Gb 38, 1.8-11 2Cor 5,14-17 Mc 4,35-41
OMELIA
Il tempo è
il luogo nel quale noi lentamente cresciamo nella conoscenza di Dio. Attraverso
l’entrare nella personalità del Maestro secondo il bel ideale che l’apostolo
Paolo ci ha delineato nella seconda lettura: se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate;
ecco, ne sono nate di nuove. La bellezza della fede è vivere la novità di
Cristo, essere talmente attirati a Lui per cui la Sua persona è l’anima della
nostra anima. Ecco per cui il rimprovero che Gesù ha rivolto nel Vangelo ai
discepoli: uomini di poca fede!
Potremmo
definire il brano evangelico di questa mattina la scuola per realizzare il principio
di Paolo che in Cristo è una creatura nuova, è una creazione mirabile della
Santissima Trinità. Il credere è proprio di chi si lascia, nel cammino del
tempo, ricreare continuamente dalla potenza che viene dall'alto. E allora
perché i discepoli non hanno goduto della fede nello stare con Gesù? Se guardiamo
attentamente il brano del Vangelo di oggi e la conclusione del Vangelo di
domenica scorsa, noi ci accorgiamo del perché sono stati uomini senza fede o
con poca fede. Domenica scorsa il vangelo si concludeva con Gesù che in privato
commentava le parabole, quindi in un certo qual modo un incontro interpersonale
tra Gesù e i suoi discepoli, ma tutto ciò che è dialogo intellettuale non porta
alla fede. La bellezza della fede non è il sapere, la bellezza della fede è
lasciarci innamorare da Gesù. Essi
avevano ascoltato delle parole ma non si erano innamorati di Gesù.
Il secondo
passaggio che abbiamo notato nel brano di questa mattina, è che essi lo presero
così com'era sulla barca, avevano accolto la sua persona così com'era ma non ne
avevano accolto il mistero. La bellezza all’interno del cammino della fede è un
innamoramento del Maestro accolto nella sua ricchezza affascinante ma
incomprensibile. Ecco perché ho usato la parola innamoramento; la bellezza del
credere è lasciarci innamorare da Gesù. In tale orizzonte intuiamo che colui
che crede è un paradosso vivente, uno che accoglie una logica che non è una
logica normale. Se guardiamo attentamente il brano che abbiamo ascoltato, il
rimprovero che Gesù rivolge ai discepoli pone molti interrogativi.
Come può
uno dormire tranquillo quando nella barca c’è l’acqua?
Come può
uno dormire tranquillo quando il lago è in tempesta?
Emerge
inoltre un altro elemento molto particolare che l’evangelista ci offre perché
vuole introdurci in qualcosa d’altro. Allora entriamo nel particolare del brano
evangelico: Gesù a poppa dorme su un cuscino. A poppa vuol dire che i comandi
della barca sono sotto il cuscino. I discepoli, davanti al tormento della
tempesta, sono incapaci e impossibilitati a governare la situazione perché non
possono accedere a quegli strumenti che avrebbero diretto la barca: quegli
strumenti sono sotto il cuscino di Gesù. Che cosa vuol dire che Gesù “dormiva”?
E qui entriamo nella profondità del Vangelo di Marco. Gesù dormiva nell'oggi
misterioso di Dio, quel dormire era nient’altro che l’affidamento radicale di
Gesù al Padre. L’amore al Padre, lo stile di vita al quotidiano, il cammino
feriale, rappresentato dai comandi della nave sono tutti elementi che entrano
nell’oggi misterioso del Padre che Gesù è chiamato a incarnare. Tuttavia noi
sappiamo che Gesù, in qualunque tempesta dell'esistenza, è con noi sulla barca
mentre sta immerso con tutta la sua personalità nel mistero del Padre. I
discepoli non sono entrati in questa logica perché non si sono innamorati di
Gesù, non han saputo accogliere Gesù in tutta la ricchezza del suo mistero. E
allora è ovvio il rimprovero: "Avete
appreso delle cose ma non le avete capite, avete spalancato la vostra barca
alla mia presenza prendendomi a bordo ma non siete entrati nel mio mistero".
E allora quel rimprovero - uomini di poca fede - è il rimprovero per chiunque
non costruisce in Cristo la novità della vita.
Marco
rivolgendosi ai futuri cristiani dice: ma come noi possiamo crescere in questo
innamoramento di Gesù? È tutto un problema di oculistica del cuore. Quando il
cuore è profondamente innamorato, anche nella barca piena d'acqua, si dorme
tranquilli.
