31 ottobre 2021

XXXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO B -

Dt 6,2-6        Eb 7,23-28   Mc 12,28b-34

OMELIA

Essere discepoli del Signore vuol dire continuamente porci nell'atteggiamento che questa mattina il Maestro ci ha indicato: Ascolta Israele! È il testo con il quale abbiamo accolto la parola della Sacra Scrittura dell'Antico Testamento. Il centro della vita cristiana si è sedimentato in quel “Ascolta Israele!” perché la bellezza del cammino nella fede è essenzialmente ascoltare. Su un simile orizzonte ci si pone la domanda: Qual è il vero comandamento della vita su cui si costruisce ogni istante e da cui ogni istante continuamente è vivificato? La risposta è in quell'Ascolta! In questo “Ascolta” si evidenziano tre momenti fondamentali sui quali possiamo costruire la nostra esistenza:

la convinzione che noi siamo un dono,

che questo dono lo viviamo in rendimento di grazie,

attraverso un'intensa esperienza di supplica.

Queste tre dinamiche nascono dalla verità dell'ascolto. Innanzitutto il primo elemento da evidenziare è che noi siamo gratuità divina. Infatti cosa vuol dire ascoltare, in un contesto nel quale noi ci chiediamo quale sia il senso della nostra identità, se non l’entrare in un mistero più grande? Nell'Antico Testamento noi siamo chiamati a gustare le meraviglie di Dio nell’Esodo, nella nostra vita cristiana a contemplare il volto di Cristo -sommo sacerdote- come abbiamo ascoltato dalla Lettera agli Ebrei, nell'ambito della nostra vita la convinzione di essere abitati dal Risorto. Il criterio di fondo dell'ascolto è l'ammirazione per la bontà di Dio. Se noi vogliamo ritrovare noi stessi, se vogliamo riscoprire la bellezza della nostra vita dobbiamo essere ricchi di commozione davanti alla creatività divina, è quel silenzio interiore che diventa contemplazione. Gesù non ci ha dato dei comandamenti come noi li intendiamo… fai questo, fai quello, fai quest'altro… perché Dio ama la nostra libertà. La bellezza del comandamento fondamentale è quella di lasciarsi affascinare dalla persona di Gesù come il valore fondante dell'esistenza. Noi non siamo dei praticanti, siamo dei credenti e il credente è un affascinato dal mistero di Dio che in Gesù è vero Dio e vero uomo. Ecco perché il cristiano quando vuole essere veramente se stesso si pone in stato di contemplazione, fuori da sé, per gustare il bello che gli viene regalato. Il cristiano ha il gusto quotidiano delle meraviglie di Dio. Ecco perché il Signore non dà nessun comandamento, ci offre qual sia il senso della vita: "Ascolta! Prendi coscienza del mistero che è la tua esistenza".

Davanti a questo primo atteggiamento a cui Gesù ci richiama questa mattina con quel Ascolta Israele! nasce il secondo aspetto, il rendimento di grazie: fare della vita un canto continuo di gratitudine! L'uomo quando ha la semplicità di rientrare in se stesso e si sente capolavoro, in quel momento ha la gustazione della bellezza di Dio! L'agire del cristiano è un continuo rendimento di grazie. Davanti agli interrogativi della fede oggi si mettono in luce appunto questi due atteggiamenti: la bellezza della fede nasce dallo stupore e si costruisce nel rendimento di grazie, nella gratitudine che diventa il senso della vita. Noi qualche volta pensando in modo tradizionale ai comandamenti... devo fare, devo fare..., quel verbo “dovere” non appartiene al Vangelo. Al Vangelo appartiene la gustazione dello stupore nel rendimento di grazie, il cristiano è un vivente rendimento di grazie. Di fronte a questo grande orizzonte che ci dona la vera libertà del cuore, noi siamo pienamente consapevoli dei limiti all'interno della nostra esistenza, e in tale situazione interiore diventiamo supplica. La supplica è l'espressione dell'uomo fragile che dice: vieni in aiuto! La supplica nasce dalla commozione-rendimento di grazie. Noi siamo profondamente convinti che la nostra storia è un capolavoro di Dio. Se noi chiedessimo a Gesù che cosa dobbiamo fare, ci direbbe semplicemente: “Gusta la mia presenza dimenticando te stesso. Abbi la gioia di essere un capolavoro e nella tua povertà supplica continuamente!” Allora quando l'uomo supplica è avvolto dalla gratuità di Dio e canta la gratitudine. E' molto bello osservare come Gesù, davanti alla domanda dello scriba, abbia risposto: il primo comandamento è Ascolta Israele! che si ritraduceva nell'Antico Testamento nel rito di olocausto: l'uomo che ascolta con animo ammirato e, nella sua vita, continuamente rende grazie nella coscienza della propria povertà è il sacrificio che Dio gradisce.

