Is 53,2.3.10-11 Eb 4, 14-16 Mc 10, 35-45
OMELIA
Il discepolo è chiamato a vivere della sapienza divina per
incarnare nella storia quotidiana la convinzione che nel Signore tutto è
possibile. La sapienza che viene dall'alto è la luce che guida i nostri passi.
Scopriamo allora che il gusto della mentalità di Cristo rappresenta la nostra
speranza nel cammino del tempo perché ci offre la capacità di avere la potenza
e la sapienza dello Spirito nel vivere le realtà contingenti di tutti i giorni.
Noi tutti, come suoi discepoli, gli apparteniamo per vivere con l'entusiasmo
della fede le molteplici situazioni contingenti della vita. Tale meta affascina
ogni creatura che si sente appesantita dalle oscurità dell’esistenza.
Cresce allora l’interrogativo sul percorso da seguire perché la
sapienza di Gesù possa diventare lo stile feriale e ordinario del nostro cuore e
del nostro sentire: è la luce che il Maestro ci regala oggi, nel dialogo con i
figli di Zebedeo. Tale è il percorso per crescere sempre più nella sapienza che
viene dall’alto.
Innanzitutto Gesù pone loro la necessità di bere al calice al
quale egli stesso si sta accostando.
In questa immagine scopriamo il cuore del Maestro: l’esperienza
del mistero dell’obbedienza alla misteriosa volontà divina; infatti - in questo
linguaggio immaginifico - veniamo ricondotti alla figura del calice che è stato
offerto a Gesù nell’orto degli olivi. Qui il Maestro avverte tutta la
drammaticità della volontà divina. Nello stesso tempo, però cogliamo anche la
grandezza del Maestro. In quell’accostarsi al calice viene evidenziato il suo
“sì” al Padre, atteggiamento interiore espresso nel linguaggio del “bere”. Con
tale immagine comprendiamo che l’oggi di Dio deve penetrare nel nostro essere
personale per essere radicalmente inebriati dalla sapienza divina.
In quel calice scopriamo la bellezza dell’amore di Dio che si
offre completamente al Padre per l’umanità, per offrire un volto evangelico ed
autentico ad ogni umana creatura. Nell'amore incondizionato di Gesù per ogni
uomo si è chiamati a vivere l’impossibile-possibile dell'Amore per dare
coraggio e speranza ad ogni persona sommamente amata dalle tre Persone divine.
Un amore che non viva la gioia di regalarsi pienamente all'altro, al di là di
ogni sua fisionomia, non sarebbe amore veramente evangelico. E' il grande
orizzonte che Gesù offre ad ogni suo discepolo.
Il dono della propria vita ad ogni uomo caratterizza la
personalità del Maestro, poiché la grande meta della sua esistenza è che ogni
uomo possa ritrovare se stesso maturando nella grandezza del dono della vita
stessa. Questo orizzonte, che illumina in modo positivo anche le situazioni
negative della storia, rafforza la volontà oblativa di Gesù che nella radicale
attenzione al Padre dimentica se stesso e fa proprio il disegno divino di
donare vita e luce a chiunque a lui si accosti.
L’ebbrezza dell’oblazione amorosa anima quella sapienza che nello
Spirito Santo deve permeare il cuore di chiunque voglia seguire il Maestro in
tutta la sua verità, per acquisirne la sapienza.
Questo proposito passa all’azione nel desiderio del battesimo.
In questa immagine scopriamo il morire di Gesù nella passione in
croce: la volontà oblativa deve incarnarsi nell’obbedienza. Il coraggio
d’essere in Dio si ritraduce necessariamente nell’incarnare la pienezza
dell’amore, passando attraverso le spoliazione, l’oscurità, le incomprensioni,
le solitudini, le sofferenze fisiche che hanno caratterizzato Gesù.
La grandezza dell’amore lo spinge a offrire se stesso al Padre per
l’umanità, perché ogni uomo possa attingere al suo sangue la linfa che gli
possa permettere di respirare in un vivo clima di forza e di coraggio, di
fiducia e di speranza. Non si dà vera
sapienza senza il vivere la bellezza della croce.
Sicuramente qui ci ritroviamo di fronte alla paradossalità del
mistero pasquale. Infatti la vera
bellezza della vita è rappresentata dall’amore oblativo: siamo davanti ad
una bellezza sfigurata per gli uomini, ma ad una bellezza luminosa per chi sa
vivere nel vero amore.
