31 ottobre 2023

Oggi, qui, Dio ci parla...

A che cosa posso paragonare il regno di Dio? È simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata.



30 ottobre 2023

XXX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO A -

DOMENICA 29 OTTOBRE 2023

Es 22,20-26      1Ts 1,5c-10      Mt 21,28-32

OMELIA

Gesù questa mattina ci pone di fronte a un grande interrogativo: che senso hanno i comandamenti nella vita cristiana? 

Noi tante volte abbiamo una concezione del comandamento come qualcosa che dobbiamo fare, che dobbiamo eseguire e, di riflesso, in certo qual modo possiamo avere la sensazione di obbedire ai comandamenti in modo esecutivo, ma se entriamo nella profondità dell’affermazione di Gesù di questa mattina vediamo tre aspetti molto importanti da evidenziare:

- i comandamenti sono il cuore di Dio nel cuore dell'uomo,

- i comandamenti sono la strada per realizzare noi stessi,

- obbedire ai comandamenti è la nostra grande libertà.

Innanzitutto quando noi parliamo dei comandamenti dimentichiamo il principio della nostra vita: noi non siamo autori della nostra vita, noi la vita l'accogliamo nel suo nascere, la costruiamo attraverso le scelte quotidiane nella prospettiva della grande vita in paradiso. Quindi il cristiano parte dalla convinzione che è un dono del mistero stesso di Dio. In un certo qual modo il primo comandamento - quello fondamentale - è quello di ricordarci che siamo intensamente amati da Dio: è la bellezza della nostra esistenza. Il respiro mattutino è la fedeltà di Dio per noi - tante volte ce lo siamo detti, ma occorre continuamente ripetercelo: la bellezza della nostra vita è accogliere il dono della storia di Dio. Non per niente l'episodio della creazione dell'uomo è molto chiara, facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza e nel prologo di Giovanni tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste.

Chi è il cristiano? Il capolavoro della potenza di Dio!

Quando giungeremo in paradiso, in quel momento il nostro sguardo si aprirà a quella luminosità meravigliosa di essere il grande capolavoro della vita Trinitaria. E quindi il comandamento fondamentale è prendere coscienza che siamo un capolavoro di Dio. Ecco perché il cristiano fin dal mattino rende attento il proprio cuore, per ascoltare il darsi del mistero di Dio stesso. Ecco allora il primo elemento fondamentale a cui dobbiamo richiamarci è la presa di coscienza che noi siamo un mistero meraviglioso di Dio. È sempre bello davanti a questo primo punto riandare al salmo ottavo O Signore, nostro Dio, quanto è grande il tuo nome su tutta la terra, il cristiano è chiamato a essere un inno di gloria e allora di riflesso, come cristiano, come può realizzare questa opera di Dio? Attraverso un atteggiamento molto semplice: imparare a rendere grazie, vivere in gratitudine la nostra storia.

Credo che la bellezza di essere capolavoro di Dio diventa per noi significativa nella convinzione che rendiamo grazie, viviamo di gratitudine. In certo qual modo il cristiano è un binomio continuo tra gratuità e gratitudine, tra un Dio che viene, innamorato dell'uomo e un uomo che si rende contento di essere amato da Dio. Obbedire ai comandamenti è dire: grazie! Una delle verità alle quali noi non siamo molto aperti è il senso della gratitudine. La vita è un meraviglioso dono, vivere è cantare la gratitudine. Ecco perché il cristiano, utilizzando tutta una tradizione religiosa, fa le preghiere al mattino e alla sera, e non è un semplice fatto rituale, ma l'espressione che la vita è un dono da vivere con gratitudine nella prospettiva di questa grande eternità beata dove, eternamente, canteremo la gioia di essere un capolavoro di Dio.

