OMELIA
La
Chiesa, dopo averci introdotti nella storia di Gesù, sottolinea oggi un aspetto
della nostra vita cristiana che, essendo frequente, può far correre il rischio
di farne perdere tutta la sua consistenza. È la riflessione che ci è offerta dal testo del Vangelo di Giovanni
che abbiamo pocanzi ascoltato che, attraverso le immagini “del mangiare e del
bere il corpo e il sangue del Signore”, ci orienta a una esatta comprensione
del mistero eucaristico che non è semplicemente “accostarci alla comunione”, ma
è il luogo per crescere nella nostra umanità in Cristo Gesù.
Cosa
vuol dire infatti la parola “mangiare e bere”?
Il
punto di partenza è che l'uomo non può vivere, anche dal punto di vista umano, se
non si accosta a un cibo solido e a una bevanda liquida. Il mangiare e il bere è la
condizione per costruire la nostra esistenza e, di riflesso, avere la capacità
di poter vivere. Ora Gesù, nel momento in cui ha detto che occorre mangiare e
bere, parte da questa lettura umana.
La
forza del mangiare e del bere è la gioia di maturare in tutte le nostre facoltà
nel mistero della nostra identità umana. Ora, chi è il cristiano?
Se
guardiamo attentamente il cristiano è colui che è il volto vivente di Cristo. La
bellezza di essere discepoli è di essere la vivente
personalità di Gesù. Nel momento in cui siamo rinati dall'acqua e dallo Spirito
Santo Cristo è diventato il Vivente e, questa presenza di Gesù, è una realtà
che deve continuamente crescere. Noi tante volte pensiamo che quando veniamo
battezzati, in quel momento, siamo figli di Dio, ma se guardiamo attentamente
la letteratura giovannea occorre operare una sfumatura: nel battesimo nasciamo
da Dio, ma dobbiamo progressivamente diventare figli di Dio.
Siamo
il volto di Gesù destinato a diventare la luminosità di Gesù: è la vocazione
all'interno della nostra esistenza. Quando Gesù ci ha detto che dobbiamo
mangiare e bere il suo corpo e il suo sangue, parte dalla convinzione che la
bellezza di appartenergli deve continuamente dilatarsi e svilupparsi attraverso
il contatto con la sua persona e, allora, poiché Gesù vuole che noi realizziamo
nella verità la nostra storia, egli ci ha detto che se vogliamo veramente
vivere, quindi gustare la bellezza dell'eternità, noi dobbiamo continuamente
mangiare e bere sacramentalmente il suo Corpo e il suo Sangue.
È
il grande mistero della nostra vita: nati da Dio per grazia, diventati il volto
vivente del Maestro, il Maestro vuole che cresciamo nella sua sensibilità,
nella sua libertà, che cresciamo nella nostra identità, che è lui, e come noi
possiamo diventare progressivamente il suo mistero se non mangiando e bevendo
sacramentalmente il suo mistero?
Egli
perciò diventa “pane” per entrare nella nostra vita, diventa “vino” per
inebriare la nostra vita.
Il
mistero eucaristico ha di mira la luminosità dell'uomo e che l'uomo possa
continuamente ricrearsi nella sua identità umana. Ecco perché sono partito da
cosa vuol dire mangiare e bere dal punto di vista umano… è nient'altro che
rifare continuamente quelle cellule che muoiono e devono essere continuamente
rigenerate, così le cellule di Cristo che sono in noi devono essere
continuamente rigenerate dalla totalità della persona di Gesù, ecco perché Gesù
ha detto “mangiare e bere”.
La
pienezza della nostra umanità passa attraverso il Cristo che, nella pienezza
del nutrimento, rifà la nostra esistenza. Quindi l’accostarci alla comunione
non è un fatto devozionale! O usando un linguaggio che noi abbiamo ereditato
dal passato: avere più grazia!
La
bellezza dell'eucaristia è la luminosità dinamica della nostra personalità
teologale per cui, in ultima analisi, il mistero eucaristico è il mistero
dell'amore di Dio che volendo fare di noi il suo luminoso capolavoro diventa
pane e vino per continuamente riedificare la nostra esistenza.
Noi
non andiamo a fare la comunione, ma il Cristo con le sue mani prende quel pane,
in quel pane fa passare il suo mistero come nel vino perché, portandolo davanti
a noi, porgendoci quel pane e quel vino Egli vuole entrare in noi per fare di
noi sempre più la luminosità del suo volto.
E
allora la bellezza dell'eucaristia è una bellissima professione di fede. Paolo
lo ha detto molto bene nel brano che abbiamo ascoltato quando ci ha detto: “il
calice della benedizione che noi benediciamo non è forse comunione con il
sangue di Cristo? Il pane che noi spezziamo non è forse comunione con il corpo
di Cristo”? Calice della benedizione, pane spezzato, Sangue e Corpo e quindi la
bellezza dell'eucaristia è il rifacimento, il rinnovamento inesauribile della
nostra esistenza perché le potenze del Signore divengano l'anima del cuore,
della mente, della nostra sensibilità in una luminosità spirituale che ci
qualifica in modo profondo. Ecco la bellezza dell'eucaristia!
E
allora, se vogliamo veramente cogliere tutto il mistero, scopriamo a livello
interiore un dinamismo molto bello: il Signore che è in noi, in forza del
battesimo, si fa desiderare da noi. Il Cristo ci porta qui in chiesa perché
vuole che noi desideriamo arricchirci nella sua presenza. Il Signore si rende
presente, diventa pane e vino, e risponde al desiderio che lui ha messo in noi
e, allora, la bellezza dell'eucaristia, del Cristo luminoso, che ci ha resi
tali nel battesimo ci rigenera in questa novità di vita nell'eucaristia per
poter accedere alla vita eterna quando, nella realtà del paradiso, con gli
occhi innamorati noi mangeremo e berremo eternamente il volto del Signore Gesù
in un canto di lode al Padre veramente inesauribile!
Ecco
perché Gesù ha detto che occorre mangiare bere per pregustare questa sua
signoria nella nostra vita fino alla grande visione di gloria e, allora, noi
siamo in Cristo, il Cristo alimenta la nostra vita, diventiamo sempre più
Cristo e già da ora gustiamo l'eternità beata.
Se
noi riuscissimo ad entrare in questa meravigliosa esperienza ci accorgeremmo
che la bellezza dell'eucaristia è crescere nel gusto della nostra umanità.
Cristo è il vero uomo, nell'eucaristia ci ha regalato la bellezza della sua
umanità gloriosa perché cresciamo in questo ineffabile mistero.
Viviamo
così questa celebrazione in modo che l'eucaristia non divenga il rito della
tradizione, ma la gioia contemplativa: diventare quel Cristo che dimora in noi
e allora, quanto più noi entreremo in questo mistero, entreremo nella bellezza
della vita. Non per niente l'ultimo sacramento al quale il Signore ci chiama è
il viatico dove noi raggiungiamo la massima trasfigurazione sacramentale in
vista della trasfigurazione gloriosa del paradiso.
Questo
è mangiare e bere, crescere nella sete e nella fame di quel Signore glorioso
che, entrando in noi, trasfigura la nostra vita e ci orienta verso l'incontro
glorioso del paradiso che sarà un mangiare e bere eternamente la gloria di Dio.
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