Dn 7,13-14 Ap 1,5-8 Gv 18,33b-37
OMELIA
La Chiesa, attraverso la celebrazione odierna della solennità di
Gesù Re dell'universo, vuol portarci a contemplare la pienezza, il compimento
della realtà della storia, per entrare nella luminosità della meta della nostra
esistenza. L’uomo, nel travaglio quotidiano, si pone tanti interrogativi
davanti al senso della vita, ma soprattutto davanti alla grande meta della sua
esistenza. Uno degli interrogativi più profondi all'interno della creatura
umana è quello di percepire qualcosa di quella meta che è all'interno della sua
persona e che avrà domani la sua realizzazione. Credo che la parola che abbiamo
ascoltata ci possa aiutare a illuminare questo orizzonte per ritrovare la
speranza. Ed è interessante come davanti al dialogo che si intrattiene tra
Pilato e Gesù appare quella parola sulla quale vogliamo insieme soffermarci:
testimoni della verità.
Gesù davanti all'interrogativo di Pilato afferma di se stesso io sono re. Per questo io sono nato e per
questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è
dalla verità, ascolta la mia voce, e
in queste semplici espressioni noi troviamo la grande risposta che nella fede noi
abbiamo al senso della meta della nostra esistenza: cos'è la verità? È la profonda e stimolante domanda
che non c’è nel brano evangelico che abbiamo ascoltato, ma che viene subito
dopo, quando Pilato pone a Gesù l'interrogativo: cos'è la verità? E in questa
espressione c’è tutto il senso della vita dell'uomo.
Chi è Gesù? Egli è colui che è entrato nella storia per regalare
all'uomo la bellezza della comunione divina per costruire la fecondità della
comunione umana. Gesù è la pienezza divina entrata nella storia per regalare
all'uomo la bellezza della sua umanità. Gesù è la verità perché è entrato nella
storia per dire all'umanità che essa è chiamata a essere una fraternità. La
verità non è una conoscenza, la verità è un modo di costruire la vita in stato
di comunione. In questo noi intuiamo che quando noi ci poniamo la domanda del
senso della meta della nostra esistenza dobbiamo sempre partire dall'origine e
l'origine è la meravigliosa comunione che esiste tra il Padre e il Figlio.
Questo, Giovanni lo aveva ben detto nel suo prologo, il Verbo si è fatto carne e venne ad abitare. Gesù è entrato nella
storia per dare all'uomo il senso della vita: essere comunione fraterna, a
immagine della vita trinitaria.
Ecco perché Gesù in un altro luogo dice Io sono la via, la verità e la vita: la vita è la pienezza della
comunione, la gloria futura sarà la pienezza della vita, un'esistenza tutta in
comunione tra Dio e gli uomini. Per giungere a questa meravigliosa esperienza Gesù
è il grande tramite: ci regala la bellezza della nostra esistenza come un
capolavoro di comunione.
Quando noi ci poniamo la domanda del senso della nostra storia
dobbiamo imparare sempre a dire che l'uomo è chiamato a essere fraternità, l'uomo
non vale per quello che fa, per quello che dice, ma l'uomo vale per quello
stile di comunione nel quale costruisce il suo istante. Ecco perché la festa di
oggi ci ha portato ad ascoltare la testimonianza di Gesù davanti a Pilato, per
farci intuire che davanti alla domanda di fondo - Qual è la metà della mia vita?
- la risposta possa essere questa: vivere la fraternità, diventare
progressivamente un luminoso “noi”. Tutto ciò che l'uomo fa, tutto ciò che
l'uomo costruisce istante per istante è per gustare la maturazione di questa
volontà essenziale, diventare progressivamente un “noi”! L'uomo è vero quando
si sente fratello e sorella nel costruire la vita quotidiana. Ecco allora un
primo elemento che noi possiamo cogliere davanti al mistero della regalità di
Gesù: egli ci ha regalato la comunione che aveva con il Padre. L'uomo è nato
dalla comunione del Padre con il Figlio, il Figlio è entrato nella storia per
rivelarci questa esperienza. Dove c'è fraternità lì c'è la fede, dove c'è
fraternità lì c'è l'uomo, dove c'è fraternità si cammina in novità di vita.
