Tese la mano e lo toccò dicendo: ”Lo voglio: sii purificato!”
30 giugno 2023
29 giugno 2023
Oggi, qui, Dio ci parla...
Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente
La vita è una costante professione di fede nel mistero che
avvolge la nostra esistenza per crescere in una profonda maturazione
spirituale.
Padre, il tuo Figlio Gesù è il centro della nostra storia da
tutti i punti di vista. In lui riscopriamo la fecondità dell’esistenza.
Inondaci della potenza dello Spirito Santo perché sappiamo fare di ogni nostro
istante una professione di fede nel tuo amore che non conosce tramonto. AMEN
28 giugno 2023
25 giugno 2023
XII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO A
Domenica 25 giugno 2023
Ger 20,10-13 Rm5,12-15 Mt 10,26-33
OMELIA
Gesù domenica scorsa ci regalava
la gioia di essere persone di speranza. Nel travaglio della storia Lui è
presente, ci guida, ci sorregge, ci conduce verso la pienezza della gloria e
questa speranza oggi viene rimarcata ulteriormente attraverso la riscoperta di
una delle parole che l’uomo di oggi ha dimenticato: il senso della Provvidenza.
La bellezza della vita dell'uomo è essere nelle mani di Dio; concetto questo
caro a Giovanni “Siamo nelle mani di Gesù”. E questo concetto-coscienza di
Provvidenza noi lo percepiamo da tre angolature molto chiare. È sempre bello
andare al racconto della creazione, per intravedere come nasca l’uomo e ci
accorgiamo che nasce dallo spirito creativo di Dio. L’uomo ogni volta che
respira è un uomo creato e la creazione è il respiro di Dio nel cuore di ogni
uomo.
Spesse volte noi siamo molto
distratti, perché siamo tentati di costruire la vita attraverso quello che
facciamo e dimentichiamo che il principio di fondo del nostro agire è che
stiamo respirando. Noi siamo l’atto creativo di Dio, di un Dio fedele che dal
momento in cui ci ha pensati, ci ha introdotti in un itinerario di vita che
sarà l’eternità beata. L’uomo è condotto
per mano dal respiro di Dio. Questa bellezza che l’uomo comune non sempre
riesce a cogliere o a percepire, noi la cogliamo molto bene guardando a Gesù.
Spesse volte, noi dimentichiamo che la Provvidenza è l’atto di Dio che perdona,
è l’atto di Dio che dà la sua vita per noi, è l’atto di Dio che ci dice cammina. La Provvidenza, non solo è
l’atto creante del Padre, ma è anche l’atto rigenerativo del Cristo. La
bellezza di vivere nel mondo contemporaneo sta nella bellezza di essere
salvati, di essere in divenire continuamente creature nuove. La cultura di oggi
è molto pessimistica, l'uomo credente è l’uomo ottimista perché vede la propria
esistenza come luogo in cui Dio esprime la sua fedeltà al dono della vita nel
mistero di Gesù.
Siamo ogni giorno rifatti: è la
bellezza della grazia, è la fecondità dei sacramenti, è la luminosità della
fede. L’uomo si ritrova Provvidenza nella sua storicità e questa provvidenza
noi la costruiamo attraverso l’azione costante dello Spirito Santo che
illumina, riscalda, prende per mano e ci apre sull’eternità beata. La
Provvidenza è l’anima della nostra vita. Quante volte ci poniamo la domanda che
senso ha la nostra vita e la risposta è molto semplice: lasciarci condurre
giorno per giorno da un mistero trinitario verso la pienezza della gloria. Ecco
perché Gesù questa mattina ci dice che noi siamo meglio di tanti passeri, la nostra
esistenza è la bellezza creativa di Dio. Sarebbe bello se ci soffermassimo a
pensare il mistero della creazione divina nei nostri confronti, una creazione
in espansione continua fino al mistero di quella gloria eterna che ci
trasfigurerà e ci cambierà completamente in una luce veramente
incommensurabile.
A questo punto nasce l’interrogativo:
come noi possiamo veramente vivere di Provvidenza? Quali sono gli stati d’animo
che dovremmo continuamente recuperare per camminare in tale itinerario
esistenziale?
Tre sono i sentimenti che ci
aiutano in questo cammino:
-
il senso che siamo dono,
-
siamo un dono creato, ricreato e salvato,
-
la coscienza che siamo grazia.
Siamo innanzitutto mistero
dell’atto creativo di Dio che penetra nel nostro spirito e ci dà la certezza di
essere uomini nuovi: siamo un dono meraviglioso.
