Dn 12,1-3 Eb 10,11-14.18 Mc 13,24-32
OMELIA
Gesù convocandoci ogni domenica attorno a sé ci fa prendere sempre
più coscienza e consapevolezza che egli è in mezzo a noi e il linguaggio che
abbiamo poc'anzi ascoltato sia dal profeta Daniele che dal Vangelo di Marco ci
immette in una mentalità cara alla tradizione dell'Antico e del Nuovo
Testamento. Quando Dio appare, appare nell'oscurità. È quel genere letterario che
permette all'uomo di intuire una grossa verità: quando le cose pare vadano male,
e noi abbiamo la sensazione di essere nel buio, in quel momento affiora la
luce. È quella che noi chiamiamo la virtù della speranza che è il motore della
vita nella quotidianità. Cerchiamo di comprendere, alla luce della Parola che
abbiamo ascoltato, cosa voglia dire essere uomini di speranza. Qualche volta
quando parliamo di speranza abbiamo di essa una visione molto limitata che noi
ritraduciamo con questa espressione: speriamo che domani le cose cambino. Ma la
speranza è ben altro, la speranza è un presente, è vivere in intensità il
presente come esperienza di una Presenza. L'oscurità della storia è luce di
eternità, la speranza è la bellezza di vivere in pienezza il presente come il valore
fondamentale della vita. Ma come noi possiamo costruire nella speranza il
presente, in modo che al di là delle tribolazioni storiche abbiamo la coscienza
di qualcosa di grande che abita in noi?
E allora tre passaggi ci possono aiutare
- riuscire a
comprendere il tempo come il luogo del venire di Dio,
- lo scorrere del
tempo come una incarnazione continua dell'amore divino,
- il susseguirsi
delle ore come sacramento della presenza di Dio.
Noi spesse volte quando camminiamo nella storia pensiamo agli
avvenimenti che si susseguono, e quando noi abbiamo una visione della storia
come avvenimenti che si susseguono, siamo nel buio. Che senso ha il cammino
nella vita? Nell'ordine della fede, la speranza è la coscienza che stiamo
vivendo un Sacramento: il tempo è il sacramento di una presenza, e quando noi gustiamo
il tempo come il sacramento di una presenza, noi ci accorgiamo, il fiorire
dell'eternità beata. Il cristiano gusta la vita vivendo in profondità il
presente. Non per niente nella visione propria del Nuovo Testamento non c'è la
successione delle virtù teologali che noi diamo tante volte: fede, speranza e
carità. Se noi guardiamo attentamente il Nuovo Testamento la successione è: la
fede nel Signore Gesù Cristo, la carità verso i santi, nell'attesa della
speranza di chi attende nei secoli. La speranza è la dinamicità di Dio nel
concreto della vita, la speranza è dare valore all’oggi: anche se sono nel buio sono nella luce. Diversamente la speranza
diventerebbe un'illusione.
Il primo elemento che questa mattina la Parola ci insegna è quello
di riuscire a riscoprire la bellezza e la pregnanza dell'istante presente. Vivere
il presente è un Sacramento, è un segno visibile di un Invisibile che avvolge e
determina la nostra vita, e allora se noi partiamo da questo primo elemento ecco
che, nel presente, noi sviluppiamo il desiderio. Ecco perché Gesù ci ha parlato
di quella parabola della pianta di fico che lentamente è segno di una vitalità.
Vivendo in intensità l’istante, noi veniamo condotti a costruire il futuro. Potremmo
dire che la vita è la somma dei tanti “presente”, e se l'uomo riesce a cogliere
questa bellezza non si pone più il problema del domani perché il domani sarà di
nuovo il presente. È quella vitalità interiore che dà senso alla vita. Oggi si
sottolinea che la grande virtù che dà forza all'uomo contemporaneo di fronte
alla complessità delle vicende storiche è la speranza. La speranza poi non delude dice Paolo perché l'amore di Dio è stato riversato nei vostri cuori per mezzo
dello Spirito Santo che ci è stato donato. La speranza è un propellente
divino che anima l’uomo, è la bellezza dei grandi ideali che permettono
all'uomo di costruire il presente in un grande spazio di orizzonte infinito. E
tutto questo perché siamo nella pienezza di Dio.
