Gs 5,9-12 2Cor
5,17-21 Lc 15,1-3.11-32
OMELIA
Il cammino
quaresimale ci ha fatto intuire la bellezza d'essere in Cristo Gesù, in quella
luce che fa nuove tutte le cose. Nello stesso tempo, nella energia dello Spirito
Santo, è stata scaturita la bellezza feconda della conversione. Cristo nello Spirito
oggi ci orienta al volto del Padre poiché la gioia di un’autentica esperienza
cristiana si costruisce nel gustare la paternità divina. Lo stesso Giovanni
concludendo il prologo del suo vangelo ha detto: Dio nessuno l'ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno
del Padre, lui lo ha rivelato. Questa mattina vogliamo insieme, sulla
sollecitazione della parola, contemplare il volto paterno di Dio: il Dio della
rivelazione è Padre. Una simile verità nella nostra tradizione occidentale non
ha molta incidenza se non nel mondo devozionale, perché noi siamo dominati
dalla filosofia che cerca un trattato su Dio e sulla sua esistenza. La bellezza
della rivelazione cristiana è centrata sulla figura del Padre poiché, entrando
nella profondità di questa immagine “il Padre”, riusciamo a comprendere perché,
sia il testo di Paolo, sia il testo evangelico hanno al centro “Dio visto come Padre”.
E allora cosa vuol dire entrare nella centralità della paternità di Dio?
In certo
qual modo non dovremmo dire più “Dio - Padre” ma professare il “Padre” divino per
ritrovare la bellezza e la fecondità della nostra esistenza. Infatti il Padre è
principio della vita, il Padre regala le sue caratteristiche esistenziali a
ogni battezzato e il cristiano è nato dal Padre, nella visione giovannea. È una
verità sulla quale noi dovremmo riuscire a ritrovare continuamente noi stessi
perché il nostro essere persone, il nostro essere capolavoro di Dio, è un atto
creativo del Padre. Ecco perché Gesù nel Vangelo di Luca, quando il discepolo
gli chiede di insegnargli a pregare dice: quando
pregate dite: Padre! E nella tradizione del nuovo testamento lo Spirito grida: Abbà Padre! La
bellezza dell'esistenza è entrare in questa esperienza. Il nostro vivere è del Padre
in noi e nel Padre, che continuamente rinnova la nostra esistenza. Se è vero
che il Cristo abita in noi, che il Cristo vive la sua storia in noi, è perché lui
ci fa vivere oggi la presenza del Padre nelle nostre persone. Quando diciamo Padre,
sottolineiamo la presenza del Padre nelle nostre esistenze, quindi tutta la
nostra vita d'essere figli è tutta nella realtà del Padre.
Una simile
consapevolezza ci permette d'intuire che questo Padre ci rivela continuamente
il suo mistero creandoci e ricreandoci continuamente. Egli ci rigenera
continuamente perché vuol vivere in noi il suo mistero rendendoci partecipi
della sua luminosità divina. In un simile orizzonte, nel contesto della nostra
umanità decaduta, il Padre diventa perdono. Scopriamo di conseguenza che l'atto
creativo del Padre incontrando l'uomo peccatore afferma: sei una creatura nuova come ha detto Paolo: Quindi se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono
passate, ecco ne sono nate di nuove. Perdonare è fare nuova la persona,
perdonare è un atto creativo della libertà di Dio innamorato dell'uomo. La
presa di coscienza, che il perdono è atto creativo di Dio, ci conduce ad
accogliere alcune sfumature che noi dovremmo riuscire a percepire a livello
esistenziale. Ogni volta che diciamo “Padre”, dovremmo sentirci talmente
ricreati in modo da essere quelle creature nuove che il Padre rigenera
continuamente.