Sarebbe bello se potessimo dire
con Paolo per grazia sono quello che sono, in me la grazia non fu vana, e in
tutto rendo grazie. È la bellezza del secondo passaggio per ritrovare
il senso della Provvidenza: siamo una gratuità vivente. Di fronte alla domanda
chi sia il cristiano, Paolo, nella lettera ai Colossesi, dà una bellissima
definizione del cristiano: “Il cristiano è un ringraziamento vivente”.
Davanti alla coscienza che siamo
dono, ci accorgiamo che siamo un dono aperto sull’eternità beata. L’atteggiamento
dell’uomo realizzato è semplicemente dire Rendo
grazie. Vivo di gratitudine come criterio portante della vita. Quando
l’uomo rende grazie, vive in atto la fecondità di Dio. Ecco perché il secondo
passaggio per vivere questa Provvidenza, è vivere in atteggiamento di
rendimento di grazie. L’uomo di oggi, stanco di vivere, è una continua
protesta, è un brontolone e i brontoloni non hanno accesso al regno dei cieli.
Ecco allora che la bellezza di
costruire la vita come un continuo rendimento di grazia, come gratitudine costituisce
un essere in azione continua. È molto bello la sera dire grazie Signore, l'anima mia magnifica il Signore, sono un capolavoro
della tua pazienza.
Se noi cogliessimo questo secondo
aspetto nella gratitudine, l'uomo nel cammino della vita avvertirebbe la propria
povertà: ecco il senso della supplica. L’uomo povero grida, e poiché grida
nella fede, dice con il salmo “Il Signore
lo ascolta, lo libera da tutte le sue angosce”. È quella supplica interiore
che nasce dalle povertà dell’uomo e che si affida totalmente al mistero di Dio.
Qui i tre sentimenti che ci possono aiutare per costruire la vita nella Provvidenza:
il senso che siamo dono, l’esperienza della gratitudine e il coraggio della
supplica. Se noi coniugassimo queste tre dimensioni nell’unità della nostra
vita, cammineremmo ogni giorno in novità di vita. Potremmo affermare che siamo
grazia, nel mistero della creazione del Padre, siamo gratitudine di fronte
all’azione redentiva del Figlio, siamo supplica allo Spirito Santo nella
povertà del quotidiano. L’esperienza del percepire questa bellezza nella nostra
vita significa comprendere il valore della Provvidenza. Ecco perché dovremmo
sempre ripetere la frase di Paolo Per
grazia sono quello che sono, sono gratuità di Dio.
Al mattino, quando ci svegliamo,
dovremmo dire l’anima mia magnifica il
Signore. È molto bello come nel rito copto egiziano, il cristiano quando si
alzava la mattina cantava il Magnificat. In tale atteggiamento si avverte il
senso della Provvidenza che guida continuamente i nostri passi in questo
orientamento che ci porta lentamente verso quella gloria futura che è il
Paradiso. La Provvidenza è Gesù che cammina con noi per essere noi in Lui
trasfigurati. La bellezza della celebrazione eucaristica di questa mattina è
Provvidenza, per grazia siamo chiamati, per grazia il Signore ci si regala, per
grazia siamo creature nuove. Qui troviamo la bellezza della nostra vita che non
sempre riusciamo a percepire perché siamo tanto distratti. L'uomo contemporaneo
purtroppo non sempre ama la vita e non si lascia conquistare dalla vita. Non è
un semplice gioco di parole; noi siamo chiamati alla vita, a un itinerario dove
Dio è il grande protagonista per portarci verso la pienezza della gloria del
cielo. Di riflesso la bellezza della nostra vita è cantare la gratitudine
dicendo al Signore, cammina nella mia vita per renderla il tuo capolavoro.
Questo sia il mistero che insieme
vogliamo costruire in questa settimana, in modo che davanti all’apparire degli
avvenimenti possiamo dire: sono grazia, canto la mia gratitudine, sono
Provvidenza. Allora ogni nostro respiro è un atto d’amore trinitario, ogni
nostro desiderio va verso una pienezza di gloria che sarà il paradiso che
accompagnerà tutta la nostra vita.
24 giugno 2023
23 giugno 2023
22 giugno 2023
21 giugno 2023
20 giugno 2023
19 giugno 2023
XI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO A
DOMENICA 18 GIUGNO 2023
Es 19,2-6a Rm 5,6-11 Mt
9,36-10,8
OMELIA
Gesù
si presenta oggi come la speranza dell'umanità.