Gesù, se lo guardiamo attentamente, non fa mai una registrazione di quello che facciamo, o di quello che non facciamo, il Signore nella sua verità guarda l'atteggiamento di fondo e l'atteggiamento di fondo sono le tre parole che abbiamo ricordato, esperienza nella gustazione, nell’ammirazione, commozione nel restituire con gratitudine a Dio la bellezza della vita coscienti dei nostri limiti. Ecco perché la bellezza di ritrovarci in questa Eucaristia è ritrovare questa bellezza. Di conseguenza intuiamo come il vero comandamento su cui costruire la nostra storia quotidiana è nient'altro che ciò che Gesù ci dice: “Vivi il mistero che sei tu” e nel momento in cui ci dice “Vivi”, il parametro a cui richiamarci è il mistero che siamo ciascuno di noi. E poiché Gesù è vero Dio e noi siamo tutta gratuità divina, in Gesù amiamo il Padre con tutto noi stessi e poiché Gesù si è fatto uomo diventando uomo con gli uomini e, come Gesù, amiamo l'essere uomini. E’ una meravigliosa sintesi, Gesù è semplice. "Guardate a lui come dice il Salmo e sarete raggianti", che vuol dire che il nostro volto si illuminerà e allora la vita si semplificherà. L'uomo storico complica ciò che è semplice, il credente rende semplice ciò che è complesso. Entriamo in questa profonda esperienza interiore senza della quale tutto diventa struttura, diventa cosa esteriore. Certi atteggiamenti gratificano la psicologia dell'uomo ma non costruiscono l'uomo. In questa Eucaristia ci siamo radunati in questa assemblea perché vogliamo gustare lo stupore delle meraviglie di Dio e allora quando l'uomo è nello stupore diventa poeta, diventa canto, diventa speranza e non ha paura degli errori che lo possono accompagnare nel cammino della vita perché nello stupore si è sempre perdonati. Ecco la grandezza dell’Eucarestia che celebriamo, non è un semplice rito ma noi siamo chiamati a coniugare poeticamente nel linguaggio di questo rito quei tre sentimenti. Se noi riusciremo a costruire così la nostra esistenza, allora ci accorgeremo che essere cristiani non è appartenere a tante organizzazioni , che sono legate al tempo e allo spazio -oggi ci sono domani non ci sono più-, ma vuol dire gustare la bellezza di appartenere a questo Signore nel quale noi già viviamo l'eternità beata nella certezza che se noi regaliamo al Signore, con gratitudine, la nostra vita e la regaliamo nello stesso tempo ai nostri fratelli noi realizziamo la nostra identità personale. Ecco allora anche a noi Gesù direbbe: “Ecco non sei lontano dalla fecondità del regno” perché questi tre sentimenti rappresentano la bellezza della vita. Ritrovandoci per questa particolare circostanza festiva noi entriamo nel mistero di Gesù, siamo qui nell'Eucaristia, lui Gesù è il Signore e nel momento in cui intensamente viviamo di lui che è il Signore la vita diventa semplice, tutto diventa bello, tutto diventa buono. Questi siano i sentimenti che vogliamo incarnare in questa Eucaristia. In Gesù, sommo sacerdote, veniamo condotti a elevarci alla comunione con il Padre perché in lui e con lui possiamo veramente gustare la bellezza e la profondità della nostra vita cristiana.


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