatti della vita li interpretiamo partendo dai nostri punti di vista, dalle nostre attese, dalle nostre illusioni perché fondamentalmente vogliamo essere protagonisti della nostra esistenza. Gesù ha una diuturna familiarità con il Padre per cui la chiave interpretativa della sua vita è questo rapporto immediato che Egli ha con il Padre: nel cuore Egli gode d’essere nella luce.

Allora intuiamo il modo di procedere da parte di Gesù: cinque verbi che hanno tutti la stessa parola: “glorificare”. È molto bello entrare in questa esperienza interiore di Gesù che dice: il Padre sta realizzando il suo progetto attraverso il tradimento di Giuda e questo progetto del Padre è il senso della vita, poiché Gesù è entrato nella storia non per risolvere i problemi degli uomini, ma è entrato nella storia per dare una mentalità agli uomini per cui, anche davanti alla croce, al tradimento, non esiste né la croce né il tradimento: c’è la gloria di Dio.

Nella successione dei tempi verbali ci sono tre verbi al passivo e due verbi all’attivo. Chi si lascia guidare da Dio canterà la gloria di Dio! In questo scopriamo la vera libertà del cuore umano! Il cuore umano può godere un’autentica e feconda libertà solo quando, nel cammino della sua vita, non si lascia dominare dagli avvenimenti o dalle proprie suggestioni psicologiche, tutte schiavitù che rendono la vita sempre più oscura! L’uomo che ha come criterio la mentalità umana entra sempre più nell’oscurità senza speranza. Chi riesce a entrare nell’esistenza leggendo tutto come il darsi misterioso di Dio, fa l’esperienza della risurrezione.

Ecco perché il cristiano non guarda alla croce come uomo che soffre, muore, risorge, ma con l’espressione di come leggere la storia: affidarsi a Dio, fidarsi di Dio, godendo la fedeltà di Dio. Allora intuiamo cosa sia questo comandamento nuovo che spesso leggiamo e interpretiamo come: “vogliamoci bene!”, che qualche volta è semplicemente un atto psicologico, se non addirittura psichedelico!

Il volerci bene è insieme avere l’unico criterio della vita e l’unico criterio della vita è la docilità dell’oggi di Dio, amando intensamente la propria esistenza anche se fallimentare, perché la storia letta con l’occhio di Cristo sa che anche il “massimo fallimento” – come è la croce, quando è vista nella fedeltà divina – diventa risurrezione. Il vero amarsi è leggere la vita secondo la Pasqua di Gesù e allora, la bellezza della nostra esistenza è aiutarci reciprocamente ad avere questa esperienza: leggiamo tutto nel cuore di Cristo che compie ogni cosa nella fedeltà del Padre. Ecco perché Gesù, nel bel testo dell’Apocalisse ascoltato, ha quella affermazione che esprime la dinamicità della sua persona: “Ecco, io faccio nuove tutte le cose”. La novità della vita è il senso dell’esistenza stessa per cui, il cristiano, attraverso la diuturna familiarità con il Maestro ne assume in modo così profondo la mentalità che non riesce più a pensare se non come la pensa Gesù!

La bellezza dello stare fraternamente con Lui è imparare a non poter più pensare o ragionare se non come pensa e ragiona Lui; stare con Gesù per vivere e interpretare la vita come Lui. Se non raggiungeremo tale meta saremo discepoli fallimentari (anche se faremo tante cose!). Il Vangelo non è correre di qui o di là, l’uomo “religioso” corre di qui e di là, ma il credente, no. Il credente ha la capacità di leggere la vita nella familiarità con Cristo che è tutto familiare con il Padre. Se l’uomo non ritrova questo criterio di fondo costruisce la sua infelicità.

Chi si lamenta sempre si autodistrugge. Ecco perché il cristiano attraverso questo continuo incontro con il Maestro si lascia così lievitare spiritualmente che legge tutto con lo sguardo amativo di Gesù, che è tutto nel Padre. L’uomo che riesce a penetrare tale affascinante esperienza dice sempre: “Tutto è gloria di Dio, anche il massimo annientamento è gloria di Dio!”, per cui anche dal buio della vita nasce sempre un’ineffabile luce. Allora, il progetto di Gesù è molto serio, ma molto liberante, perché ci dà la chiave con la quale costruire, oggi, la comunione diuturna con il Padre, come ha fatto Gesù. Ecco perché il cristiano quando è davanti alla vita, in tanta semplicità, ripete sempre il Padre nostro, perché il Padre nostro è lo specchio della vita di Gesù e la luce per illuminare la nostra storia. Ecco perché questa mattina siamo nel cenacolo con Gesù, per ritrovare il modo di leggere la vita. La bellezza di ritrovarci ogni domenica all’Eucaristia non è andare a Messa, ma andare a cercare quella comunione con il Maestro che illumina la nostra esistenza e davanti ai nostri interrogativi Gesù ci dice: “Ricerca la gloria di Dio!”.

Non è quel pane e quel vino che Gesù ci regala personalmente? Quel pane e quel vino sono Gesù che ci dice di leggere la vita come gloria di Dio: “Questo è il Corpo dato per voi, questo è il Sangue versato per voi”. È il modo di leggere la storia che diventa amore concreto.

Viviamo perciò in questa luce l’Eucaristia che stiamo celebrando in modo che la nostra mentalità non sia quella mass-mediatica, ma quella pasquale, la croce gloriosa. Allora è bello la sera dire: “Oggi la tua gloria, o Padre, è stata il senso della mia vita”. In quella gloria il buio della storia diventa luce di risurrezione.

 

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