Contemplare
Gesù presente in mezzo a noi vuol dire ritrovare il coraggio e il gusto della
vita e Gesù ce lo rivela attraverso due passaggi che abbiamo ascoltato nel
brano evangelico: la sua compassione per l'uomo e il suo desiderio che l'uomo
sia una creatura nuova. La vocazione, infatti, degli Apostoli è quella di dare
un volto storico al cuore di Gesù vivendo in sintonia questi due aspetti: la
compassione e il donare la novità della vita.
Innanzitutto
Gesù si presenta nel testo del Vangelo di oggi come colui che ha compassione,
ma questa parola quale significato ha nella cultura scritturistica e di
riflesso antropologico? Ed è interessante soffermarci su tre passaggi perché
possiamo cogliere il senso vero della compassione: Gesù ascolta, Gesù rumina il
dramma dell'uomo, Gesù dona speranza all'uomo.
La
compassione è la sintesi di questi tre momenti sui quali vogliamo soffermarci
perché l'apostolo è colui che dà volto storico all'interiorità di Gesù. Usando
l'immagine del Vangelo, il vero apostolo vibra di compassione per l'umanità.
Il
primo elemento della compassione sottolinea la volontà di spalancare la propria
persona al mistero dell'uomo. È interessante questa dimensione iniziale della
compassione che è il mistero dell'Incarnazione: Gesù ha amato talmente l'uomo
da diventare uomo e, nell'atto di diventare uomo, ha assunto la storia
dell'uomo. È molto bella l'immagine che l'evangelista Giovanni ci offre: Ecco
l'agnello di Dio ecco colui che assume il dramma della storia per rendere nuovo
l'uomo; è una verità questa che dovrebbe semplicemente renderci più attenti
alla storia in tutte le sue dinamiche. Ci sentiamo chiamati ad avere quel cuore
puro che accoglie, spalanca la propria storia alla presenza del fratello, con
intensa purezza di cuore. Avvertiamo l’urgenza che il fratello venga
spiritualmente ad abitare in ciascuno di noi. Dobbiamo renderci conto che
l'altro, per il fatto che appare all’orizzonte della nostra storia è un dono
dello Spirito Santo. In quella compassione Gesù ha colto l'umanità nella sua
storicità concreta per potere regalare speranza.
Questo
primo elemento si costruisce attraverso il secondo passaggio, quello che
l'evangelista Giovanni chiama la “ruminazione della Parola”. Noi tante volte
siamo degli immediati davanti a una persona: agiamo in modo immediato. Gesù ci
dice che per costruire un vero cammino spirituale nella compassione, ci vuole
un secondo elemento: far sì che l'altro diventi vita della nostra vita. Gesù è
entrato in pienezza nella storia dell'uomo e nella storia dell'uomo ne ha
assunta tutta la dinamica, si fece carne, si fece storia, ha assunto nella sua
persona gli interrogativi del dramma della creatura umana. Qui scopriamo il
valore della ruminazione, è quella bellezza esperienziale per cui l'altro
diventa attivo dentro di noi. Davanti alla domanda - Come possiamo venire
incontro ai fratelli? - la risposta è molto semplice: dà loro ospitalità nel
tuo cuore, è l'incarnazione, dare ospitalità a livello personale al dramma del
fratello condividendone il dramma. È quella interiorità per cui l'uomo riesce
lentamente a percepire, per quello che è possibile, il dramma dell'altro.
Potremmo dire che è l’espressione storica della ruminazione davanti alla
rivelazione. Gesù, nella compassione, sente dentro di sé il dramma dell'uomo. Nel
termine “compassione” noi troviamo come la storia dell'uomo, entrando nel cuore
di Gesù, diventa il suo dramma interiore e, in questo dramma interiore, è
chiamato a dare speranza all'uomo: è Gesù che compie miracoli dove il miracolo
è dire all'uomo: “Non sei solo, cammina con me che sono la tua speranza!” Ecco
l’elemento che emerge dal brano di questa mattina, siamo chiamati a essere
Apostoli, a essere l'incarnazione della compassione di Gesù. Ogni fratello è
una provocazione interiore che passa attraverso la “sintonizzazione” col cuore
del fratello per coglierne il dramma spirituale e di riflesso i miracoli, che
sono i segni attraverso i quali Gesù dona la speranza all'uomo. È interessante
come i miracoli siano sacramenti del mistero di Gesù che ama l'uomo, i miracoli
sono Dio che entra nella storia dell'uomo, lo ricrea interiormente e gli dà la
capacità di assumere la positività della sua esistenza. I linguaggi di Gesù
danno sempre speranza! Ecco perché la speranza nasce da un'incarnazione che
diventa linguaggio.