Qui, nel Crocifisso, possiamo accostarci a quella “porta”
attraverso la quale possiamo accedere al grande mistero della vita.
Ogni volontà amativa deve diventare volontà oblativa… ogni
desiderio di dono per il fratello deve incarnarsi nel “farsi mangiare dal
fratello” per introdurlo nel gusto della propria identità.
A noi, Gesù, prospetta l’orizzonte dell’albero della croce per
vivere con lui e come lui la grandezza della nostra esistenza.
Su quella croce riusciamo a comprendere la grandezza ineffabile e
incomprensibile dell’amore divino- umano di Dio in Gesù Cristo.
Questo orizzonte non vuole però dire in modo immediato il
raggiungimento della pienezza della vita. Chiunque si accosti seriamente
all’evento evangelico della passione e morte di Gesù si sente persona
consegnata alla libertà di Dio. Amare infatti non è altro che far crescere nel
gusto dell'autentica libertà: la libertà di Dio che si comunica nell'amare, la
libertà dell'uomo che gusta nel lasciarsi amare nella meravigliosa fantasia
trinitaria.
Il vero amore si consegna nella massima generosità, senza alcun
calcolo, non si colloca nell’orizzonte del contraccambio: amare è regalare e
condividere libertà per una comunione che canta la bellezza e la fecondità
della vita.
Chi ama, ama liberamente, gode della libertà dell’altro e sa
vivere della libertà e dei tempi della persona amata. Così ha fatto Gesù.
Egli si è pienamente consegnato nelle mani del Padre sulla croce e
nella sepoltura ha atteso il darsi della libertà divina, che si è rivelata
nell’evento della risurrezione.
Contemplando Gesù morto, sepolto e risorto sappiamo chiaramente
che non saremo mai delusi.
Tuttavia dobbiamo continuamente vivere della libertà e della
purezza del cuore. Qui cresciamo nella gratuità del dono, affidandoci a quel
Dio che non delude mai. E’ la bellezza del cuore credente. Egli sa che chiunque
viva “nella” e “della” libertà divina non sarà mai deluso, anche se la storia
contingente spesse volte può apparire come una grande delusione o un drammatico
fallimento.
La sapienza che Gesù ci vuole regalare è quella della fiducia in
un Dio che nel mistero di Gesù ha avuto grande fiducia nei confronti dell’uomo,
amandolo all’inverosimile.
Solo “giocando” in questo affascinate clima divino dell’amore del
Cristo per il Padre per la creatura umana, potremo veramente donare la vita,
con e come Gesù sapremo “vivere di quella libertà divina” che permette d’essere
uomini liberi nel cammino quotidiano.
In tal modo regaleremo libertà ad ogni fratello che incontreremo
nelle strade della vita. Ciò che ci deve chiaramente affascinare è il gusto di
maturare nella libertà del Padre e in questo non temiamo mai nel regalare noi
stessi a lui fino ad entrare nelle profondità misteriose del suo volere.
La celebrazione eucaristia, che ci riunisce, ci insegna ogni
domenica ad amare questa meravigliosa volontà oblativa delle tre Persone
divine. Nei doni eucaristici che ci saranno offerti scopriremo il gusto di
amore con il cuore di Cristo in tutte le direzioni della nostra esistenza
personale.
Il suo sangue, che ci è offerto nel segno del vino, penetrerà in
noi e ci donerà l’ebbrezza d’essere battezzati in quell’oggi del Padre che
costituisce la scuola quotidiana della nostra vera sapienza.
La gioia che scaturirà dal nostro cuore sarà la presa di coscienza
dell’affascinante gusto della libertà divina, che ci sosterrà nel percorso di
questa settimana. Non temiamo il calice dell’oggi di Dio, entriamo nel cuore
del Cristo inebriandoci della grandezza del amore e potremo percepire quella
meravigliosa esperienza di libertà che ci dona il coraggio nella vita che
corre, mentre siamo in cammino verso la Gerusalemme celeste, dove con tutti i
santi canteremo eternamente quella libertà che, assunta nella croce del Cristo,
ci donerà la bellezza di cantare eternamente il suo amore con tutti i fratelli.
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