OMELIA
Il cammino del
discepolo nel cammino della storia ha come esperienza continua l’assumere la
sapienza di Gesù. E’ quello che il Maestro ci sta regalando in queste
domeniche.
La bellezza di essere
discepoli è progressivamente diventare la mentalità di Gesù. E davanti
all’interrogativo che può nascere in noi circa il senso di questa mentalità del
Maestro, l’evento misterioso della Trasfigurazione ci dice la grande meta alla
quale noi siamo chiamati.
Vivere la mentalità
di Gesù vuol dire entrare nel mistero della sua glorificazione, in quel mistero
di risurrezione che è la luminosità della stessa corporeità. Infatti,
l’assumere la mentalità di Gesù non è un fatto di tipo cerebrale, assumere la
mentalità di Gesù è un fatto che riguarda tutta la persona, che trasforma tutta
la persona e quindi la bellezza luminosa della esperienza della trasfigurazione
ci aiuta a comprendere la grande meta alla quale noi siamo chiamati.
E qual è questa
grande meta?
E’ molto bello come
l’evangelista nel descrivere questa apparizione misteriosa del Risorto utilizzi
l’immagine: vesti candide. Non dice semplicemente vesti bianche, ma vesti candide, cioè vesti che hanno la
luminosità dell’eterno. In certo qual modo Gesù dice ai discepoli in questa
meravigliosa manifestazione che la loro esistenza deve diventare luminosa della
luminosità dell’eternità beata.
Infatti perché vesti
candide? E’ interessante coniugare le due parole: vesti – candide.
Ora se andiamo alla
visione cara all’antico testamento, noi ci accorgiamo che la veste delinea
l’esperienza personale di una persona. E’ molto bello come nella descrizione
della creazione dell’uomo, l’autore sacro dica che i progenitori erano nudi e
non se ne accorgevano, perché non erano nudi, erano rivestiti dell’abito
glorioso di Dio, perché l’abito determina fondamentalmente la persona ed esprime
l’interiorità di una persona.
Gesù nell’apparire
con queste vesti candide ci dice la luminosità dell’eternità beata nella quale
egli vive. Infatti se entriamo nella bellezza del mistero di Gesù, ci accorgiamo
che la sua esistenza sia stata un continuo rapporto con il Padre e con lo
Spirito Santo e quindi la sua esistenza manifestava necessariamente una meravigliosa
luminosità nella quale Egli gode il rapporto intratrinitario e lo manifesta.
I discepoli,
guardando il Maestro, intuiscono, soprattutto quando apparirà loro come
Risorto, che la bellezza dell’assumere la sapienza di Gesù è entrare in una
luminosità eterna.
Questa meta deve
diventare l’anima della storia del discepolo e questa meta si costruisce
lentamente, camminando.
E’ molto bello vedere
come in questo misterioso episodio della Trasfigurazione appaiano Elia e Mosè,
i profeti e la legge, ma è importante entrare nella storia di tutt’e due, i
quali sono giunti sul monte, all’Oreb, attraverso un cammino, un cammino di 40
giorni e di 40 notti. E qui hanno avuto una intensa esperienza della relazione
con Dio che ha impresso nel loro spirito un dinamico entusiasmo apostolico. Vedendo
Mosè ed Elia gli apostoli avvertivano come il cammino esistenziale che
apparteneva a Elia e a Mosè dovesse
diventare il loro cammino per poter annunciare l'oggi del regno dei cieli.
Intuiamo in questa
lettura che essi dovessero proiettarsi in avanti per lasciarsi concretamente
trasfigurare in questa luminosa manifestazione di eternità beata. Questa
proiezione in avanti che è il senso stesso della vita, doveva ritradurre il
dinamismo presente nel cuore di ogni discepolo.
