OMELIA
Il
cammino che nello Spirito Santo percorriamo ogni giorno ci attira continuamente
nel mistero di Gesù e oggi l’apostolo Paolo ci aiuta a comprendere una parola
che spesse volte noi non approfondiamo nel cammino della vita ma è fondamentale
per la nostra esistenza.
Il
cristiano, contemplando il Cristo, è obbedienza nelle mani del Padre. Il
cristiano è il Sì di Gesù nelle mani del Padre.
E’ quell’Inno
che abbiamo ascoltato nella Lettera ai Filippesi dove la comunità contempla il
Padre gustando il mistero di Gesù.
Infatti
il testo evangelico è un po’ un riflesso di questa visione dove il cristiano,
anche se tante è volte è tentato dal No, deve ritrovare la bellezza e la gioia
del Sì. E questo l’apostolo Paolo l’ha ritradotto in quella frase
essenzialmente interiore dove ha detto Abbiate
in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù.
Entrare
nel Sì di Gesù al Padre è avere gli stessi sentimenti.
Ma
cosa intendeva l’apostolo Paolo con avere
gli stessi sentimenti?
Quando
noi ci accostiamo all’apostolo Paolo, nella sua esperienza di prigionia a
Filippi, ci accorgiamo che Paolo ha un profondo senso di solitudine psicologica
davanti alla esperienza che sta vivendo, si sente solo, per cui nella
esortazione che abbiamo ascoltata egli cerca di stimolare i discepoli a entrare
in quella fraternità, in quella comunione che diventa per lui un motivo di
fiducia, di speranza e di coraggio nella solitudine in cui si trovava.
Avere
gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù vuol dire avere la stessa
sensibilità, la stessa affettività, la stessa docilità di Gesù nelle mani del
Padre.
Noi
qualche volta, quando siamo chiamati a diventare Gesù, facilmente utilizziamo
l’intelligenza, sviluppiamo la volontà. Ma Paolo ci dice che la bellezza
dell’imitare Gesù è il cuore. L’imitazione di Gesù che prende tutta la persona
in tutta la sua dinamica esistenziale.
Guardando
Gesù, entrando nel suo mistero, cercando di coglierne la vitalità, ci
accorgiamo che Gesù era tutto e pienamente nelle mani del Padre. C’era quell’unità
esistenziale che faceva di Lui l’uomo vero, l’uomo perfetto, l’uomo a cui
ognuno di noi deve continuamente richiamarsi.
Il
Sì di Gesù è l’esperienza della sua persona che è in perfetta sintonia con
tutta l’identità del Padre. Ecco perché il cristiano si deve ogni giorno
lasciar affascinare dal sensitivo di Gesù, perché la bellezza della vita non è
l’intelligenza, non è neanche la volontà che può diventare quasi una forma
radicale qualche volta, ma quell’entrare nel sensitivo di Gesù per cui tutta la
sua esistenza vibra all’unisono con la sua personalità della sua corporeità.
E
questo Paolo lo dice perché noi diventiamo Gesù.
Qualche
volta non riusciamo a far penetrare nella nostra persona tutto il suo mistero e
allora intuiamo perché l’Apostolo abbia evidenziato questo mistero di Gesù nella
sua pienezza di personalità, per potere generare un’autentica vita di
fraternità che non è fatta di parole, è fatta di una comune sensibilità
affettiva dove ognuno ha la sua originalità ma insieme abbiamo un’unica
sensibilità.
E’ quello
che dicevano gli antichi greci che l’evangelista Luca ha accolto negli Atti
degli Apostoli, essere un’anima sola in due corpi.
Ma perché
l’uomo ha difficoltà a dire questo Sì? Magari, usando il linguaggio del
Maestro, in modo immediato diciamo Sì, ma esistenzialmente gli rendiamo No.
Allora
è bene cercare di cogliere il perché. Chiamati a essere questo sensitivo di
Gesù nel diventare comunione abbiamo l’entusiasmo ma non l’incarnazione di
questa comunione.