Uso un'immagine
che può dire quale debba essere l'atteggiamento di fede per poter veramente
crescere in questo fascino di innamorati di Gesù. Come Gesù, come possiamo
dormire sul cuscino della vita. Questa stimolazione la ritraduco in immagine
ancora più forte: dormire sul petto di Gesù.
E allora
nasce una profonda sintonia amorosa. Quando si è con la persona sommamente
amata, anche l’impossibile diventa possibile, c’è la certezza che noi stiamo
camminando in qualcosa di grande. Possono soffiare tutti i venti di questo
mondo, possono nascere tutte le tempeste della storia, ma siamo come Gesù e,
imitando Gesù, dormiamo nell'oggi del Padre. Ecco la fede! Questo essere
affascinati da una persona, è quel meraviglioso dialogo interpersonale del
credente. Qualche volta ci manca nel cammino della fede questo tocco di
innamoramento. Io credo che abbiamo ridotto la nostra vita cristiana a fare
tante cose, ma il fare tante cose non realizza la nostra vita. La vita è realizzata
in un cuore che si lascia affascinare, che si lascia innamorare, con gli occhi
dell’amore si vede la storia. Se Lui è con noi, chi può essere contro di noi?
Chi è in Cristo è una creatura nuova, ha un modo nuovo di vivere, non per
niente Paolo usa quella parola creatura
nuova, dove la radice di creatura è creare. Noi siamo dei creati dall’amore
ineffabile delle tre Persone divine e innamorati da Lui viviamo da innamorati.
E allora anche gli ostacoli dell’esistenza si vivono in modo diverso. Andiamo
sempre all’immagine con il quale l'evangelista Giovanni illumina la figura del
discepolo "ideale": porre il capo sul costato di Gesù. E’ la bellezza
della vita! Quando noi siamo davanti all’esperienza della fede, abbandoniamo
tante cose, tante pratiche, tanti gruppi e ci innamoriamo di Gesù come il
criterio su cui costruire la vita. Gesù ci dà il cuore nuovo, ci dà uno spirito
nuovo, ci dà lo slancio di vivere la presenza sua nella storia per poter
camminare in autenticità.
Se noi
seguiremo questo cammino della nostra vita, saremo un miracolo vivente; la fede
è degli innamorati. Se manca questo
elemento di fondo c'è sempre la domanda: "Cosa devo fare?”. Quando uno è
innamorato non si pone mai la domanda Cosa
devo fare, si lascia attirare entrando in un mistero di vita che è il
principio portante di ogni istante. Ecco perché la bellezza dell’Eucaristia è
la bellezza degli innamorati di Gesù.
Non si dice prima dell'offerta dei doni eucaristici “Beati gli invitati
alla cena delle nozze dell'Agnello”? E
chi è invitato alle nozze dell’Agnello se non gli amici dell’Agnello, che
vivono nella fede!
La
celebrazione eucaristica che stiamo vivendo nello Spirito è un Eucaristia nella
quale noi gustiamo essere con la persona amata. Il rito liturgico è un canto
interiore alle meraviglie di Dio che diventa rito sacramentale. Non poniamo dei
semplici gesti rituali ma diamo alla luce canti di persone innamorate di Gesù.
Se noi percepissimo la profondità della bellezza della fede cureremmo veramente
il cuore, e quel cuore attento, quel cuore puro, quel cuore, pende dalle labbra
del cuore del Maestro. Dovremmo fare nostra la sapienza dei Salmi: Io sono tranquillo e sereno come bimbo
svezzato in braccio a sua madre, come un bimbo svezzato è l'anima mia... (Salmo
130) e: Solo in Dio riposa l’anima mia:
da lui la mia salvezza... da lui la mia speranza (Salmo 61).
Dovremmo
personalizzare in questa Eucaristia questi due meravigliosi Salmi per poter veramente
accedere a questo mistero del Signore e percepirne la bellezza e la grandezza. E
allora, verranno pure i terremoti, ma nel Signore siamo al sicuro: dormiamo sul
cuscino dell'amore del Padre.
Chiediamo
allo Spirito Santo questa percezione del mistero della vita in modo che, se
siamo di Gesù, se siamo sulla barca di Gesù, se Gesù ha in mano i comandi della
barca, non abbiamo problemi irrisolvibili, ma giungiamo sicuramente all'altra
riva, andiamo alla contemplazione dell'amore di Gesù, il Volto del Padre.
Questo sia il mistero che vogliamo profondamente vivere e condividere in modo
che Gesù se ci rimprovera è perché ci dice: “Non riesci proprio a innamorarti
del mio amore?”. Il credere è l'innamoramento continuo, in questo fascino di
Gesù gustiamo il senso portante della nostra vita e delle nostre persone.
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