Ez 43, 1-2.4-7 1 Pt 2,4-9 Gv 4,19-24
OMELIA
Il
cristiano legge la storia nel fascino di Gesù perché la conoscenza del Mistero
passa attraverso l'interpretazione del quotidiano; conoscere Gesù è imparare ad
amare e a leggere la storia con il cuore e la mente di Gesù. Ora la festa di
oggi, che ci ricorda la dedicazione di questo luogo cultuale, ritraduce una
verità fondamentale: noi possiamo conoscere Gesù vivendo intensamente nella
luce dello Spirito Santo nella comunione della chiesa, nella comunione della
fraternità teologale, nella comunione in cui lo spirito del Risorto ci avvolge
continuamente. Insieme si conosce Gesù, vivendone continuamente il Mistero in
uno stimolante cammino di autentica fraternità. Ecco perché dedicare una chiesa
è riconoscere l'azione viva di una assemblea liturgica dove il Signore è
presente come il grande Maestro. Noi qualche volta dimentichiamo l'origine
della parola “chiesa” che vuol dire assemblea, convocazione, fratelli fra
fratelli, la chiesa non è un luogo spaziale ma è una comunità orante di
credenti. Usando l'immagine cara all’evangelista Luca, la comunità rappresenta
il luogo dove si fa insieme l'esperienza del Risorto. E’ una verità questa che
noi dovremmo continuamente riscoprire. Per assurdo potrebbero demolirsi tutte
le chiese, ma rimane la chiesa. Dove ci si ritrova in atteggiamento teologamene
e spiritualmente devozionale noi siamo chiesa. A tale scopo è importante
superare la visione che la chiesa sia luogo dei riti, sia il luogo delle
devozioni. La vocazione ad essere chiesa genera il dono della vera “devozione”,
dove gustiamo la presenza di persone, affascinate da Gesù, vivono di Gesù e
camminano con Gesù per lasciarsi trasfigurare da Gesù insieme a tutti i
fratelli. Una tipologia biblica ci può aiutare. Quando noi siamo davanti al
racconto dei discepoli di Emmaus l'evangelista Luca ci offre una bella visione.
Partiamo dalla domanda; " Chi sono i due discepoli di Emmaus?" e la
risposta che oggi ci viene offerta è questa; essi sono marito e moglie: una vera
famiglia! La chiesa è il luogo di comunione nella bellezza d'essere il Corpo
Mistico di Cristo. Questa tipologia ci fa comprendere perché le chiese antiche
si chiamavano “la casa dell’assemblea”: il luogo nel quale noi ci ritroviamo a
gustare una presenza che anima la comunità. La motivazione per la quale noi ci
ritroviamo è unicamente per gustare la presenza del Risorto insieme ai fratelli
nella fede. Infatti ogni volta che noi ci ritroviamo qui in chiesa, noi non ci
ritroviamo per ricevere chissà che cosa, perché vogliamo gustare la libertà del
Padre. Ognuno di noi è il volto vivente di Cristo e il Padre vedendo in
ciascuno di noi il volto del Figlio ci regala sacramentalmente il Figlio. E’
un'espressione questa che vorrei condividessimo perché è il senso stesso di un
luogo di culto, partendo da un'esperienza molto semplice. Qualche volta i figli
pongono alla mamma la domanda: mamma perché devo andare a messa? E la risposta
della mamma credente è: perché insieme ai fratelli nella fede diamo corpo a
Gesù risorto. Andiamo nella comunità cristiana per gustare la presenza del Risorto.
E’
molto bello come le chiese antiche abbiano conservato questo modo di vedere. La
mentalità francescana del basso Medio Evo ha rovinato questa mentalità, dove le
devozioni sono diventate il valore e la devozione è stata dimenticata. E’ la
bellezza di quello che Giovanni ci ha detto né su questo monte né in Gerusalemme... viene l'ora ed è questa: la
presenza attiva della sua persona. Essere chiesa è essere convocati a essere
sacramento del Risorto. Se noi non avessimo la gioia di gustare la presenza del
Risorto noi non saremo qui in chiesa. Ecco perché dicevo prima che potrebbero
cadere tutte le mura ed essere chiesa! Ora come noi possiamo entrare in questa
esperienza di comunione nel Risorto e con il Risorto? Andiamo sempre al rito
fondativo della nostra esistenza: io ti battezzo nel nome del Padre del Figlio
e dello Spirito Santo, che significa. "Ti introduco nella comunione del
Padre, del Figlio e dello Spirito Santo". San Cipriano definiva la chiesa
un popolo convocato: Nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo. Il
battezzato è la chiesa vivente. E’ una verità che dovremmo continuamente
acquisire nella profondità della nostra esistenza e questa esperienza avviene attraverso
tre passaggi interiori:
prendere
coscienza che senza il Cristo non abbiamo identità,
il
Cristo lo cogliamo nella fraternità credente,
questa
fraternità sacramentale è pregustazione della Gerusalemme celeste.
