13 agosto 2017

XIX DOMENICA T.O. – (ANNO A)

1 Re 19,9. 11-13                Rm 9,1-5      Mt 14,22-33
OMELIA
L'evento misterioso della trasfigurazione ci ha orientati verso quel mistero di luminosità e di gloria che è la meta della nostra esistenza e nello stesso tempo ci ha offerto il coraggio per camminare in vista di questa meravigliosa esperienza.

Questo cammino presuppone la quotidiana scelta radicale di Gesù.

Gesù è la luce che guida e illumina i nostri passi, ma nello stesso tempo l'uomo, nel profondo della sua storia, lentamente deve orientare a Gesù la propria esistenza. Questo è un valore fondamentale da cui non dobbiamo mai recedere perché il volto di Gesù è il senso della vita e la potenza della nostra tensione verso la pienezza della gloria.  Di questo evento ci  parla molto bene l'evangelista Matteo in quel particolare, tutto suo: Gesù cammina sulle acque. Qual è stato il motivo per cui l'evangelista Matteo ha inserito questo episodio di Gesù che cammina sulle acque e della difficoltà di Pietro che dopo aver anch’egli camminato sulle acque comincia ad affondare?

La motivazione è il clima della Chiesa antica che lentamente si allontanava dal fascino di Gesù. Se guardiamo attentamente l'episodio, e, attraverso il linguaggio che usa l'evangelista, ci accorgiamo che lo stesso evento della risurrezione risultava molto problematico.

Davanti alle difficoltà in cui essa si trovava nelle dispute con il mondo giudaico, nella ricerca di un dialogo con la cultura di allora, la comunità cristiana lentamente dimenticava il volto di Gesù e l'evento centrale della sua morte-risurrezione. Allora intuiamo come l'evangelista Matteo voglia condurci a riscoprire la bellezza della conoscenza di Gesù come unico criterio di vita, facendo nostro il suo mistero di amore. La storia in tutta la sua complessità può essere autenticamente vissuta quanto più lo sguardo è rivolto a lui. Amare Gesù, entrare nel suo mistero, vuol dire crescere in una relazione, desiderare  una relazione che costruisce, che edifica, che esalta, che dà il coraggio dell'impossibile, è lo sguardo del cuore tutto rivolto a Gesù. Il dramma della Chiesa e di ognuno di noi è di lasciarsi prendere dal vento che soffia forte: essere drammaticamente determinati dai contesti storici nei quali, in un modo o in un altro, possiamo cadere.

Se vogliamo veramente giungere al grande evento della trasfigurazione dobbiamo continuamente avere lo sguardo trasfigurato in Gesù.

Davanti a questo grande orizzonte nasce in noi la domanda: come noi possiamo, veramente, entrare in questa intimità trasfigurante di Gesù vivendo una relazione che rafforzi il coraggio della vita e ci permetta di leggere anche le povertà, le assenze, il non sentire niente per camminare direttamente verso Gesù?

C'è una parola che dovremmo riscoprire e che è l'anima di questo quotidiano esercizio di relazione con Gesù ed è un desiderio ricco di silenzio. Due parole che l'uomo contemporaneo lentamente sta dimenticando nel trambusto del quotidiano e che solo recuperandole l'uomo ritrova se stesso.

Innanzitutto il desiderio.

È molto bello rileggere il brano della storia di Elia e chiederci come abbia fatto Elia a giungere sul monte dell’Oreb e a percepire Dio nell'alito della persona amata. Seguendone la storia intuiamo che Elia è riuscito in questo suo grande intendimento dilatando il desiderio del volto di Dio: l'uomo è il suo desiderare!

E il desiderio ha un orizzonte infinito.

Il desiderio non è mai appagato perché se il desiderio fosse appagato ci fermeremmo; il desiderio è la capacità di andare al di là di tutto, è tendere verso qualcosa che ci affascina sempre di più: è aprirci su un Infinito che ci attira all'infinito.

Le povertà della storia, le eredità della vita, il non senso tante volte del concreto riescono ad essere risolti, come problemi, attraverso il desiderio.