È
il terzo aspetto su cui siamo chiamati a riflettere. Noi dovremmo tante volte
riuscire a intuire cosa voglia dire “comportarsi”. Non è semplicemente porre
un'azione, ma significa incarnare uno stato di vita interiore; prima di
giungere al fratello che incontriamo, il fratello, a cui giunge un grido di
aiuto, ha convertito il proprio cuore e in questa conversione nasce quella
simpatia-empatia con l'altro per regalargli la bellezza e la speranza nei
confronti della vita. I linguaggi dell'esistenza regalano continuamente
speranza e questa è la bellezza del mistero che Gesù ci vuole regalare questa
mattina: essere persone che regalano speranza, dove la speranza non è risolvere
i problemi… Noi qualche volta pensiamo che la speranza sia la soluzione ai
problemi. La speranza è dare vitalità interiore al soggetto per regalargli il
coraggio della vita; la speranza è una presenza di condivisione di un mistero
per camminare insieme nella storia quotidiana. Ecco allora che appare il
miracolo, e dove il vero miracolo è che come Gesù ha fatto, gli apostoli sono
chiamati a fare altrettanto: regalare all'uomo il coraggio di costruire una
vita in pazienza e serenità.
Credo
che questa mattina Gesù ci comunichi e condivida con noi la sua scelta di dare
speranza all'uomo; la bellezza di essere cristiani è incarnare il suo
atteggiamento di compassione attraverso i linguaggi semplici dell'ordinario
perché il fratello possa ritrovare la bellezza della sua esistenza, il coraggio
di camminare pur nelle intemperie e nelle incomprensioni e le nuvole
dell'esistenza di tutti i giorni. Ecco perché ci ritroviamo nel mistero
eucaristico, per essere accolti nella speranza di Gesù. Usando il linguaggio
del Vangelo, Gesù, incontrandoci questa mattina fa sue le problematiche del
nostro cuore. La bellezza di venire all'Eucaristia è regalare a Gesù la nostra
storia con tutte le sue perplessità e difficoltà; il Signore le fa sue nella
donazione del suo Corpo e del suo Sangue che è il mistero eucaristico per
regalarci nel suo Corpo nel suo Sangue la speranza della vita. In certo qual
modo, e questo deve entrare dentro di noi, l'Eucaristia è un miracolo continuo
e di speranza, Dio entra veramente nella nostra persona per animare la nostra
quotidianità e possiamo camminare in novità di vita. Gesù è la nostra speranza
e la speranza è la capacità di vivere l'istante con fiducia e con coraggio.
Chiediamo allo Spirito Santo in questa Eucaristia, di entrare in questo mistero
in tanta semplicità, nella certezza che l'apostolo è colui che dà un volto
storico alla compassione di Gesù perché ogni uomo possa essere se stesso, possa
ritrovare il coraggio nella vita e nonostante le difficoltà abbia la forza di
crescere in quel mondo nuovo che inizia oggi e che avrà la sua pienezza quando
passeremo da questa all'altra vita in un gaudio eterno dove la compassione
diventerà gloria, il dramma diventerà gioia, le nubi diventeranno serenità
eterna, e la luminosità delle tre Persone divine ci accompagnerà per tutta
l'eternità.
18 giugno 2023
Oggi, qui, Dio ci parla...
Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date
L’esperienza dell’uomo si
costruisce nella gratuità della propria identità e delle situazioni storiche. A
tale atteggiamento corrisponde la gratitudine che rende fecondo il dono.
Padre, la nostra esistenza è
tutta un dono, in modo particolare nell’atto di fede in Gesù Cristo. Fa che
nello Spirito Santo sappiamo cantare il tuo amore senza fine per vivere la
gioia della vera fraternità, pregustando le realtà del cielo. AMEN
17 giugno 2023
16 giugno 2023
15 giugno 2023
14 giugno 2023
13 giugno 2023
12 giugno 2023
SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO, SOLENNITÀ – ANNO A
DOMENICA 11 GIUGNO 2023
Dt 8,2-3.14b-16a 1Cor 10,16-17 Gv 6,51-58
OMELIA
La
Chiesa, dopo averci fatto gustare il mistero della Santissima Trinità, questa
mattina ci colloca nella contemplazione del dono eucaristico. Intuiamo che la
comunione con le tre Persone Divine diventa comunione eucaristica e tutto
questo attraverso il linguaggio che abbiamo colto nelle letture bibliche: il
mangiare e il bere.
