OMELIA
La bellezza dell'essere
discepoli del Signore è condividere la sua sensibilità, trovandovi il gusto del
nostro quotidiano e la sua fecondità. Così ci diceva Gesù domenica scorsa
perché la bellezza che unisce i discepoli del Maestro è avere il Maestro come
il cuore della propria esistenza.
La festa della dedicazione
di una chiesa attraverso la parola che abbiamo ascoltato ci aiuta ulteriormente
a comprendere cosa significhi che una comunità condivida la stessa sensibilità
di Gesù e ci stimola sicuramente a ritrovare cosa significhi essere comunità in
cui si condivide la stessa sensibilità di Gesù. Il dialogo tra Gesù e la
samaritana è estremamente illuminante: Gesù non abita nessun luogo, il luogo in
cui Egli abita è la fraternità nella fede.
Davanti all'interrogativo
che la donna pone, Gesù è molto chiaro: né su questo monte, né in Gerusalemme,
né sul Garizim -luogo di culto dei samaritani-, né nel tempio di Gerusalemme
dove, come abbiamo ascoltato dal testo di Ezechiele, abita la gloria di Dio. È
una verità questa che dobbiamo profondamente comprendere: Dio non abita in
nessun luogo perché la bellezza del cristiano è non abitare in un luogo, ma
essere abitati da una persona, questo è il grande salto di qualità. È molto
bello come in un testo messianico il profeta Isaia affermi che Dio abita in chi,
vivendo della Parola, in un cuore contrito gusta la presenza divina attraverso
l'umiltà. Chi ha il cuore umile, contrito e teme la Parola è abitato da Dio! È
il grande salto che qualifica l'esperienza cristiana, ecco perché è importante
evitare l'idolatria dei luoghi per ritrovare il luogo della presenza divina come
comunione di persone dove ogni battezzato è il luogo della vitalità del Cristo
in persona. Questo lo ha detto molto bene Gesù quando ci ha comunicato in modo
chiaro la grande affermazione “Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori
adoreranno il Padre in spirito e verità” e qui emergono tre
grosse verità sulle quali il cristiano dovrebbe continuamente soffermarsi per
riscoprire la bellezza del luogo di culto come “comunione di persone”.
Innanzitutto l'affermazione
“è
giunto il momento, ed è questo”.
La vera anima di ogni
forma esistenziale e cultuale è Gesù stesso, il suo mistero di incarnazione, la
sua persona dedita all'ora del Padre, il suo mistero nel quale ogni uomo
ritrova se stesso.
La bellezza dell'essere
cristiani è abitare in Cristo Gesù perché Cristo Gesù abita in noi. Senza
questa dimensione fondamentale noi cadiamo nell'idolatria e idolatra è colui
che vede il volto senza volto. La bellezza della vita è vedere il Signore
perché abitiamo nel Signore, e il Signore abita in noi. La non percezione
relazionale della presenza del Signore rende la nostra vita cristiana senza
senso.
Perché noi ci siamo
radunati questa mattina? Questa mattina ci siamo ritrovati in questo luogo per
crescere nella coscienza che la nostra vita di comunione è radicata in Gesù.
Senza il fascino di Gesù non ha senso l'essere qui insieme. La Chiesa è la
comunità degli assetati del volto di Dio e chi per eccellenza é assetato del
volto del Padre se non Gesù?
La bellezza della vita di
Gesù è compiere in intima comunione con il Padre tutto quello che il Padre
vuole. La bellezza di ritrovarci in chiesa è vivere la bella espressione che
troviamo sulle labbra di Samuele: “Parla o Signore che il tuo servo ti ascolta!”
Se comprendiamo questo
primo valore, ci appare con lucidità il secondo elemento con cui cogliere la
presenza del Maestro tra noi: “adorare il Padre in spirito” che si ritraduce con
"entrare in comunione con il Padre nella docilità allo Spirito Santo".
È necessario ricorrere a
questo criterio: il primato dell'invisibile, che appare come il principio
fondamentale della nostra relazione con il Cristo. La bellezza di stare insieme
non è data dal fatto che ci conosciamo in termini psicofisici, ma perché siamo
uniti da questo criterio invisibile che si chiama Spirito Santo! La bellezza di
essere Chiesa è respirare questa creatività dello Spirito Santo che ci rende
comunione. Gesù ci regala lo Spirito Santo perché diventiamo lui respirando la
sua presenza. Il Signore è qui presente perché come battezzati siamo il suo
volto e perché il clima che stiamo respirando è denso della creatività dello Spirito
Santo.