Il primo
elemento che potremmo intuire è che perdonare da parte del Padre vuol
sottolineare che egli desidera regalarci in modo nuovo la sua libertà. L'uomo
perdonato è un uomo liberato, è un uomo che nel cammino della sua esistenza si
sente una ricreazione esistenziale. Noi, qualche volta, pensiamo che perdonare
sia dimenticare o sia cancellare i nostri peccati o i nostri limiti
esistenziali. Questa è una lettura molto povera di fronte alla meravigliosa
azione creatrice del Padre. Perdonare da parte del Padre è regalare all'uomo
quella libertà che è l'autenticità della vita nella riscoperta delle relazioni
fraterne per la reciproca edificazione. La bellezza della paternità divina è la
convivialità esistenziale dell'intera umanità. Ecco perché nella parabola il Padre
fa una grande festa conviviale perché in quel momento egli regala attraverso
quel linguaggio conviviale la sua ricchezza al figlio. Siamo di fronte a un Padre
che si regala continuamente per ricostruire in modo instancabile la creatura
umana. E tale banchetto è talmente condivisione di libertà che il vero perdono è
dire all'altro: hai tutta la mia fiducia! Questa rilettura sicuramente può
cozzare con il senso di risentimento o di violenza inconscia che noi potremmo
avere nelle dinamiche storiche. La bellezza del perdonare del Padre è dire
all'altro: hai tutta la mia fiducia. Ricreare la persona è regalarle la
capacità di camminare in novità di vita. È il desiderio di crescere in quella
comunione che è la bellezza del rapporto Padre-Figlio. In certo qual modo -ed è
il grande sogno evangelico-, ritrovare la bellezza della paternità di Dio, il Padre,
significa ritrovare una ricreazione universale dove l'uomo recupera la bellezza
e la profondità della sua esistenza.
Perdonare è,
in ultima analisi, la grande gioia di Dio.
Quando l'uomo può veramente dire a se
stesso se è stato perdonato se non quando percepisce la gioia dell'altro che
gli regala la bellezza della vita dicendogli: gusta la vita! Il perdono non è mai deprimente poiché
il perdono è rifare l'esistenza del fratello regalandogli la bellezza e il
gusto della vita. Allora “vivere da perdonati” vuol dire gustare la piena
fiducia del Padre, gustare la creatività divina che fa nuove le nostre persone,
è gustare l'oggi di Dio che va al di là di ogni nostro pensiero. Se noi
riuscissimo ad amare Dio come Padre, in certo qual modo nell'ordine della
rivelazione "metteremmo da parte" il concetto che noi abbiamo di Dio,
con tutti i punti interrogativi che potrebbero nascere e gusteremmo la luminosa
visione del volto del Padre. In quel momento, qualunque siano le situazioni
nelle quali ci venissimo a trovare, ci sentiremmo profondamente ricreati.
Ogni
autentica relazione con il Padre rende nuova ogni umana creatura.
Ed è
talmente grande il Padre che la bellezza di ritrovarci nell'Eucarestia è avvertire
l'ebbrezza di contemplarne il Volto. Se il Cristo è in mezzo a noi, se il
Cristo nello Spirito Santo ci dà la bellezza d'essere uomini nuovi, è perché
sia l'uno che l'altro devono orientarci al Padre. Quando noi veniamo all'Eucarestia
siamo in comunione con il Padre e l'Eucarestia è il dono del Padre che ci
regala nello Spirito Santo il suo Cristo. Se noi entrassimo in questa atmosfera,
lo stesso atto del perdono dovrebbe significare una delle massime esperienze d'essere
degli autentici capolavori trinitari nel costruire la nostra esistenza
quotidiana. Ognuno di noi sa d'essere la fiducia di quel Padre, Figlio e Spirito
Santo che sono viventi in noi per ridonarci la bellezza, la profondità, il
gusto della vita. L'Eucarestia è il Padre che ci regala il suo Figlio con i
fiumi dello Spirito Santo. Viviamo così l'Eucarestia e allora il perdono
diventa un cantare la gioia d'essere nella luminosità divina, il perdono
diventa un cantare la fiducia fedele del Padre nei confronti di ogni uomo, perché
l'uomo si sente talmente rifatto perché si ritrova creatura nuova. Nel rito
bizantino il sacramento della penitenza si chiama “la sequela di quelli che
cantano le meraviglie del Signore”.
Ritroviamo
questo gusto nella nostra vita e la speranza di Dio crescerà nei nostri cuori.
Questa è l'Eucarestia che celebriamo; in essa ci sarà quel perdono meraviglioso
che da poveri ci rende ricchi perché l'Eucarestia costituisce il culmine
massimo della paternità sacramentale di Dio che ci dà il perdono per ricreare
oggi tutta la nostra esistenza.
-
Nessun commento:
Posta un commento