Dovremmo
essere coscienti che siamo Trinità vivente, che siamo relazione divino-umana,
siamo l'esperienza di comunione nell'atto stesso di essere discepoli. Su questo
sfondo comprendiamo chi sia il devoto. Egli è colui che canta continuamente la
gioia di appartenere alle tre Persone Divine. Quando il testo della seconda
lettura ci ha parlato di una “pietra”, ha detto che noi siamo il Cristo vivente.
In
questo dedicare una chiesa è far prendere coscienza innanzitutto che siamo
luogo trinitario come persone, persone che si radunano per gustare il senso
della vita, e il senso della vita è questo Risorto. Entriamo nella nube dello Spirito
che è fraternità, e gustiamo insieme l'oggi del Risorto per poter dire: Abbà -
Padre! questa è la chiesa viva, popolo convocato nel nome del Padre del Figlio
e dello Spirito Santo. La conseguenza ovvia è che né in Gerusalemme, né sul
monte Garizim vedremo sacramentalmente il Padre perché Dio non abita in luoghi,
ma abita la comunione delle persone.
E’
molto bello come Giovanni affermi che dove non c'è comunione non c'è il Risorto,
o meglio c'è il Risorto ma nessuno lo vede. Dobbiamo sempre ricordare l'essere
chiesa fraternità che cammina nello Spirito Santo, che è l'atmosfera nella
quale noi viviamo in attesa della Gerusalemme celeste. Le dodici fiammelle che
vedete sulle mura è la Gerusalemme del cielo dell'Apocalisse, quando noi saremo
partecipi della gioia di quei 144.000 che seguono l'Agnello ovunque vada: è la
gioia del Paradiso: siamo comunione che pregusta il paradiso. Ecco perché la
celebrazione di una dedicazione non è ricordare un luogo, ma è diventare
fraternità. Quando il vescovo dedica una chiesa dice: in quella comunità c'è
comunione. Se in quella comunità non ci fosse comunione il vescovo non
dedicherebbe mai una chiesa, e non la può dedicare, perché la bellezza della
chiesa è la fraternità dove ognuno secondo il dono dello Spirito esercita il
suo sacerdozio per l'edificazione comune.
Ecco perché sarebbe bello si togliessero tutte le candele, tutte le statue dei santi della chiesa, perché l'assemblea ha un unico punto di riferimento: il Risorto che, nella nube della Spirito Santo, fa gridare: Abbà – Padre! Questa è la chiesa. Se noi non viviamo questo mistero siamo come i pagani. E’ la novità di Gesù. Quando ci ritroviamo nell'Eucaristia godiamo l'ebbrezza d'essere chiesa, siamo l'incarnazione del Risorto in mezzo a noi! Come sarebbe bello se dopo la celebrazione eucaristica potessimo respirare quella fraternità per la quale Gesù ha regalato la sua vita. Allora i riti sarebbero semplici, i canti modesti, il cuore luminoso! Perché nulla ci deve distrarre dalla presenza del Risorto che attraverso la nostra comunità qui riunita ci fa gustare la sua bellezza d'abitare nella Santissima Trinità. Ecco perché abbiamo iniziato questa celebrazione nel nome delle tre Persone Divine e concluderemo con queste tre Persone Divine la nostra celebrazione. Viviamo questo mistero: questa è la chiesa. Viviamo questo mistero nella semplicità in modo da camminare nella vera fraternità. Ecco perché Gesù ci dice: Prendete e mangiate, prendete e bevete, gustate sacramentalmente la mia gioia di fare comunione con voi. Entriamo in questa meravigliosa esperienza. Quando veniamo in chiesa, non lasciamoci distrarre da tante cose esteriori: stiamo insieme, gustando la presenza della Trinità beata e allora lentamente celebrazione dopo celebrazione crescerà in noi la nostalgia di quel paradiso nel quale ognuno di noi sarà veramente chiesa: cantare all'Agnello con quelle vesti candide dello Spirito Santo gustando eternamente il volto di Dio Padre.
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