OMELIA
Il
discepolo è chiamato a vivere continuamente in relazione con il Maestro e
questa intensa relazionalità si ritraduce nel condividere giorno per giorno il
suo mistero che è un mistero di esaltazione gloriosa come l'apostolo Paolo ci
ha detto nella seconda lettura. Il Cristo, dimorando in noi, ci trasfigura
progressivamente perché possiamo giungere alla immedesimazione del mistero
della luce eterna. Questa intensa e viva contemplazione del mistero del Risorto
costituisce il fondamento reale del mistero odierno. E' molto bello come la liturgia
bizantina chiami questa solennità come Pasqua di Maria Santissima. Essa
rappresenta la conclusione dell'anno liturgico, poiché rappresenta il
compimento della divinizzazione della creatura umana: è la grande finalità
della storia della salvezza.
La
festa odierna della assunzione di Maria Santissima in corpo e anima risolve un
interrogativo che tante volte emerge nello spirito dell'uomo contemporaneo: che
sarà la nostra vita domani?
Nella
fede sappiamo che il Cristo è glorioso, e che è stato assunto alla gloria, ma
noi ci poniamo l'interrogativo: quale sarà la meta della nostra esistenza
storica ?
La
glorificazione di Maria è il segno e la pregustazione della nostra
glorificazione. Come Gesù è stato assunto in pienezza nella gloria del Padre,
così anche noi, ad imitazione e analogia di Maria, saremo luminosi nella realtà
del paradiso.
Una
simile verità che ci illumina diventa uno stimolo a ritrovare quello che è il
cammino che noi dobbiamo percorrere per raggiungere tale luminosità ed è il
cammino il credere. È la beatitudine che Elisabetta ha formulato nel brano evangelico
che abbiamo ascoltato: “e beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò
che il Signore le ha detto”.
La
bellezza dell'esperienza della gloria è legata al credere.
Quando
entriamo nell'esperienza della fede, dobbiamo fare una distinzione che
l'evangelista Luca molto bene mette in luce nel mistero dell'annunciazione: una
cosa è la fede, una cosa è il credere. La beatitudine di Maria è legata al
credere.
Se
guardiamo attentamente, il mistero di Maria si colloca su due piani l'uno
legato all'altro.
Innanzitutto
la fede, che è nient'altro che spalancare la propria esistenza ad una presenza,
è la gratuità di Dio che si comunica all'uomo che è una persona totalmente
aperta a Dio. E' l'immagine molto bella di Luca quando afferma nel racconto
dell'annunciazione: l'angelo “entrò da lei”. È la purezza di cuore che spalanca
tutta la propria personalità all'invadenza di Dio. Noi qualche volta
dimentichiamo la corporeità di Maria che in quel spalancare la sua personalità
all'evento si lascia penetrare dalla creatività divina. Infatti dobbiamo
intendere quello spalancare se stessa a Dio come un permettere a Dio di agire
liberamente e questo atteggiamento di apertura determina tutta la ricchezza
della sua persona: intelligenza, volontà, cuore, sensibilità, è tutta la
personalità che viene invasa da una luce incomparabile. La bellezza della fede
è questa esperienza gratuita dell'agire creativo di Dio che invade la persona
di Maria tutta attenta al mistero. La fede è nient'altro che questo
atteggiamento interiore di apertura dell'uomo davanti al darsi di Dio, un'apertura
di tutto l'uomo.
Questo
atto della gratuità di Dio che ci fa sperimentare la fede deve diventare il
credere. Il testo evangelico che abbiamo ascoltato è sostanzialmente lo stesso
che l'evangelista Luca pone sulle labbra di Maria al termine del Vangelo
dell'annunciazione: “ecco sono la serva del Signore avvenga di me quello che tu
hai detto." che appunto è simile a " e beata colei che ha creduto
nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto”. Il credere si incarna
nella consegna di tutte le proprie facoltà al mistero di Dio, alla sua libertà
creatrice e trasfigurante. Se la fede è il cuore che si apre, il credere è
collocare noi stessi con tutta la nostra identità nel mistero di Dio. Quando l'uomo colloca tutto se stesso nel
mistero di Dio e nel suo disegno di salvezza, l'uomo, nella sua personalità
viene pienamente trasfigurato.