Gesù
ha costruito la sua presenza in mezzo a noi attraverso l'esperienza della
convivialità. Il discorso della convivialità è costitutivo della celebrazione eucaristica,
poiché la bellezza dell'Eucaristia si colloca nel vivere la comunione con il Maestro
Divino. Ma cosa vuol dire nel linguaggio di Gesù “mangiare e bere”? E allora
alcuni passaggi che ci possono aiutare per rendere vera la volontà di Gesù:
- mangiare
e bere è l'esigenza esistenziale dell'uomo,
- mangiare
e bere eucaristico è una professione di fede,
- mangiare
e bere eucaristico è anticipazione della gloria eterna.
Questi
tre passaggi, sui quali vorremmo soffermarci, ci guidano per intuire
l'affermazione di Gesù: Chi mangia la
mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna.
Innanzitutto
Gesù, nel momento in cui ha voluto rimanere in mezzo a noi attraverso il suo
testamento eucaristico, è partito da un atto molto semplice, che possiamo
esprimere così: cosa vuol dire mangiare e bere insieme? E allora intuiamo come
il mangiare e bere insieme è condividere il senso della vita, è condividere i
principi fondamentali della relazione, è incarnare il desiderio di fare
comunione. Lo ha detto molto bene Paolo nella seconda lettura sia per quanto
riguarda il calice della benedizione sia per quanto riguarda il pane; la
bellezza del bere e del mangiare è espressione di una comunione esistenziale. Noi
qualche volta nell'Eucaristia abbiamo una visione molto individualistica “vado
a fare la comunione”. Nel discorso di Gesù, nel momento in cui ha preso
l'immagine del mangiare e del bere, troviamo un'affermazione molto semplice: la
bellezza dell'esistenza è vivere in stato di comunione. L'esperienza lo dice
molto bene: dove c'è comunione si mangia insieme, dove non c'è comunione il
mangiare diventa negativo. Ecco perché è il primo elemento a cui noi dobbiamo
fare riferimento. Gesù ci ha lasciato il suo testamento nel mangiare e bere con
noi, per dire che egli è in comunione con noi e noi siamo in comunione con lui.
Il
secondo aspetto è dato dalla presenza eucaristica, espressa nel rito del
banchetto. Noi spesso volte siamo molto concentrati su questo è il mio corpo… questo è il mio sangue, ma dimentichiamo che
il criterio di fondo del mistero eucaristico è espresso nella supplica per una
vita di feconda comunione: e a tutti
coloro che mangeranno di quest'unico pane e berranno di quest'unico calice,
concedi che, riuniti in un solo corpo dallo Spirito Santo, diventino offerta
viva in Cristo, a lode della tua gloria.
E
allora cosa vuol dire diventare comunione? E allora tre passaggi che ci possono
aiutare a vedere come l'Eucaristia sia la vitalità di comunione: la comunione
di ideali, la comunione di vita, la comunione della mentalità quotidiana. Queste
tre coordinate devono accompagnarci continuamente.
Innanzitutto
una comunione di ideali. Nel momento in cui siamo diventati discepoli di Gesù
abbiamo un unico ideale: la comunione fraterna. È interessante come andando al
Vangelo di Giovanni noi non ritroviamo le parole tradizionali della
consacrazione. L'ultima cena di Giovanni è quel Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine… Amatevi
gli uni gli altri, come io vi ho amato. Questo è il messaggio di fondo
dell'Eucaristia: la comunione fraterna. Ecco perché sia che nel rito bizantino
che nel rito ambrosiano lo scambio di pace è prima dell'inizio della grande
preghiera eucaristica, perché la bellezza del celebrare i Divini Misteri sta
nell'intensità di una comunione fraterna, e allora il primo aspetto da tener
presente è la comunione di ideali e per costruire questi ideali si rivela
essenziale la comunione di vita. Uno degli interrogativi che tante volte
possono nascere nell'approfondimento della fede è: perché siamo stati
battezzati? E noi ci accorgiamo, a livello storico, che il battesimo è nato per
celebrare l'Eucaristia: diventati il
volto vivente di Cristo, Cristo opera in noi e condividiamo la sua presenza
sacramentale.
La
bellezza dell'Eucaristia è vivere la vocazione battesimale.
Infatti
come noi possiamo celebrare l'Eucaristia se non perché siamo il volto vivente
di Gesù? Usando un'immagine, quando noi ci ritroviamo nella celebrazione
eucaristica, il Padre vede in ciascuno di noi il volto del suo Figlio e ci
regala la reale presenza del Risorto.