Il secondo aspetto è il valore purificante del silenzio interiore.

Un desiderio che diventa silenzio rappresenta una meravigliosa apertura sull'assoluto. Il silenzio è il luogo nel quale Dio, lentamente, ci conquista, ci affascina e ci proietta continuamente in avanti. E allora gustiamo una presenza, una presenza che entrando in noi determina il nostro modo di vivere, il nostro modo di amare, di pensare, ci introduce in quella sapienza che è il desiderio del volto di Dio. È una verità, questa, che dovremmo lentamente acquisire nella nostra esistenza perché l'affanno della vita rovina il desiderio, per cui, come Pietro lentamente andiamo a fondo.

Il desiderio di Gesù, in una attenzione carica di accoglienza in un silenzio del cuore innamorato, ci fa camminare sulle acque e non ci fa mai affondare. L'esempio di Elia è significativo. Elia, in quei 40 giorni e 40 notti nei quali ha camminato per giungere al Monte dell’Oreb è nient'altro che la sua storia che lentamente lo purifica da quelle scorie concrete per dilatare la purezza del desiderio che è giungere a vedere il Signore nell'alito del respiro trasfigurante di Dio che lo ha ricaricato nella speranza apostolica. Se noi riuscissimo veramente a intuire questa verità, la nostra vita sarebbe regalare solo Gesù perché quando noi veniamo affascinati da qualcosa che determina la nostra vita non possiamo non condividerla. Ecco perché Paolo ci ha detto che vorrebbe anche essere scomunicato pur di regalare ai suoi corregionali la pienezza di quei doni di cui Dio li aveva arricchiti. Il volto del Signore è condividere un desiderio proiettato in avanti. Allora intuiamo come il cammino della vita sia un fascino continuo.

In questo cammino non dobbiamo lasciarci bloccare dai nostri stati d'animo, lasciarci bloccare da quello, diciamo, che è qualcosa che ci fa soffrire. Andare in profondità è un essere purificati per un desiderio più grande: il volto di Gesù.

Allora penso che al mattino quando ci svegliamo dovremmo orientare la nostra esistenza. Ben sappiamo che lungo il cammino della giornata anche noi come Pietro andremo un po' fondo qualche volta, ma non dobbiamo temere, abbiamo la mano di Gesù che ci sorregge, ci rimprovera, ma ci stimola anche e ci riporta sulla barca e riportandoci sulla barca il vento cessa; dovremmo riuscire a ritrovare questo gusto di lasciarci prendere la mano da Gesù che ci rende partecipi della sua risurrezione in modo da camminare nella serenità dello spirito. Quando amiamo veramente una persona, questa persona è l'oggetto del cuore, della mente e di tutta la sensibilità così anche con Gesù, possiamo giungere come Elia a gustare il respiro di Dio in un'intensa intimità trasfigurante.

È' il mistero eucaristico che stiamo celebrando. Se guardiamo attentamente il nostro accostarsi all'eucaristia, ci accorgiamo come esso sia l'espressione del nostro camminare sulle acque. In certo qual modo il cammino che noi faremo tra poco per giungere all'altare non è altro che Pietro che cammina sulle acque. Allora, come Pietro che cammina sulle acque, il nostro camminare è determinato dallo sguardo di Gesù. Non guardiamo i nostri fallimenti, non guardiamo le nostre povertà, non guardiamo alle nostre paure, lì c’è  il Signore che anche a noi dice: vieni! E allora lui ci darà il suo corpo, il suo sangue, ci ricollocherà nella barca facendoci gustare la novità della sua risurrezione, e ci darà la speranza per camminare nella vita nonostante tutte le nostre povertà. Lasciamoci affascinare da Gesù, camminiamo in una novità di vita autentica e saremo veramente contenti, nonostante le aridità, le croci e le povertà del quotidiano. Questo desiderio del volto di Gesù non  ci venga mai meno, mentre siamo in cammino verso la gloria.
 
 
 
 
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