Gen 15,5-12.17-18 Fil
3,17- 4,1 Lc 9,28-36
OMELIA
Il cammino quaresimale
rappresenta una scuola particolare per crescere nella gioia d'essere discepoli
di Gesù. Entrare nel cammino del discepolato comporta necessariamente non poche
difficoltà, poiché la vocazione a fare della propria vita un canto di fede
nelle problematiche odierne, diventa un grosso interrogativo esistenziale, ma
Gesù, attraverso la parola che questa mattina abbiamo ascoltato, ci dà una
grande speranza. Sono importanti due particolari iniziali per riuscire a
cogliere quella speranza che Gesù ci vuole offrire questa mattina: da una parte
Mosè ed Elia con Gesù stanno parlando dell'esodo del Maestro verso Gerusalemme,
e quindi il contesto è l'esodo, un cammino nel deserto verso la terra promessa,
verso la pienezza della gloria. Un altro particolare è dato dalle parole di
Pietro facciamo qui tre capanne e un
simile ricordo ci richiama alla festa ebraica delle capanne, che è la festa del
popolo ebraico nel deserto. Attraverso questi due particolari noi riusciamo a
comprendere che il nostro cammino di sequela ordinaria del Maestro è l'esodo,
un esodo verso la pienezza della gloria, verso la piena realizzazione della
nostra vita, è un cammino nel quale noi siamo chiamati a dare pienezza al volto
di Cristo nella nostra umanità.
In questo
cammino, come nel parametro dell'esodo dell'antico testamento, una luce avvolge
i discepoli come nell'antico testamento la gloria di Dio avvolgeva il popolo in
cammino, e questo fatto ci offre una grande speranza: se il cammino quotidiano
del seguire il Maestro diventa un grosso interrogativo per ciascuno di noi,
ricordiamoci che siamo immersi nella gloria di Dio, nella luce di Dio, una luce
che ha delle caratteristiche che noi uomini non riusciremo mai a comprendere.
È
interessante la collocazione di quei due aggettivi “vesti candide” e “sfolgoranti”, vesti di immortalità divina. Ecco
perché l'apostolo Paolo ci ha detto che noi siamo in cammino verso qualcosa di
grande e luminoso perché Dio è la luminosità della nostra vita. Il cammino di
esodo è nella luce che viene dall'alto. Quelle vesti candide e sfolgoranti ci
danno il senso dell'eternità beata che avvolge la nostra esistenza. Utilizzando
sempre un'immagine dell'esodo, il nostro cammino nella storia è una nube
d'amore trinitario; infatti se guardiamo attentamente la descrizione che
abbiamo ascoltata ci accorgiamo che c'è la voce del Padre, c'è la luminosità
del Figlio, c’è la nube meravigliosa dello Spirito Santo. L'uomo nel cammino
dell'esodo, dell'esodo storico, è avvolto da questa meravigliosa luminosità.
Ecco perché il cristiano nel cammino della sua vita deve sempre coniugare, da
una parte il travaglio nel quale si ritrova quando vuol prendere sul serio la
persona del Maestro e dall'altro la certezza che la nostra esistenza è immersa
in una gloriosa luminosità e dire luminosità vuol dire luce, vuol dire calore,
vuol dire relazione, vuol dire capacità di camminare nel tempo e nello spazio.