È
la bellezza di questa vocazione di vita che nasce dal battesimo, tant’è vero
che nel rito bizantino il bambino viene contemporaneamente battezzato,
cresimato e celebra l'Eucaristia, perché la bellezza dell’iniziazione a Cristo
è il battesimo eucaristico. Ecco allora il secondo elemento: la nostra vita è
il Cristo vivente.
E allora
il terzo aspetto è che se il Cristo è l'Eucaristia nella nostra esistenza noi
dobbiamo vivere i suoi stessi ideali: amare l'uomo dei nostri giorni, l'amore
all'uomo. Una delle grandi intuizioni del Vaticano II è quella di dialogare con
l'uomo contemporaneo, di camminare con l'uomo dei nostri giorni per coglierne
il mistero, e quindi la bellezza dell'Eucaristia è un banchetto conviviale nel
quale quelle dinamiche umane che sono il punto di partenza, diventano dinamiche
teologali, gli ideali di Gesù. Mediante le dinamiche rituali della celebrazione
facciamo fiorire la figura di Gesù in noi per avere quella sua sensibilità nel
fare le scelte di tutti i giorni. L'Eucaristia è vivere il mistero di Gesù. Dovremmo
non solo dire - andiamo a ricevere il corpo e il sangue del Signore
sacramentale - ma ci accostiamo al convito eucaristico per farci trasfigurare
nella personalità del Cristo perché possiamo crescere nella sua sensibilità,
abbiamo il suo cuore. Come il discepolo che Gesù amava, potremo avere la sintonia
con i battiti del cuore del Maestro.
Se
noi cogliessimo questo secondo aspetto della convivialità che ci trasfigura nel
mistero di Gesù, il terzo è quello più bello: il banchetto escatologico, quello
eterno, quando il Signore passerà personalmente a donarci quel gusto eterno che
è la gioia gloriosa del Paradiso. L'uomo in Cristo Gesù vive l'eternità beata
perché è un processo unico, è il senso stesso della nostra creazione,
nell'eucaristia-banchetto viviamo la bellezza della nostra esistenza umana, nell'eucaristia-banchetto
pregustiamo la bellezza dell'eternità del cielo. Gesù ha detto: Chi mangia la mia carne e beve il mio
sangue ha la vita eterna: la comunione gloriosa con il paradiso! Tante
volte alla luce della cultura contemporanea, l'uomo dei nostri giorni ha paura
davanti alla morte; il cristiano davanti alle problematiche dei nostri giorni
vive la storia con un grande desiderio di banchetto eterno, quando il Signore
personalmente passerà a servirci in un gaudio glorioso che non avrà mai alcun
confine e alcun termine. Ecco perché la festa di oggi è la presenza del Signore
risorto nella convivialità del pane e del vino, perché noi siamo uomini, siamo
discepoli, siamo già in modo incipiente gloriosi di quella eternità beata che
ci avvolgerà per sempre.
Viviamo
così questa Eucaristia nella profonda consapevolezza del grande mistero,
passando da un’Eucaristia devozionale a un Eucaristia che ci avvolge, ci
qualifica, ci crea e ci dà quel desiderio di quella bellezza eterna.
C'è
un rito nella liturgia della chiesa che tante volte noi non conosciamo neanche,
ma dà questo senso di eternità: il viatico. Nel momento in cui staremo per
morire ci sarà donata l'Eucaristia, il viatico di eternità beata, per entrare
in quella gloria che ci riempirà per sempre. Siamo stati battezzati per essere
uomini, per essere uomini eucaristici, per essere uomini che entrano nella
bellezza della gloria del cielo. Questa sia la gioia della festa di oggi,
lasciamoci trasfigurare dal Maestro Divino, camminiamo in novità di vita e con
il Maestro potremo crescere in quella bellezza luminosa che è il paradiso già
incominciato.
11 giugno 2023
10 giugno 2023
09 giugno 2023
08 giugno 2023
Oggi, qui, Dio ci parla...
Qual è il primo di tutti i comandamenti? Il primo è: Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore!
07 giugno 2023
06 giugno 2023
05 giugno 2023
04 giugno 2023
SANTISSIMA TRINITÀ, SOLENNITÀ – ANNO A
DOMENICA 4 GIUGNO 2023
At 2,1-11 1Cor 12,3b -7.12-13 Gv
20,19-23
OMELIA
La Chiesa questa mattina ci raccoglie in assemblea liturgica perché
riscopriamo il mistero della nostra esistenza, che oggi, in modo tutto
particolare, viene focalizzato nel mistero della Santissima Trinità, mistero
nel quale l'uomo ritrova la bellezza della sua vita. Occorre sempre comprendere
che in certo qual modo il mistero trinitario non è da capire, come la vita non
è da capire, ma il mistero trinitario è il vissuto di chiunque voglia essere
uomo nel tempo che scorre, desideri d’essere battezzato nella Chiesa, in attesa
della pienezza di gloria nella Gerusalemme celeste.