Come l'uomo non può
vivere se non in un contesto in cui ci sia una atmosfera, l'aria, così noi non
possiamo percepire questa presenza del Signore se non immersi nel soffio dello
Spirito Santo. Il culto è vivere dello Spirito Santo che ci regala Gesù.
La presenza creatrice dello
Spirito Santo dà il senso alla terza parola “adorare in spirito e verità”. Qui
entriamo ancora nella stimolante affermazione di Gesù “è bene che io me ne vada
perché se non me ne andrò non verrà a voi lo Spirito, Egli vi introdurrà nella
verità tutta intera”. La verità è nient'altro che il condividere la comunione
meravigliosa fra il Padre e il Figlio. Possiamo essere Chiesa perché in Cristo e
nel soffio dello Spirito entriamo nella comunione con il Padre e il Figlio nello
Spirito Santo. La conoscenza di Gesù è un evento di comunione. Il vero culto
non è il rito, ma la comunione perché il rito è la capacità della trascendenza
e in questa trascendenza noi veniamo avvolti dalle tre Persone divine e in esse
abitiamo. La Chiesa edificio è solo un segno che diventa sacramento quando
insieme viviamo in Cristo nel soffio dello Spirito, gustando la comunione Padre
Figlio. Dove non c'è comunione non c'è la reale e feconda presenza di Cristo.
È una verità sulla quale
noi poche volte ci soffermiamo.
Quando vediamo una chiesa,
essa è segno di questa intrinseca vocazione alla comunione. Noi tante volte
pensiamo che andiamo in chiesa per pregare, per fare, per fare… Dovremmo
entrare in chiesa per ritrovare la nostra identità secondo la frase di Gesù “è giunto il
momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e
verità”. Con una simile consapevolezza ci accorgiamo che questa
chiesa sacramentale è un segno di una Chiesa molto più grande che ci avvolge e
ci fa respirare la Chiesa della Gerusalemme celeste. Qui siamo nel provvisorio,
come sono le mura di un edificio… la bellezza di essere qui chiesa è essere
talmente immersi nella vita della Trinità che ci fa desiderare, pregustare, la
comunione gloriosa del paradiso. E questo sicuramente è un passo interessante.
Spesse volte noi, a livello relazionale, siamo molto zoppicanti nelle relazioni
fraterne, ma dovremmo pensare per un momento che le persone con le quali in
questa vita siamo in grosse difficoltà, domani saranno con noi a cantare la
grandezza delle tre Persone divine. Quando la nostra esistenza si lascia
illuminare da questo grande orizzonte la carità fraterna è il coraggio di
pregustare la comunione del paradiso. Se intuissimo queste verità, metteremo da
parte tutte le idolatria storiche, quali i quadri, le statue, i santi.....
perché tutto sommato noi stiamo gustando l'eternità beata perché il nostro
culto è Gesù nel soffio dello Spirito, immersi nella comunione Padre Figlio.
Prendiamo sul serio le
parole di Gesù in modo da entrare in quel filone di vita che è la grande
speranza della nostra esistenza. Ogni realtà della Chiesa è vera perché è segno
diventando sacramento di una vita divina che Gesù ci regala ogni giorno. Ecco
perché noi non andiamo all'Eucaristia per fare la comunione, perché in questo
caso si realizzerebbe il principio che “ti do il rito perché tu mi dia la
comunione”, il che non è evangelico, ma veniamo qui per respirare la bellezza
della vita comunionale e chi è comunione attorno al Signore nello Spirito ne
respira la parola e nel pane e nel vino scopre la gioia di essere sfamato e dissetato
dalla vita trinitaria. Questo sia il mistero che vogliamo in semplicità
condividere in modo da rendere sempre la nostra vita semplice, essenziale e gusteremo
veramente una vita unificata dove noi “oggi” viviamo in chiesa ciò che vivremo
andando a casa in attesa di quella Chiesa dove non ci sarà più nessuna casa, ma
seguiremo l'Agnello cantando il canto nuovo che i beati cantano mentre stanno
eternamente godendo la vita divina. Questo il grande respiro che dobbiamo
portare a casa da questa celebrazione.
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