Il cristiano è una
persona che nel cammino della storia vive e gusta la luminosità di Dio. Qualche
volta noi abbiamo una visione molto limitata della nostra esistenza, pensiamo
c’è una vita, una morte e poi il Paradiso. Una simile lettura è estremamente
limitante il percorso esistenziale di ogni battezzato. Dobbiamo riscoprire che
la bellezza finale della vita è ciò che deve animarci in questo momento presente;
è in questo momento presente che noi siamo nella luminosità divina. Il
cristiano è troppo distratto dalle problematiche del correre non riesce a
respirare la grandiosità spirituale del suo presente e non azzarda di dilatare
il senso della vita verso il gusto dell'eternità beata.
Ora Gesù dice ai
discepoli che devono entrare nella sua esperienza, in una nube di gloria. Non
per niente la nube è il linguaggio biblico del popolo ebraico nell’esodo che va
verso la terra promessa. Quindi noi siamo nella nube della Gloria di Dio
attraverso un Cristo che dimora in noi, perché giorno per giorno lo ascoltiamo
in un cammino che progressivamente illumina la nostra esistenza.
Il discepolo,
camminando nel tempo e nello spazio, non fa nient’altro che respirare la nube
dello Spirito, ascoltare le parole di Gesù e di conseguenza può avere parte alla
Gloria luminosa e candida della Risurrezione che Dio regala a Gesù.
La festa di oggi è
una festa che dà luminosità alla nostra esistenza; davanti alle tristezze della
cultura di oggi, davanti ai soggettivismi psicologici che qualche volta ci
allontanano dalla bellezza, davanti alla paura dell’uomo di guardare verso
l’alto, Gesù oggi ci dice: “Lasciati
prendere dalla mia persona, mettiti in cammino avendo il cuore profondamente
immerso nella luminosità della mia bellezza trasfigurante e ti accorgerai che
la vita è diversa”.
La bellezza della
fede non è la pratica religiosa, la bellezza della fede è entrare in questa
circolarità divina che ci rende giorno per giorno persone dalle vesti candide.
E’ la meravigliosa
visione che l’Apocalisse ci offre dei Santi del Cielo che sono rivestiti di
vesti candide, lavate nel sangue dell’Agnello.
L’Eucaristia, che
stiamo celebrando, ci porta in questa meravigliosa esperienza. E’ molto bello come
nella teologia bizantina la celebrazione eucaristica è paragonata alla Trasfigurazione,
poiché l’andare all’Eucaristia è vivere in una realtà trasfigurante.
Noi tante volte siamo
un po’ minimalisti, e diciamo: andiamo a
fare la Comunione. Noi non veniamo a fare la Comunione, ma veniamo inseriti nella luminosità pasquale del Risorto per lasciarci
trasfigurare dal mistero trinitario espresso dal dono che il Padre ci fa del
suo Figlio attraverso i fiumi dello Spirito Santo. Riscopriamo allora che
la bellezza dell’Eucaristia consiste nell' entrare in questa trasfigurazione
che è l’anima del cammino storico mentre siamo n attesa della glorificazione
finale.
La celebrazione
eucaristica ci immerge in modo luminoso nella Trasfigurazione del Risorto, e
uscendo di Chiesa, abbiamo la meravigliosa certezza che, dopo la nube
"spirituale" della celebrazione, incontriamo Gesù solo, perché con
Lui, in Lui e come Lui vogliamo camminare nella storia, in attesa di quella
risurrezione finale in cui noi potremo godere eternamente del volto del Padre,
del Figlio e dello Spirito Santo, rivestiti delle stesse vesti candide che
hanno caratterizzato Gesù nel misterioso episodio di oggi.
Anche noi, come
l’autore della seconda lettura di stamattina, dovremo dire ai fratelli che sul santo
monte che è l’assemblea eucaristica, abbiamo visto la Gloria di Gesù e abbiamo
udito la voce del Padre per poter nel cammino della vita nella potenza
creatrice dello Spirito, entrare in questa visione meravigliosa.
Camminiamo così e
allora la serenità creatrice dello Spirito che è in noi, lentamente, ci
trasfigurerà e ogni istante della vita sarà un desiderio, un desiderio che non
sarà mai appagato perché è un desiderio di eternità beata che lentamente ci
appassiona e ci conduce a quella visione eterna che è la vera speranza nella
nostra storia.
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