Is 55,1-11 1Gv 5,1-9 Mc 1,7-11
OMELIA
Il cammino che il cristiano compie
nella sua storia è un cammino di desiderio dove, attraverso l'intensità del
silenzio interiore, si pone alla ricerca del vero volto che salva l'uomo: il
volto di Gesù.
Tutta l'esistenza è questo
desiderio di incontrare quella luce e di intuire il senso di essa per ritrovare
e gustare la bellezza dell'esistenza umana. È l'itinerario che ci offre questa
mattina la parola di Dio, dal sogno messianico di Isaia, alla testimonianza
pasquale della prima lettera di Giovanni, fino al momento della grande
rivelazione quando il Padre ci dice veramente chi sia il Figlio. Non è l'uomo
che scopre chi sia Gesù, ma è Dio che ci dice chi sia Gesù.
La storia ci fa desiderare, il
silenzio apre lo sguardo del cuore, la ricerca è un cammino, ma la meta è illuminata
solo dalla voce del Padre. E allora ognuno di noi deve entrare in questa voce
del Padre “Tu sei il figlio mio, l'amato,
in te ho posto il mio compiacimento”.
È bello constatare come tutti gli
evangelisti pongano all'inizio della vita di Gesù questo misterioso episodio
del battesimo al Giordano perché ogni discepolo, nel cammino della sua vita,
risenta sempre la chiave interpretativa della vita di Gesù: “Tu sei il figlio
mio, l'amato, in te ho posto il mio compiacimento”.
Nel cammino della nostra
imitazione vivente della vita del Maestro queste espressioni del Padre ci
devono sempre accompagnare e illuminare. Nel momento in cui noi le
dimenticassimo verremmo travolti dai marosi della storia e non riusciremmo a
dare significato evangelico alla nostra storia. Con i tre passaggi che
l'evangelista ci offre in quelle parole messe sulle labbra del Padre “Tu sei il
mio figlio, l’amato, in te ho posto la mia compiacenza” veniamo introdotti
nella vera identità di Gesù. Viviamo in un profondo clima teologale, in una
grande professione di fede.
Innanzitutto quel “tu sei”: è il Padre
che si rivolge al Figlio davanti alla comunità riunita. È molto bello avvertire
questa intensa reciprocità che esiste tra il Padre e il Figlio: La conoscenza
di Gesù scaturisce da un'intensa relazione che unisce il Padre al Figlio perché
l'identità di Gesù è il rapporto con il Padre. Noi qualche volta quando
conosciamo Gesù dimentichiamo l'anima di Gesù e, l'anima di Gesù, è di essere
il Figlio del Padre, di essere una vivente relazione con il Padre per cui il Figlio
dice solo quello che vive con il Padre. È questo respiro di eternità che il
Vangelo ci offre. Esistenzialmente guardiamo il Figlio, ascoltiamo il Padre e ci
lasciamo attirare in questa ammirabile relazionalità.
Ecco perché il primo passaggio è
fondamentale nel momento in cui vogliamo conoscere Gesù, essere immersi in
questa meravigliosa relazione.
E in questa misteriosa relazione accogliamo
la seconda parola “l'amato”.
Qui ritroviamo quella frase
fondamentale del Vangelo di Giovanni, l'evangelista innamorato del rapporto Padre-Figlio.
Dice l'evangelista: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo figlio
unigenito perché chiunque creda in lui non muoia ma abbia la vita eterna”.
Questa dimensione amorosa del Padre verso il Figlio si ritraduce nella
coscienza di Gesù così come l'evangelista ce la offre all'inizio dell'ultima
cena, allorché inquadra l'anima filiale di Gesù: “Poiché erano vicini i giorni
della Pasqua Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo
al Padre, avendo amato i suoi che erano del mondo li amò sino alla fine”. È
quel mistero amativo Padre-Figlio nel quale ognuno di noi vive la propria
coscienza.
Chi è Gesù se non colui che ci
coinvolge in questo rapporto d'amore Padre-Figlio che è respirare l'eternità
nel tempo?
