OMELIA
La grandezza della gloria di Dio ricolma di storia
autentica ogni uomo perché ogni uomo è chiamato a entrare nella gloria di Dio,
pregustandone la luminosità.
E’ quello che Gesù questa mattina ci vuol regalare perché
egli vuole che noi apriamo i nostri orizzonti a quella eternità beata nella
quale ogni uomo di qualunque provenienza sia, qualunque sia la sua storicità, è
chiamato ad entrare.
In questo grande e universale orizzonte che sia il profeta
Isaia, che Paolo, ci offrono, si inserisce l'episodio di questa donna straniera
che ci insegna il metodo attraverso il quale accedere a questa esperienza di
gloria per essere veramente trasfigurati.
In questa donna emergono due caratteristiche che ci
illuminano e ci guidano in questo cammino verso il mistero della gloria: una
intensità di fede che diventa una supplica inesauribile, due atteggiamenti
fondamentali che si richiamano reciprocamente e che ci fanno intuire che
l'accesso all'evento della nostra trasfigurazione gloriosa passa anche attraverso
questi due sentimenti.
Innanzitutto quella donna si pone davanti a Gesù,
evidenziando la pregnanza della sua fede: “Signore, figlio di Davide!” dove
questa esperienza di fede nasce dal fatto che Gesù l'ha conquistata. Non è
l'uomo che pone l'atto di fede, ma è il fascino di Gesù che entra nella persona
e la determina nei suoi effettivi comportamenti. Se la fede, che diventa
credere, è l'essere conquistati da Dio, è chiaro che questa fede è nient'altro
che un itinerario di restituzione a Dio delle meraviglie che Dio opera nel
cuore dell'uomo. Quella donna s'è lasciata conquistare! Se non si fosse lasciata
conquistare non comprenderemmo l'insistenza della sua supplica perché la fede è
la forza dello spirito nelle complessità dell'esistenza quotidiana. Se è vero
che ogni uomo nelle drammaticità dell'esistenza è una semplice ed effettiva
supplica al divino, nell'ambito del cammino cristiano è il Cristo che conquista
talmente l'uomo, da renderlo capace di gridare questa dinamica credente. La
fede è la potenza creatrice di Dio che genera in noi un intenso dialogo con il
mistero. E' la verità che soggiace alla dinamica della fede che si trasforma in
supplica.
In certo qual modo è la potenza di Dio che entra nell'uomo,
che si riconosce drammaticamente povero, e gli dà la capacità e l'intensità del
gridare. Qui intravediamo un “gridare” che va al di là delle situazioni
storiche, poiché è una supplica che si richiama alla fedeltà di Dio espressa
nella formula "Figlio di Davide". Infatti, se guardiamo attentamente
il racconto dell'evangelista, egli ci pone dinanzi tre motivi di sordità
nonostante i quali la donna nella potenza della fede non smette di supplicare.
Davanti alla sua supplica
·
Gesù non le dà retta.
·
I discepoli sono nell'atteggiamento di accontentare la
donna per essere tranquilli, quindi sostanzialmente c'è la sordità
all'accoglienza vera da parte dei discepoli.
·
Gesù si rifiuta di fare il miracolo perché è stato mandato
alle pecore perdute d'Israele.
In certo qual modo sono tre atteggiamenti che potrebbero
indurre la donna a rinunciare alla supplica, ma la fede è anche ostinazione: è
il cuore di una mamma che per amore alla figlia tenta tutto nella potenza del
suo affidamento a Gesù.