Alcuni
passaggi ci possono aiutare. Innanzitutto la paura di fronte alla vita che ci
rende dei ricci esistenziali. L’uomo che ha paura di diventare noi, l’uomo che ha paura di essere una
comunione dove si condivide la stessa sensibilità; la paura di vivere e la
paura del noi è l’uomo che si chiude. Mentre l’uomo è chiamato con i fratelli a
essere il Sì di Gesù.
Oppure,
la seconda difficoltà, le rigidità nella relazioni fraterne. Qualche volta i
principi diventano talmente assoluti che viene meno la bellezza di comprensione
della dinamica dell’altro. La bellezza della fraternità è adorare il mistero
che è l’altro. Le rigidità sono forme di paure esistenziali, di un cuore non
perfettamente libero.
Ecco
perché dobbiamo addentrare in questo Sì affettivo di Gesù.
A
volte, quando pensiamo a Paolo, pensiamo al Paolo della Lettera ai Romani,
della Lettera ai Galati, un uomo combattivo, un fariseo doc, ma nella
prigionia, nella solitudine, troviamo un Paolo che ha colto il senso della
fraternità.
L’uomo
che ha paura del suo cuore diventa povero, l’uomo che ha paura davanti alla
vita diventa inevitabilmente un riccio, per cui le chiusure non danno lo
slancio del Sì, non danno il coraggio dell’affrontare l’esistenza per diventare
comunione.
E’
vero, l’uomo parte sempre con l’entusiasmo e davanti alla storia si frena ma la
bellezza della vita è non dimenticare mai il punto di partenza.
Questa
meravigliosa visione è contemplazione del mistero di Gesù: Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù.
Ecco
perché Gesù ha detto che le prostitute e i peccatori ci precedono, perché non
vivono di rendita come tanti cristiani, ma sono persone che vivono il momento
presente.
La
bellezza della vita è il momento presente, nella fede non si vive di rendita,
con il cuore non si vive di rendita, perché la bellezza della vita è essere, in
questo istante, il Sì di Gesù al Padre vivendone tutta l’interiorità.
E
quando l’uomo entra in questa dinamica esistenziale la vita diventa diversa.
Chi ha la gioia dell’oggi, regala oggi se stesso all’altro, oggi siamo chiamati
ad avere la sensibilità fraterna, oggi siamo chiamati a convertirci a questa
sensibilità fraterna perché veramente insieme si conosce Gesù Cristo.
Ecco
allora che la bellezza della fraternità non è tante statue di marmo l’una
accanto all’altra, ma è un cuore unico che batte in modi diversi ma con un’unica
anima: il Sì di Gesù nelle mani del Padre.
Quando
noi facciamo questo salto, questo passaggio, allora la nostra esistenza assume
una dinamica totalmente diversa. La bellezza di ritrovarci nell’Eucaristia non
è di tante isole che si incontrano perché nessun uomo è un’isola, la bellezza
della vita è ritrovarci insieme qui, in un unico fascino: Gesù. E questo
fascino di Gesù che è qui in mezzo a noi ci dà tutta la sua personalità,
intelligenza, cuore, volontà, sensibilità, perché insieme possiamo gustare la
sua presenza, una presenza che diventa amore alla Parola.
Quando
l’uomo ha veramente sensibilità, quella del Maestro, ne ascolta la Parola -perché
la Parola non è altro che l’espressione di una relazione affettiva, il resto
son tutte chiacchiere-, per poter poi con Lui condividere quel pane e quel vino
di trasfigurazione, mangiare insieme a Gesù, mangiare insieme Gesù è diventare
quella comunione che ha gli stessi sentimenti che furono di Cristo Gesù.
Accogliamo
quello che Gesù potrebbe averci detto questa mattina, in modo che l’Eucaristia
non sia andare a Messa, ma celebrare nel coraggio della fede il vivere gli
stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, diventando in ogni istante quel Sì
di Gesù nel quale giorno per giorno ravviviamo e rinnoviamo la nostra vita per
poter camminare in quella novità che è pregustazione di quel Sì finale quando
eternamente canteremo la Gloria di Dio.
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