Dobbiamo prendere coscienza che il credere nella Trinità è credere nella
bellezza della nostra umanità. Ecco perché la Chiesa ci ha offerto come testo
biblico il brano di Giovanni Dio ha
tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in
lui non muoia, ma abbia la vita eterna, perché ogni creatura umana sia un
uomo autentico. Credere nella Trinità è credere nella bellezza della nostra
umanità e questa visione la possiamo cogliere in tre passaggi: l'uomo come uomo
è il vivente mistero di Dio, e nella bellezza della scelta della fede diventa
il mistero trinitario dentro di noi, in attesa di quella pienezza quando nella
Trinità saremo pienamente trasfigurati.
Innanzitutto il punto di partenza sta nel fatto che l'uomo, come uomo, è un
capolavoro trinitario. Infatti riandiamo sempre a quella espressione della
creazione nel libro della Genesi: Facciamo
l'uomo a nostra immagine e somiglianza, facciamo l'uomo pienezza del nostro
mistero di amore. In quel plurale facciamo
l'uomo a nostra immagine noi cogliamo il darsi della pienezza di Dio
creando l'uomo. Infatti quando noi ci poniamo la domanda - chi sia l'uomo - e
con ammirazione ci poniamo davanti a tale mistero noi cogliamo tre sue
caratteristiche: l'esistere, il pensare e l’amare. Queste tre caratteristiche
dell'uomo che sono il riflesso della ricchezza presente nella Santissima
Trinità, sia che lo sappiamo, sia che non lo sappiamo. Dovremmo intuire che
quando vediamo un uomo, egli è la presenza della Trinità; infatti la gioia di
esistere è dono del Padre. Noi tante volte camminiamo nella vita, ma non
abbiamo quello stupore davanti all'esistenza e lo stupore davanti all'esistenza
è l'atto creante del Padre; l'uomo è un capolavoro creato dal Padre.
Questo Padre poi fa di noi uomini pensanti, uomini che vedono il reale e
approfondiscono il suo mistero. Ecco allora la presenza del Verbo secondo la
visione del prologo giovanneo: tutto è
stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò
che esiste. La bellezza dell'uomo capolavoro scaturisce dell’azione di
Gesù. Quando il Padre - dicono i padri Greci - creò l'uomo ebbe come modello il
Verbo incarnato, perché l'uomo fosse immagine di Gesù, facciamo l'uomo a nostra immagine. Quando noi entriamo in questa
bellezza l'uomo agisce, l'uomo respira, l'uomo cammina nella storia… e in
questo vediamo l'azione dello Spirito Santo! Lo Spirito Santo è l'atto creativo
di Dio: pensati nel Padre, nel mistero di Cristo creati, nello Spirito Santo
agiamo, e questo in forza della bellezza della nostra natura. Ecco perché il
Salmo ottavo davanti all'uomo è ricco di stupore, mentre ci fa sperimentare la
gioia di esistere! L'uomo di oggi ha difficoltà a capire la bellezza e la
profondità della sua esistenza perché corre, è superficiale, è fonte di
preoccupazioni continue e non si ferma un istante per dire - chi sono io?
Viviamo di stupore sempre e cresceremo nella fecondità della fede: O Signore, nostro Dio, quanto è grande il
tuo nome su tutta la terra. Con
tale atteggiamento contempliamo la bellezza di essere uomini. La Trinità
ci aiuta a diventare sempre più uomini, a scoprire il mistero della nostra
esistenza. Possiamo per un momento riflettere: ogni volta che respiriamo
viviamo nello Spirito Santo, incarniamo l'amore del Padre per agire come Gesù.
