OMELIA
Gesù
questa mattina attraverso la parabola che abbiamo ascoltato ci ha descritto il
mistero del Padre nei confronti dell'intera umanità. Il Padre invia il Figlio
perché tutti gli uomini possano godere della sua intimità.
Infatti,
quando noi entriamo nel progetto di Dio, ci accorgiamo che esso si realizza
attraverso il convocare tutti gli uomini poiché la bellezza della conoscenza di
Gesù è che tutti gli uomini siano in Lui.
E
noi nella parabola cogliamo questo grande mistero: Gesù, per la fedeltà al Padre
diventa giudeo, i Giudei lo rifiutano e da quel rifiuto si apre l'orizzonte a
tutta l'umanità.
Tutta
l'umanità è chiamata a entrare in questo mistero di comunione. Tutta l'umanità,
indipendentemente dalla propria realtà storica, perché ogni uomo, sia buono sia
cattivo, come ha detto il Vangelo, è chiamato a questa comunione universale.
Il
Padre vuole che Gesù sia da tutti conosciuto e nel gusto di Gesù tutti
ritrovino veramente se stessi.
Ora
questa divisione ci è regalata attraverso l'immagine dell'invito al banchetto,
dell'invito al banchetto nuziale.
Due
realtà che nella loro immagine ci definiscono il cammino interiore perché
ognuno di noi possa entrare in questa misteriosa e meravigliosa comunione.
Ma
cos'è il banchetto?
Se
guardiamo attentamente, il banchetto è nient'altro che la condivisione
dell'unico vero senso della vita: mangiare insieme è condividere il gusto di
approfondire questa vocazione a essere uomini in Gesù Cristo.
E
questa vocazione è più importante delle nostre povertà storiche.
L'uomo
spesse volte non accoglie questa vocazione alla comunione perché guarda troppo ai
suoi limiti.
Gesù
chiama tutti gli uomini perché è il signore del cuore di ogni fratello quindi,
la bellezza delle nozze, è nient'altro che la bellezza di condividere in
profondità la presenza del Maestro.
E
tutto questo con l'altra immagine del banchetto nuziale dove la nuzialità è una
comunione di intimità di cuori. E’ la bellezza dell'essere Cristo tutto in tutti.
L’uomo
quando è veramente se stesso? Quando fa comunione condividendo la mentalità di
Gesù!
Ecco
perché il cristiano quando si pone l'interrogativo: qual è il senso della vita
cristiana? Il senso è la fraternità, dove si condivide l'unico senso della vita
nell'intimità di Cristo, lo sposo.
Allora
la domanda che nasce ulteriormente in noi per evitare di cadere nel rischio di
essere a un banchetto senza l'abito nuziale è: come possiamo entrare in questa
esperienza che ci permette di entrare nel progetto del Padre, di convocare l’intera
umanità attorno al figlio suo Gesù Cristo?
Allora,
partendo dalla parabola stessa, potremmo sottolineare tre elementi:
-
lo sposo
- la
voce dello sposo
- la
condivisione del banchetto dello sposo.
Innanzitutto
lo sposo: la persona di Gesù. Una cosa questa su cui poche volte riflettiamo. La
nostra comunione universale prima di essere orizzontale è una attrazione
verticale: il fascino di Gesù.
Si
va alle nozze perché lo sposo è importante per la vita e allora dovremmo
ritrovare nel cammino della nostra esistenza questa signoria di Cristo che
vuole introdurci nella sua intimità: il Padre fa le nozze del Figlio e il Padre
che vuole che noi entriamo nell'intimità del Figlio.
La
comunione è un fatto di intimità.
La
storia è fatta di tante povertà, da tutti i punti di vista, ma l'intimità con
la persona amata fa perdonare tutte le povertà anzi, le povertà ci permettono
di gustare ancora di più l'intimità gratuita di Dio. Il dramma dell'uomo di
oggi è che non ama più la sua povertà amata da Dio.
Ecco
allora il primo elemento fondamentale perché possiamo entrare in modo fecondo
in questa comunione nuziale che il Padre ci regala.
Il
secondo aspetto, la voce dello sposo, la parola di Dio, essere persone
innamorate della parola.
Lo
sposo ci parla attraverso la comunicazione della sua presenza. Le nozze sono
essenzialmente relazione tra le parole che si dicono nell'intimità; parola che è
silenzio, parola che è linguaggio, parola che è gesto, una convivialità nella
quale noi viviamo della parola del Maestro.
Dovremmo
sempre nella nostra vita fare nostre le espressioni di Samuele nel tempio “Parla
o Signore che il tuo servo ti ascolta!” E’ quando noi intuiamo in questo
secondo passaggio la convivialità del mangiare che è l'essere trasfigurati, una
presenza che ci attira trasfigurandoci.
E
allora si superano le povertà relazionali, si superano le povertà personali, si
superano le povertà comunitarie, perché c'è questo fascino di una presenza che
ci parla trasfigurandoci.
Se
noi entrassimo in questo tipo di esperienza ci accorgeremmo che partecipare
alle nozze messianiche, entrare in questo mistero di Gesù, ci porterebbe a
vivere la bella descrizione che Paolo ci ha regalato nella seconda lettura,
essere uomini liberi davanti all’avere e al non avere, perché quando l'uomo
entra in questa ricchezza che è il mistero di Cristo, la sua vita è realizzata.
Ecco perché Paolo ci ha fornito quell'espressione che dovremmo sempre approfondire,
perché dà speranza alla nostra vita “Tutto posso in colui che mi dà la forza”.
L'essere
attratti dal Cristo vivendone l'intimità trasfigurante ci dà la libertà perché noi,
nel suo fascino, ritroviamo il coraggio di vincere ogni tribolazione non lasciandoci
mai schiacciare da essa.
La
bellezza di ritrovarci questa mattina è di essere una comunità che accoglie il
dono del Padre, il Cristo, per vivere le nozze del Figlio attraverso la sua
presenza, la sua parola, i doni eucaristici.
E se
noi riusciremo a entrare in questa vitalità interiore, ci accorgeremo che la
vita è completamente diversa: la bellezza del dono della comunione vive in una
comunità che costruisce la propria storia in questi tre parametri, una presenza
che ci parla trasfigurandoci.
Allora
le problematiche relazionali che tante volte ci mettono in crisi perché le cose
non vanno come vorremo noi, andranno in secondo piano perché il fascino di Gesù
è più grande delle spine che possiamo avere nella nostra carne.
Viviamo
l’Eucaristia con questi sentimenti; anche se siamo dei poveri, da qualunque
punto di vista, il banchetto è aperto a tutti, non ci vuole una tessera di
riconoscimento o di idoneità, c’è la presenza di una gratuità che chiama tutti
al di là di ogni nostro merito o demerito.
Viviamo
l’Eucaristia con questa libertà del cuore, siamo fraternità in Gesù e allora la
vita diventa una conversione nella gioia perché lentamente il Risorto qualifica
il nostro cuore, ce lo apre e ci permette di camminare in novità di vita non
per i nostri meriti, ma per la sua grazia che non conosce limiti.
-
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