Ecco perché il cristiano ha la gioia dell’oggi, la gioia dell’oggi
come la gioia di un presente che è pieno del divino. Quando viviamo il presente
immersi nel divino, siamo già eternità beata. Infatti come noi riusciamo a
vivere il desiderio? L'uomo è il suo desiderare e tale situazione esistenziale
si vive attraverso qualcosa di grande che entra in noi e ci dà la forza, anche
nelle delusioni storiche, di qualcosa che in noi è attivo e operante e ci fa
respirare, qualcosa che ci dà il coraggio e la fiducia della vita. Ecco perché
il cristiano è nella speranza. Usando la bella immagine che si richiama
all'evangelista Giovanni e all'apostolo Paolo: noi siamo figli della luce
perché abitiamo nella luce nonostante le tenebre che ci circondano.
Quando noi riusciamo a entrare in questo tipo di lettura, ci
accorgiamo che la vita assume connotazioni diverse. L'uomo dei nostri giorni è
pieno di paura davanti al mistero della morte. Il credente ritrova la bellezza
della sua vita perché canta la vita. Oggi si dice: come si può veramente dare
testimonianza a questa bellezza della fede che genera speranza, se non la
convinzione, il nostro istante, quello che stiamo vivendo, è il primato della
vita. Ecco perché la Chiesa non celebra mai la morte, la Chiesa celebra la vita.
La vita pur nella sua complessità è un mistero che ci permette di essere noi
stessi. Pur trovandoci nei marosi, abbiamo il coraggio di vivere. Ecco perché
il Signore ha regalato alle nostre persone i linguaggi della speranza: la bellezza
del cantare, la fecondità della musica, il gaudio dell'arte, la fantasia del
sognare… Tutti elementi all'interno della nostra persona che sono stati
seminati dal Dio creativo che è in noi perché siamo uomini di speranza!
Ecco perché si dice che la creazione è sottoposta sì alla grande tribolazione, ma in vista del costruire la speranza, una certezza di qualcosa che è più grande di noi e che ci permette di costruire la vita con fiducia. La speranza non è un possibile domani, ma il coraggio dell'oggi! E allora unendo tanti “oggi” noi riusciamo a percepire che la vita è un cammino quotidiano dove noi ci inebriamo della grandezza divina per poter camminare in pienezza verso una grandezza meravigliosa che non conosciamo, ma sappiamo che esiste perché in questa pienezza noi già stiamo vivendo. Allora la parte finale del Vangelo non ci preoccupa. Noi non sappiamo quando il Signore verrà nella gloria, né ci interessa, noi gustiamo la bellezza dell'esistere, assaporiamo il momento presente; poi quando il Signore verrà, lasciamoli la libertà di scegliere, ciò che per noi conta è vivere la sua presenza vivendo il tempo come Sacramento di un dialogo diuturno tra eternità e storia, tra la bellezza di Dio e l'uomo che brama questa bellezza, è qualcosa che è dentro di noi. E tutto questo noi lo stiamo celebrando nell'Eucaristia. L'Eucaristia è la speranza celebrativa. Riandiamo sempre a quell’espressione che sempre citiamo nel rito della messa Beati gli invitati alla cena delle nozze dell'Agnello. L'Eucaristia è questo invito al banchetto dell'Agnello, la Presenza! In quel momento che noi accogliamo quel pane, l'eternità si rafforza in noi, il desiderio di una pienezza di vita si dilata, per cui quando noi torniamo a casa troviamo la forza per camminare nell'imprevisto sapendo che siamo in una certezza. Cielo e terra passeranno ma le mie parole non passeranno perché Lui è la parola! Lui è la luce, Lui è la forza dell'istante! Se noi riuscissimo a intuire la bellezza di tutto questo, la vita pur con tutti i suoi marasmi esistenziali è qualcosa che abbiamo dentro di noi e che sta fiorendo e che ci dice che vale la pena di vivere pur nella tribolazione perché qualcosa di grande è nella tua storia, è nella tua persona: c'è la creatività delle tre Persone divine: il Padre il Figlio e lo Spirito Santo che stanno creando in ciascuno di noi la bellezza di un'eternità sacramentalmente che esistenzialmente stiamo già vivendo. Entriamo in questo mistero e allora saremo veramente persone che amano la vita così com'è, perché sussiste la speranza di amare la vita in un grande sogno che avvolge le nostre persone e ci dà l'ebrezza di camminare, in attesa che si riveli quello che intensamente desideriamo: Gesù in noi in tutta la sua luminosità del paradiso.
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