È il ritrovare che la bellezza del
lasciarci amare da Dio in una donazione Padre - Figlio: questo è il respiro
della vita! Noi tante volte siamo carenti di respiri interiori perché non
abbiamo il coraggio di andare all'origine della nostra esistenza. Se noi, in
alcuni frammenti della nostra storia, ci fermassimo e ci ponessimo seriamente
la domanda: chi sono? e sentissimo la voce del Padre, ci inebrieremmo di grande
speranza. I nostri occhi sarebbero luminosi della luminosità di Dio.
Noi tante volte ci affanniamo
troppo, dovremmo avere la bellezza di godere questi momenti in cui noi risentiamo
questo dialogo Padre-Figlio nel quale la nostra esistenza ritrova il suo
significato.
Quando noi percepiamo questo
secondo passaggio, il terzo ce ne offrirebbe la grandiosa e meravigliosa luminosità
dell'amore indicibile del Padre: “in te ho posto il mio compiacimento”. In Gesù
c'è tutta la verità dell'amore del Padre, di questa esperienza il cristiano è
affascinato perché lì c'è la pienezza della vita!
L'apostolo Paolo nella sua mistica
lettera ai cristiani di Colossi dice: “in lui abita corporalmente la pienezza
della divinità e noi tutti partecipiamo a questa pienezza”. Se noi ci allenassimo
a questo tipo di esperienza, noi respireremmo continuamente la vita. Qualche
volta non vi è capitato davanti alla pletora di tanti messaggi che vengono dal
cielo di collocare la vita solo in Gesù?
L'uomo è curioso delle cose di Dio
perché ha paura della vita, mentre dovremmo semplicemente avere il desiderio di
abitare in Gesù, rivelatore del cuore del Padre.
Nella profondità di una simile
vitalità spirituale, noi siamo ancorati a questo grande mistero e in Gesù il Padre
ci ha detto tutto. E non abbiamo bisogno di nessuna rivelazione privata, poiché
il Padre ha affermato: “in lui ho posto il mio compiacimento” e “dalla sua
pienezza noi tutti abbiamo ricevuto grazia su grazia” … è quello che in modo
meraviglioso ci ha regalato la seconda lettura: tre danno testimonianza: lo
spirito, l'acqua e il sangue.
Mentre contempliamo la narrazione
giovannea della morte di Gesù ascoltiamo queste parole “restituì lo spirito e
dal suo fianco uscì sangue e acqua”.
È l'essere assunti in questa
pienezza di Gesù e allora credo che tutto il nostro desiderio di volontà e
autenticità deve concentrarsi in quel dialogo Padre - Figlio, in un fascino che
è Gesù.
In certo qual modo in qualche
angolino della nostra giornata dovremmo qualche volta dire: ma Gesù chi sei?
Padre dimmi chi è Gesù!
E nel momento in cui diremo "Padre
nostro che sei nei cieli", avvertiremmo una attrazione in quella
reciprocità Padre-Figlio che è il senso della nostra vita.
Non abbiamo paura di cercare
continuamente, attraverso la continua ricerca e la sete di verità… prima o poi il
Padre ci apparirà e ci regalerà la bellezza del suo Figlio. Non importa il
quando, non importa il come, abbiamo una certezza: non saremo delusi perché
amandolo lo desidereremo sempre di più, e trovandolo lo ricercheremo con
maggiore ansia per essere illuminati da questa luce senza tramonto.
È l'Eucaristia che stiamo celebrando.
La bellezza dell'Eucaristia è il Padre
che ci regala al Figlio e nel momento in cui faremo la comunione noi sentiremo
l'espressione “tu sei il mio figlio, l'amato, nel quale ho posto la mia
compiacenza” e noi dicendo “amen!” gusteremo la pienezza del darsi di Dio che
inebria la nostra vita e ci dà la capacità di dire: se sono nel Tutto di che
cosa ho bisogno?
Viviamo questo mistero nella
semplicità del cuore; tante cose mettiamole da parte, sono più di disturbo di
fronte alla bellezza della vita in Gesù. Allora la nostra storia, nel mistero
del Padre, nel fascino di Gesù e nel calore dello Spirito Santo sarà un cammino
di eternità già aperto in questa giornata.
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