Se da una
parte c'è l'oscurità, direbbe la vocazione di Abramo della storia, dall'altra
c'è la luminosità del divino: la gioia d'essere immersi in questo amore
luminoso. Val la pena, a tale scopo, citare una bella frase di Socrate che ci
aiuta a intuire la bellezza di questo cammino, sapendo che Socrate, il filosofo
della ricerca, è il filosofo innamorato della verità nella quale ritrovare
sempre noi stessi. Così diceva il filosofo ateniese: “L'amore è come un delirio
di origine divina”. L'amore è un delirio esaltante di origine divina. L'essere
immersi nella luminosità di Dio è gustare la divinità in noi che opera
continuamente. Noi tante volte ci scoraggiamo nel tempo e nello spazio perché
ci confrontiamo semplicemente con l'esperienza storica che è sempre una grande
delusione, ma la nostra esistenza è in questo esodo, in questa gloria di Dio
che opera in noi e ci attende nella terra promessa: il Dio tutto in tutti! E in
questo noi scopriamo l'anima della conversione, noi siamo una bellezza, la
luminosità di Dio che ci avvolge, ma una bellezza ferita perché la nostra
esistenza non sa gustare la stessa bellezza di Dio, e questo è il criterio
della conversione, essere in un fascino dove noi cogliamo la nostra povertà, ma
essendo un fascino più grande della nostra povertà, è la speranza di lasciarci
rigenerare continuamente dalla ineffabilità di Dio. Questa luce, questa
grandezza divina, questo gran calore d'amore ci permette di vivere l'istante
che Dio ci regala nel mistero del rapporto Padre, Figlio e Spirito Santo e
questo è importante perché è interessante come la conclusione del brano
evangelico ci stimoli molto: si
trovarono con Gesù solo, il mistero del suo dramma verso Gerusalemme.
Questo ci fa intuire che, nonostante le oscurità storiche viviamo in una
luminosità che ci avvolge in modo meraviglioso; questa è la forza nella quale
entrare con tutta la nostra storia per lasciarci condurre da questo stupore,
come quello di Pietro, verso quella Gerusalemme che è la fedeltà di Dio, una
meravigliosa risurrezione. Ecco perché il Vangelo non è mai deprimente. Se
guardiamo attentamente, il Vangelo è una proposta di unità di vita nella prospettiva
di un itinerario di costante trasfigurazione, come ci ha suggerito l'apostolo
Paolo questa mattina. L'uomo infatti percepisce veramente se stesso nella nube
trinitaria perché la sua esistenza è ricca di speranza. Egli è chiamato a
coniugare le due realtà dell'oscurità della storia e della luminosità della
trasfigurazione. Quando sappiamo coniugare in modo sinergetico le due realtà,
camminiamo nella speranza. Anche nel torpore della notte di Abramo, Dio sempre
stipula l'alleanza con ciascuno di noi perché è fedele e semina in noi una costante
speranza di eternità beata.
E' il
mistero eucaristico che stiamo celebrando. Nella liturgia bizantina l'episodio
della trasfigurazione costituisce l'icona luminosa della celebrazione
eucaristica. Quando noi entriamo in chiesa, veniamo attirati come i discepoli
nell'evento misterioso e glorioso della trasfigurazione, vi entriamo con tutte
le problematiche del nostro quotidiano e veniamo avvolti in questa luce calorosa
e rigenerante, luce che ci fa intuire la grandezza dell'eternità beata. Se
sappiamo percepire la profondità di un simile mistero, torneremo a casa, magari
con tutti i nostri problemi, ma con un cuore rinnovato e rigenerato, poiché
abbiamo fatto l'esperienza della luminosità della gloria del cielo.
Gesù,
attraverso questa luminoso e gloriosa esperienza, ci stimola a trovare la
bellezza della speranza. Anche se il nostro quotidiano è sempre nel travaglio
esistenziale, tuttavia godiamo nella fede di una grande solidità esistenziale,
poiché stiamo camminando nella nube della gloria di Dio che è la relazione con
il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Non siamo mai soli. Anche se scendendo
dal monte, siamo nella solitudine di Gesù, che è il nostro quotidiano tante
volte oscuro, però sappiamo che siamo nell'amore e questo è il percorso proprio
del delirio di origine divina di cui parlava Socrate. In una costante ricerca e
afferrati del senso evangelico della vita, costruiremo un mondo nuovo. La
celebrazione eucaristica è il canto alla speranza dell'impossibile. Oggi
entriamo in questo clima per crescere nella gioia d'essere uomini ricolmati
dalla presenza delle tre Persone divine che operano sempre in noi. Se Dio è con
noi, se la luce divina ci avvolge e ci permea continuamente non dobbiamo mai
avere timori: giungeremo sicuramente alla Luce che non conosce tramonto.
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