L'uomo non è un solipsista, l'uomo dinamicamente deve espandersi nella
Trinità. Quando si dice che l'uomo è il frutto delle relazioni è perché l'uomo
vive la dinamicità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo e questa
bellezza creatrice diventa grande nel mistero della redenzione. A quel facciamo l'uomo a nostra immagine e
somiglianza segue quel io ti
battezzo nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo, la Trinità
entra in relazione con noi. Noi tante volte non abbiamo il gusto di questo
grande mistero. L'uomo se come uomo è già Trinità vivente attraverso la
bellezza e la fecondità della fede si ritrova Sacramento delle tre Persone
Divine: esistiamo nel Padre che dall'eternità ci ha amati, costruiamo la vita
imitando il Cristo che abiti in noi perché egli sia il signore della nostra
storia e abbiamo quella creatività inesauribile dello Spirito che ci fa
respirare. Come sarebbe bello se a livello interiore quando camminiamo nella
storia dicessimo: sono sacramento delle tre Persone Divine, avere gli
auricolari nel cuore per ascoltare i pensieri del Padre, gustare la vitalità
del Figlio, camminare nelle energie dello Spirito Santo, è la bellezza della
nostra esistenza. Ecco perché il cristiano quando vuole entrare nella
profondità della sua esistenza canta la bellezza della creazione, della
creazione redenta e rigenerata. La festa di oggi è la festa della gioia della
vita da costruire da cristiani: passeggiamo con la Santissima Trinità.
Il risultato di questo meraviglioso dialogo, nel quale l'esistenza ci
colloca, fa sì che noi ci apriamo al meraviglioso orizzonte della nostra
esistenza quando saremo immersi nella Trinità beata in paradiso. Creati dalla
Trinità nella Trinità viviamo per essere trasfigurati nella bellezza
trinitaria.
Spesse volte distratti dalla storia, dimentichiamo la bellezza di questa
grande verità; se noi riuscissimo a percepire nel cammino della fede quotidiana
il gusto di questa presenza del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, ci
accorgeremmo che nascerebbe in noi un grande desiderio di pienezza di gloria e
non conosceremmo la morte, ma l'apertura sulla vita in una pienezza di
esistenza quando Dio sarà tutto in ciascuno di noi. Qui troviamo la bellezza
della nostra storia. Fatti a immagine di Dio, introdotti nel mistero trinitario
del battesimo, in paradiso noi potremo camminare in un mistero di gloria che
non si esaurirà mai.
E’ molto bella la preghiera della Chiesa davanti a una persona che muore: “Parti, anima cristiana, da questo mondo, nel
nome di Dio Padre onnipotente che ti ha creato, nel nome di Gesù Cristo, Figlio
del Dio vivo, che è morto per te sulla croce, nel nome dello Spirito Santo, che
ti è stato dato in dono”. Ed è interessante che questa orazione che noi
preghiamo nella liturgia al momento della morte è stata costruita nel Medioevo
per il battesimo cristiano. E’ la bellezza della nostra vita entrare nel
mistero della Trinità e gustare la bellezza profonda della nostra storia, del
nostro vivere. Ecco perché la festa della Trinità non è una festa che ci
obbliga a pensare ciò che non comprenderemo mai, ma la festa del gustare il
nostro vissuto che è essenzialmente trinitario, è la bellezza di questa
esperienza che fa nascere in noi quel desiderio di pienezza di gloria quando
nello Spirito Santo, nel mistero di Gesù, contempleremo eternamente il Padre.
Dovremmo in certo qual modo costruire così la nostra storia e allora
respireremmo qualcosa di grande che diventa la luce nel tempo storico tante
volte così tormentato. La bellezza di una vita regalata, costruita, goduta
eternamente ne è il meraviglioso risultato.
Questo sia il senso della festa di oggi e nell'eucaristia, che stiamo
celebrando, noi siamo con la Trinità beata. Entrando in chiesa seguiamo il
Cristo, nella potenza dello Spirito Santo lo ascoltiamo, e il Cristo ci dice:
con me dite Padre nostro che sei nei
cieli, la bellezza della paternità di Dio. La bellezza d’entrare in chiesa
sta nel respirare la vita trinitaria nella quale tutto il nostro esistere trova
la sua consistenza. Il Signore è innamorato dell'uomo, la Trinità beata è
affascinata da questo uomo che nella sua fantasia ha creato per fargli gustare
quella pienezza di gloria che è il Paradiso. Quando giungeremo al Paradiso e
vedremo le tre Persone divine nella sua luminosità potremmo cantare eternamente
la gioia del dono della vita: siamo stati creati, redenti, glorificati. In
questa celebrazione eucaristia lasciamoci introdurre in questo mistero. Quando
possiamo percepire il senso di solitudine o di stanchezza che la vita ci regala
sentiamoci sacramento delle tre Persone Divine, respiriamo le bellezze della
vita e camminiamo verso quella pienezza di gloria che poi quando moriremo
potremo dire: finalmente gusto quello che per tutta la vita ho desiderato e ti
ringrazio Padre che mi hai chiamato a questa meravigliosa visione di essere la
luminosità di tuo Figlio nella inesauribile creatività dello Spirito Santo.