Abbiamo notato la bellezza del dialogo tra Gesù e la
donna. Non è bene prendere il pane dei
figli e gettarlo ai cagnolini. E' vero Signore, disse la donna, eppure i
cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni. Quella
donna davanti a Gesù che le si mostra assente davanti alla sua richiesta, trova
la bellezza dell'immagine del cagnolino che mangia le briciole. La bellezza
della fede è creatività immaginativa e allora la supplica è nient'altro che il
coraggio dell'uomo di non lasciarsi mai bloccare dalle situazioni storiche. Il
fatto che ci siano tre momenti negativi è perché la supplica deve essere
infinita. L'uomo non deve mai cessare di gridare perché la fede porta
l'unificazione, la fede porta alla esperienza della presenza dell'altro, la
fede dice sicurezza di esaudimento. In questo noi riscopriamo come
l'universalità della salvezza nasca da portare l'uomo a porre questo atto di
fede attraverso il gridare la propria povertà e, quando l'uomo grida la sua
povertà davanti alla fedeltà messianica di Gesù, ha la certezza che sarà
veramente esaudito. Ecco allora che il testo evangelico ci pone dinanzi ad una
beatitudine che dovrebbe aiutarci nel cammino della vita, nonostante le nostre
povertà e deficienze: “Donna, grande è la tua fede, avvenga per te come
desideri!”
Quella donna si è lasciata talmente conquistare da Gesù,
ha vissuto il suo dramma in Gesù e con Gesù, e Gesù la esaudisce.
La grandezza dell'uomo è quella di lasciarsi conquistare
da Gesù e quando l'uomo si lascia conquistare da Gesù pone in modo immediato e coraggioso
la propria fede, che s'incarna nella supplica.
In questo noi abbiamo la certezza che saremo sempre
accolti. Il Signore non vuole da noi tanti atteggiamenti eroici, vuole
semplicemente che ci lasciamo vibrare interiormente dalla sua presenza gridando
con coraggio tutta la nostra fede, e il Signore, che è il Signore del cuore, e che
è operante nel cuore dell'uomo, a modo suo, compie le sue meraviglie. Ogni
desiderio presente in noi nasce da Gesù creativo in noi, dalla sua bontà e benevolenza.
E’ quello che in modo meraviglioso ha detto Paolo: “Dio infatti ha rinchiuso
tutti nella disobbedienza per essere misericordioso verso tutti”. La fede ricca
di supplica è vivere la creatività di Dio. L'importante è non chiedere mai al Signore:
come, quando, perché, perché allora non è più la fede libera e liberante, ma è
una fede contrattuale. Dobbiamo entrare in questa semplicità: il Signore è
sempre in noi.
La bellezza della fede è maturare giorno per giorno in
questa certezza che lui non delude, e poi dire come Gesù stesso “nelle tue mani
consegno il mio spirito”. Quando la nostra esistenza è consegnata nelle sue
mani noi possiamo camminare in novità di vita.
E’ l'eucaristia che stiamo celebrando. Cos'è l'eucaristia
se non un gridare la fede nella supplica?
Noi spesse volte quando andiamo all'eucarestia corriamo il
grosso rischio di vedere tutto come un fatto ovvio e meccanico. La bellezza
dell'eucaristia è gridare la fede, è regalare la nostra quotidiana povertà al
Dio delle provvidenza, è contemplare un mistero che ci ha profondamente avvolti,
interiormente conquistati, gridando a Dio la nostra povertà. Non diciamo mai che
non ne siamo degni perché correremmo il rischio di rinchiuderci in noi stessi.
Siamo poveri nella gratuità dell'amore trinitario.
Gridiamo la nostra fede e allora quando la nostra
esperienza di fede diventerà un gridare Gesù ci dirà “la tua fede ti ha salvato”.
E' il mistero che accogliamo nel “corpo e sangue del Signore”!
Chiediamo al Signore di entrare in questa vita interiore
così come l'ha vissuta questa donna cananea e allora al nostro sguardo si
aprirà quell'eternità beata, meta della nostra esistenza quotidiana. Ogni uomo
che vive tali sentimenti entra giorno per giorno in quella luminosità divina in
cui la Madonna è stata assunta. Camminiamo così, con tanta fiducia, e lo Spirito
Santo, nonostante noi, farà meraviglie perché accostandoci a lui con il
coraggio del cuore la nostra vita sarà radicalmente rinnovata nella speranza.
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