E allora la seconda affermazione che Gesù rivolge a Pilato: chi è dalla verità ascolta la mia voce.
La bellezza della vita sta nella gioia spirituale di ascoltare. Se
la vita è un grande dono che ci viene dall'alto e che noi elaboriamo
continuamente attraverso l'impegno di comunione fraterna, la bellezza della
comunione è ascoltare, dove l'ascolto è lo sviluppo progressivo di una
fraternità. Ascoltare non è udire, ascoltare è il desiderio all'interno
dell'uomo di comprendere il senso della sua e altrui esistenza, di scoprire le
dinamiche più profonde della sua personalità, è entrare nel profondo del suo
essere per essere autentico!
L’uomo è grande perché ascolta e l'ascolto è direttamente
proporzionale a come si elabora una vita di fraternità. Il dramma dell'uomo è
interpretare, e nell'interpretazione l’uomo facilmente cade nel suo
soggettivismo; nell'ascolto, dove c'è comunione c'è accoglienza, c'è
reciprocità, c'è attenzione, c'è costruzione dell'uomo nuovo. Ecco perché la
festa di Cristo Re è la festa nella quale noi entriamo nella pienezza della
nostra esistenza, che è un cammino di comunione fraterna, in un ascolto
reciproco. Chi ascolta sta amando, chi ascolta brama la fraternità. Quando
viene meno questo atteggiamento di fondo l'uomo difficilmente è se stesso. Ecco
perché Gesù ha detto il mio regno non è
di questo mondo: l'identità dell'uomo nasce dal Padre, si rivela in Gesù,
perché l'uomo tutti i giorni e di tutti i tempi possa costruire in autenticità
la sua vita. Allora risuonano immediatamente alle nostre orecchie quello che
abbiamo ascoltato all'inizio dell'Apocalisse, con quella affermazione che è
l'affermazione di fondo della vita cristiana: Io sono l'Alfa e l'Omega, il Primo e l'Ultimo, il principio e la fine,
il Vivente!
Ed è molto bello come questo testo che noi abbiamo ascoltato
dall'Apocalisse costituisca l'introduzione della grande Liturgia eucaristica
della Gerusalemme celeste. Quando noi ci ritroviamo nell'Eucaristia abbiamo la
stessa identica affermazione Io sono l'Alfa
e l'Omega, il Primo e l'Ultimo, il principio e la fine, il Vivente!
La bellezza di ritrovarci nel mistero eucaristico è la bellezza di
ritrovarci in questa fraternità, nella semplicità di creare incontro di persone
che in Cristo Gesù, vero uomo, ritrovano veramente se stesse.
La festa di oggi deve essere uno stimolo a una grande speranza:
l'uomo è chiamato a costruire la sua esistenza generando fraternità in quella
reciprocità di ascolto che permette ad ogni uomo di essere se stesso. Credo che
questa mattina il Signore convocandoci attorno a sé in questa Celebrazione
eucaristica ci voglia dire una cosa molto semplice: impara ad ascoltare, ama
essere fratello con i fratelli e allora costruirai la tua vita in autenticità.
Ecco la regalità di Cristo! Poniamoci perciò in questo profondo atteggiamento
interiore e allora il presente è l'attualità del futuro, e il presente è la
grande speranza, è il canto per una grande meta, un grande desiderio che l'uomo
sia finalmente se stesso. Celebrando questo evento eucaristico ritroviamo
questa bellezza, e riscopriamo l'itinerario esistenziale in modo che se ci
poniamo la domanda: - Chi sono? - ci poniamo davanti a Gesù che ci dice: Io sono la verità, la comunione che
ogni uomo è chiamato a vivere per essere veramente uomo secondo il progetto di
Dio.
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