“Quando lo videro, lo pregarono di allontanarsi dal loro territorio”
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XIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO B -
Sap.1,13-15;2,23- 2Cor 8,7.9.13-15 Mc 5,21-43
OMELIA
Paolo domenica scorsa ci insegnava un grande principio, chi
è in Cristo è creatura nuova le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di
nuove. La presenza di Cristo nel
tempo e nello spazio è principio di novità di vita. Davanti a questo ampio
orizzonte, Gesù oggi ci dice che Egli è la guarigione e la resurrezione dei
morti. Infatti, i due miracoli, corrispondono ai due interrogativi che sono il
vero dramma dell’uomo: la malattia e la morte; e questi due interrogativi Gesù
li vive nella propria persona perché vuole che l’uomo ritrovi la bellezza e la
forza del quotidiano. Ecco perché è bello entrare nella dinamica del testo
evangelico per riuscire a cogliere come Gesù sia entrato nella nostra storia e
nella sua persona abbia risolto questi due grandi interrogativi. Il primo
aspetto è che al centro dei drammi della vita occorre mettere Gesù, occorre
mettere il Cristo che è il Signore del cosmo e della storia, il quale si è
fatto uomo per dare speranza agli uomini. Ce lo ha detto molto bene l’apostolo
Paolo: “da ricco che era, divenne per noi povero perché attraverso la sua
povertà noi partecipassimo della sua ricchezza”. E’ quello che noi
chiamiamo il regime sacramentale della comunità cristiana. Attraverso
l’esperienza sacramentale, Gesù illumina la malattia e dà la vita alla morte.
Ma questo come avviene? Potremmo
interpretare il testo evangelico come l’itinerario per affrontare i problemi
del quotidiano ritrovandone la soluzione e il centro è la persona di Gesù. E’
il fascino del suo volto! Quando noi abbiamo un interrogativo, dobbiamo
immediatamente lasciarci prendere dalla persona del Maestro, il quale è
diventato storia, è diventato carne, ha assunto i drammi della vita dell’uomo
per dare speranza all’uomo. Questa speranza che nasce dal fascino della sua
persona, attraversa alcuni passaggi che noi dobbiamo tenere vivi per riscoprire
in Lui la novità della vita.
Si rivela allora importante partire dalla coscienza di un dialogo
tra la ricchezza di Dio in Gesù e la radicale povertà dell’uomo che si
ritraduce nella supplica o nella gestualità. La supplica che è espressa dal
capo della sinagoga, “la mia figlioletta sta male” dalla gestualità della donna “se
io toccherò il suo mantello sarò guarita”, dove entrambi gli atteggiamenti, la parola di supplica del padre
e dall’altra l’atteggiamento fisico della donna ritraducono una forte
convinzione nel fascino di Gesù. L'uomo ritrova la sua speranza e ritrovando la
sua speranza pone il gesto della supplica o del toccare il mantello.
E’ la personalità sacramentale di Gesù. Noi spesse volte
dimentichiamo questo modo di porsi di Gesù. Gesù ci dà la sua persona! Quando
l’evangelista Marco ha composto il brano che abbiamo ascoltato, qual era la
visione che aveva davanti? Il Risorto, il fascino del Risorto, il fascino di
colui che è la gloria di Dio per l’uomo, colui che è diventato povero per darci
la sua ricchezza. E in questo fascino del Risorto che è l’oggi di Gesù di
Nazareth! La bellezza della fede è lasciarci prendere dalla personalità del Risorto
che incarna Gesù di Nazareth. In questo contesto noi abbiamo un atteggiamento
molto semplice: la supplica, la gestualità, l’incarnazione della fede, il
desiderio di vivere una attenta attenzione alla sua persona. Il regime dei
sacramenti non è avere un qualche cosa, ma il regime del sacramento è
un’attrazione della nostra personalità concreta che entra in relazione con il Maestro,
perché il Maestro ci comunichi la sua vitalità. E’ bello vedere come nella
narrazione dei due miracoli, i due atteggiamenti di Gesù nei confronti della
figlia di Giàiro, la mano che solleva la fanciulla, il mistero della sua
risurrezione, la bellezza di entrare nella personalità di Gesù, nella supplica,
e Gesù risponde a questo dono della supplica tendendo la mano, fa risorgere la
fanciulla e la risurrezione è essenzialmente questa novità di vita.
Dall’altra, nei confronti di quella donna ammalata, Gesù dice una
potenza è uscita da me, la sacramentalità di Gesù è la ricchezza del
suo mistero che passa nelle nostre persone. Ecco allora che il cristiano, se
vuole essere in Gesù creatura nuova, deve accostarsi al fascino del Risorto che
incarna i linguaggi di Gesù di Nazareth attraverso il semplice segno di una
fede, Vieni, mia figlia sta morendo - Toccò il lembo del suo mantello, e in
questo gesto di supplica e di tanta fede, la potenza del Risorto passa in
ciascuno di noi e ci rende uomini radicalmente nuovi. Chi è in Cristo è
creatura nuova. Gesù si è fatto povero ed entrando in dialogo con l’uomo con i
linguaggi semplici della sua umanità, perché noi accogliendolo la bellezza
della sua umanità, fossimo veramente rinnovati nella sua persona. Il problema è
il fascino di Gesù e questa è la bellezza nella quale entrare! Quanti
interrogativi nella vita! Lasciamoci prendere dal Maestro, offriamo al Maestro
la nostra radicale povertà ed Egli ci regalerà la pienezza della sua ricchezza:
la guarigione e la risurrezione.
E’ qualcosa che noi dobbiamo vivere interiormente, la fede non ha
nulla di automatico, è la bellezza di un rapporto. Colui che era ricco divenne per
noi povero per dialogare con
noi poveri, perché offrendo a Lui le nostre povertà, diventassimo ricchi della
sua grandezza. E’ questa la bellezza della fede, una relazione che è un
passaggio di vita attraverso la povertà dei segni per fare nuova la creatura
umana. Se noi cogliessimo questa bellezza, i miracoli che abbiamo ascoltato
questa mattina, li vivremmo noi. Ogni gesto sacramentale è un miracolo e
davanti a un miracolo è il Signore che si dà tutto a noi, è la bellezza vera e
profonda della nostra fede.
E l’Eucaristia che stiamo celebrando è un miracolo. Il Signore, attraverso la povertà di quel pane e la povertà di quel vino annacquato ci rende partecipi della sua Risurrezione. Diventiamo uomini nuovi perché Egli è entrato in rapporto con noi, cose povere per gustare realtà meravigliose. Entriamo in questo cammino con tanta semplicità, è questione di stabilire con Gesù un dialogo tutti i giorni, nella ordinarietà, dove attraverso la bellezza dell’ordinarietà il Signore diventa il nostro Signore e ci rende partecipi della gioia della gloria eterna. Questa sia l’esperienza che vogliamo vivere nell’Eucaristia, in modo da sentirci trasfigurati. L’energia di Cristo che passa in noi come in quella donna e nel momento in cui riceveremo il pane eucaristico è la mano del Risorto che ci dice: risorgi con me! Questa sia la bellezza e la fecondità della nostra vita per essere in Cristo ogni giorno creature nuove.
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