Es 3,1-8.13-15 1Cor
10,1-6.10-121 Lc 13,1-9
OMELIA
La
familiarità che siamo chiamati a vivere continuamente con il Maestro divino ci
porta inevitabilmente a sviluppare il desiderio della conversione poiché, più
entriamo nella luce che viene dall'alto, più l'uomo riscopre l'esigenza di
camminare in novità di vita. La conversione è un incontro abituale per ogni
battezzato, poiché nasce da una relazione diuturna tra il Maestro che entra
nella nostra storia e ciascuno di noi che gli offriamo la nostra situazione
quotidiana. Risulta importante alla luce della parola di questa mattina che
abbiamo ascoltata ritrovarvi le radici della nostra conversione che ci
accompagnerà fino all'ultimo giorno.
Intuiamo
innanzitutto alcuni elementi dai quali dobbiamo partire per ritrovare e
riscoprire la bellezza e la fecondità della nostra conversione. Già domenica
scorsa nel luminoso episodio della Trasfigurazione ci vedevamo immersi nella
luminosità divina e quanto più l'uomo è nella luminosità dell'assoluto tanto
più avverte l'esigenza di rinnovare profondamente la propria esistenza. Inoltre
questa mattina ci è stata offerta la bella visione che Mosè ha avuto sull'Oreb
e quel dialogo tra Dio e Mosè ci permette di comprendere che Dio è il respiro
del nostro respiro. Quella misteriosa parola con la quale Dio si rivela a Mosè
vuol dire “respirare”, quindi l'uomo è il vivente respiro di Dio. Ogni volta
che noi nella nostra giornata viviamo e personalizziamo questo esercizio fisico
del “respirare” dovremmo accorgerci che siamo amati meravigliosamente da Dio.
Questa esperienza l'ha espressa molto bene l'apostolo Paolo, quando ha
affermato, sulla tipologia dell'Esodo, che la nostra conversione nasce dalla
nostra vocazione battesimale dove il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo sono
abitanti dentro di noi. L'uomo quando è davanti allo svelamento di questa
grandezza divina che lo avvolge e nella quale è chiamato a inabissarsi, non può
non avvertire, in sé, l'esigenza di una novità di vita. Anche perché chiunque
rinasce dall'acqua e dallo Spirito è diventato la vivente storia di Gesù.
Se noi per
un momento ci soffermiamo a guardare chi siamo, ci accorgiamo che Gesù in noi
sta vivendo la sua vita. Quanto più perciò noi entriamo in una dinamica di
relazione con il Maestro e percepiamo la ricchezza della sua presenza creatrice
dentro di noi, più il desiderio di camminare in novità di vita cresce. Allora intuiamo una verità che spesse volte
noi abbiamo un po' messo da parte. Quando parliamo di “conversione” facilmente
partiamo dalla nostra storicità, siamo zoppicanti, ciechi, sordi e muti. Noi
siamo essenzialmente delle persone che zoppicano perché quanto più noi entriamo
nella bellezza della luce, più ci ritroviamo uomini poveri, ma pensiamo che la
conversione sia semplicemente superare i difetti, lasciarci perdonare i
peccati, cancellare alcune situazioni esistenziali, ma se noi entriamo
nell'esperienza del Vangelo la conversione è intrinseca alla nostra vita
perché, quando siamo stati battezzati, siamo diventati il Cristo vivente e
poiché il Cristo è il vivente e ci anima momento per momento, istante per istante,
egli è il grande attore che opera la nostra conversione. La fecondità di una
simile condizione di vita è intrinseca all'essere battezzati.
Se si
volesse usare un paragone assurdo, si potrebbe dire così: un battezzato va a
celebrare il quarto sacramento non per dire fondamentalmente i suoi peccati, ma
per maturare nella sua vocazione a morire e a risorgere in Gesù. È un'esigenza interiore di lasciarci trasfigurare da un Maestro divino.
Il quarto sacramento è la fecondità del nostro battesimo eucaristico, ecco
perché il cristiano deve continuamente rientrare in se stesso e rientrando in
se stesso riscoprire il misterioso capolavoro di Dio che è la sua esistenza, e
quanto più si inebria del mistero di Gesù tanto più la sua vocazione alla
conversione è far fiorire l'amore divino nel quotidiano. È la realtà della
nostra esistenza che ci deve continuamente stimolare ad entrare in qualcosa di
meraviglioso. Se Gesù oggi è stato pressante nel chiamarci a conversione è
perché vuol dirci una cosa molto semplice:
“Non
sprecare la gioia coraggiosa di essere il sacramento della mia luminosa persona
Non
sprecare la bellezza di essere abitato dall'amore del Padre, del Figlio e dello
Spirito Santo
Non
sprecare l'ebbrezza che sto vivendo in te condividendo con te la mia storia
d'amore per l'umanità”.
Un simile
linguaggio potrebbe essere uno stimolo da parte di Gesù perché non facciamo
cadere la nostra esistenza in una monotonia senza entusiasmo. Allora davanti a
questo grande progetto l'uomo si pone l'interrogativo: è possibile camminare in
questa affascinante avventura dove la vivacità di Dio diventa la vivacità della
nostra conversione?
L'evangelista
Luca, per darci speranza nelle nostre possibili titubanze, ha aggiunto quel
particolare dell'albero del fico. Noi sappiamo in natura che se un albero di
fico, già dal primo anno, non dà frutti, non li darà mai più. Il linguaggio che
abbiamo ascoltato nella paraboletta vuol regalarci una verità molto bella, ma
abbastanza problematica per il nostro vissuto quotidiano: "Se tu uomo non
hai il coraggio della conversione, sappi che per il mio amore è possibile anche
l'impossibile, anche quello che tu pensi di non riuscire a portare avanti, in
questa gratuità che ci stimola a novità di vita io faccio dei miracoli".
Sicuramente occorre respirare fortemente il divino per crescere in un simile
cammino credente. La vera conversione è opera di Dio nel nostro oggi e quando
noi ci lasciamo inebriare da quello che la Parola ci ha detto questa mattina,
noi ci sentiremo così amati dal Signore che non possiamo non dire: Voglio
diventare il volto di Gesù! Perché noi siamo il Cristo morto che risorge
continuamente, il Cristo risorto che in noi muore continuamente. È la bellezza
e la vivacità della nostra esistenza!
E tutto
questo avviene nel mistero eucaristico. Il mistero eucaristico è la scuola
della quotidiana conversione. Nel momento in cui riceviamo il corpo reale di
Cristo morto e risorto nel sacramento, in quel momento, avvertiamo di essere
talmente amati da imprimere immediatamente in noi un'esigenza di novità di
vita. Saremo sempre zoppicanti, ma Dio ha una fedeltà paziente veramente
inesauribile.
Quindi
camminiamo in questo orizzonte con tutta la fiducia che il Signore ci regala e,
anche se tante volte non riusciamo ad accostarci all'Eucarestia e diciamo Non ce la faccio, per superare simile
istintiva reazione, cresciamo in questa stimolante verità Ma tu mi attiri con tanto amore che venendo da te ritrovo la speranza
dell'impossibile.
Questa sia
la forza della nostra conversione per essere quelle creature nuove che, amate
dal Signore, fanno nuove tutte le cose. La conversione diventa allora un canto
di fede, il canto di chi si sente amato e regalare a Dio i frutti della
conversione è digli grazie che ci avvolge di un amore incontenibile che ci dà
speranza in ogni momento o frangente della nostra vita quotidiana.
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