La
bellezza della assunzione di Maria in tutta la sua personalità umana ci dice
che la bellezza del credere è concretamente collocare la nostra esistenza nella
potenza creatrice di Dio. Nel momento in cui collochiamo la nostra esistenza in
questa potenza creatrice, ci accorgiamo che la gloria di Gesù, lentamente, si
sviluppa in noi e ci rende partecipi della gloria futura. Infatti, quando moriremo,
in quel momento si svilupperanno tutte quelle caratteristiche che abbiamo
percepito nella figura di Maria: davanti al venire di Dio noi ci apriremo
pienamente e definitivamente alla sua
chiamata gloriosa, come pure sarà stata tutta la nostra esistenza. La
fecondità della nostra storia dovrebbe essere tutta costruita nella fede. Ci
accorgeremmo allora che la volontà attiva di aprirci a Dio non sarà altro che spalancare
la nostra identità a questa luminosità di Dio che invade la nostra esistenza.
Nell'atto in cui moriremo diremo “eccomi sono eternamente nelle tue mani” e in
questo avremo il compimento del cammino proprio del credere!
Se
noi riuscissimo a intuire questo dinamismo all'interno della nostra esistenza, ci
accorgeremmo come la nostra persona verrà progressivamente trasfigurata. Nel
momento in cui moriremo lasceremo qui i segni della nostra corporeità, che è la
nostra fisicità storica, e la nostra corporeità sarà tutta immersa in una
luminosità eterna dove, come Maria, canteremo eternamente la bellezza della
luce. Qui scopriamo la convinzione teologale che il cristiano continuamente
coniuga nella sua vita l'apertura del cuore e l'atteggiamento obbedienziale al
mistero di Dio e in questo atteggiamento obbedienziale avviene alla nostra
trasfigurazione. Potremmo addirittura affermare che più viviamo, più cresce noi
questa trasfigurazione in Gesù; più viviamo più pregustiamo questo incontro
glorioso che rappresenta il desiderio dei nostri desideri. In quel momento il
desiderio sarà appagato! E quando il desiderio sarà appagato, nella gloria del
paradiso, come la Madonna, canteremo eternamente in una danza inesauribile che
sarà l'eternità beata.
La
festa di oggi è una festa che ci rincuora nella speranza; davanti al dramma
dell'uomo contemporaneo che ha paura di guardare in alto. Nella fede sappiamo
che il Signore ci invade in ogni frammento di vita e, nel credere, ci
consegniamo a lui. La bellezza dell'oggi non è altro che respirare l'eterno
anche nello smog del mondo contemporaneo. La bellezza del credere è la bellezza
di respirare, è la bellezza di non essere schiacciati dai contesti culturali
odierni per poterci collocare in un disegno di eternità beata. Usando la bella espressione
di Paolo: “passare di luce in luce, di gloria in gloria” fin quando giungerà il
momento del morire e allora si spalancheranno gli orizzonti della eternità
beata e questa sarà la pienezza della nostra vita. Non è quello che stiamo
celebrando?
Cos'è
l'eucaristia?
Potremmo
definire l'eucaristia con una immagine cara ai padri siriaci i quali dicevano:
quando "tu vai all'eucaristia il Risorto ti prende per mano, ti introduce
nel giardino del paradiso terrestre e ti fa accostare al frutto dell'albero
della vita e ti farà godere la comunione eterna con Dio!". La grandezza
del celebrare l'eucarestia, specie nel momento in cui ci accostiamo
sacramentalmente e nella fede al corpo e al sangue del Signore, con il Signore potremo
per grazia gustare questo frutto di gloria eterna. E' il Signore stesso che fa
della nostra vita un mistero di gloria infinita. Questa sia la speranza che
vogliamo portare a casa in modo che quanto più ci accostiamo a Gesù, tanto più
questi orizzonti infiniti si dilateranno; quanto più ci accosteremo all'eucaristia,
più la bellezza del Cristo opererà in noi in modo che potremo accedere in quel
si finale nelle mani del Padre a quella visione gloriosa che sarà l'eternità
beata e che ci avvolgerà per sempre.
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