E allora ecco il secondo passaggio fondamentale di questo nostro cammino per poter veramente obbedire ai comandamenti: il senso della gratitudine, obbedire come gratitudine. L'esempio più semplice: perché i genitori chiamano i figli all'obbedienza o perché i figli obbediscono ai genitori? Per cantare la gratitudine davanti al dono della vita. I comandamenti sono un atto di gratitudine, ma la cosa più importante - ed è il terzo passaggio - i comandamenti sono una persona: Gesù! Noi tante volte con i due comandamenti facilmente cadiamo nell'idea di “obbedire a Dio… non lo vediamo… va bene; andare con gli uomini d'accordo… è più difficile” perché abbiamo una visione dicotomica della vita; una cosa è Dio, una cosa è l'uomo, ma noi sappiamo esattamente che in Gesù c'è il vero Dio e il vero Uomo. Obbedire al comandamento dell'amore di Dio è Gesù vero Dio, obbedire ai comandamenti come esperienza di umanità è Gesù vero uomo, per cui il cristiano non obbedisce ai comandamenti ma diventa l'obbedienza al mistero di Gesù. Noi siamo un capolavoro di Dio e la bellezza di questa presenza di Dio nella nostra vita è il canto della gratitudine!

Ecco perché il cristiano nel cammino della sua vita quando è davanti ai Comandamenti dice: “La mia vita è una cosa sola: un capolavoro dell'amore del Signore!”. È molto bello come nella tradizione dell'Antico Testamento i dieci comandamenti sono introdotti da un piccolo cappelletto dove ci ricordano le meraviglie di Dio, nell'esodo, perché l'obbedienza - ricordiamocelo - è il canto della gratitudine della persona che si lascia profondamente amare e che fa delle sue azioni l'espressione storica della gioia di essere creata. Vivere è cantare la gioia di essere capolavoro di Dio. E allora, se noi riuscissimo a cogliere tutto questo, i due comandamenti sono uno solo: “Sii il Cristo vivente!”

Se noi riuscissimo a cogliere questo Cristo Gesù, nucleo fondamentale della nostra esistenza, le cose sarebbero ben diverse, cammineremmo nella serenità e nella gioia dell’istante: “Sono la fedeltà creativa di Dio!”

Ecco allora che noi ci ritroviamo questa mattina nell'eucaristia, non per imparare i due comandamenti quello per l'amore di Dio e per il prossimo, ma per imparare l'unico comandamento: lasciarsi conquistare dalla persona di Gesù, assumere i suoi sentimenti in modo che la nostra vita sia già all'inizio di quel gaudio eterno che sarà il paradiso. Obbedire è dire grazie del dono di vivere.  Viviamo così questa Eucarestia che è un grande rendimento di grazie alla vita nella prospettiva di questo orientamento finale che sarà il paradiso, perché camminando con questo stile di vita possiamo ritrovare veramente noi stessi. Questa sia la bellezza della nostra vita. Qual è il più grande dei comandamenti? Innamorarci di Gesù! Se noi riusciamo a entrare in questo orizzonte gustiamo quella libertà interiore che ci dice: “Sei un capolavoro e devi vivere nella gratitudine in attesa di quella esperienza gloriosa che sarà il paradiso”. Ecco allora che l’Eucaristia di questa mattina sarà farmaco di immortalità, la gustazione del sacramento di questa bellezza Divina nella quale noi vogliamo essere inseriti nella prospettiva di quella eternità beata quando Dio, Padre Figlio e Spirito saranno tutti e tre i Signori della nostra persona in una lode veramente inesauribile.


Oggi, qui, Dio ci parla...

La folla intera esultava per tutte le meraviglie da lui compiute



25 ottobre 2023

Oggi, qui, Dio ci parla...

“Tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate viene il Figlio dell’uomo“



24 ottobre 2023

22 ottobre 2023

XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO A

DOMENICA 22 OTTOBRE 2023


Is 45,1.4-61      Ts 1,1-5b      Mt 22,15.21


OMELIA


Gesù questa mattina ci pone dinnanzi uno dei grossi problemi della cultura di oggi: Il rapporto tra l'esperienza della fede e l'esperienza della creazione, il rapporto con Dio e il rapporto con la storia dell'uomo. Un rapporto che è stato bene evidenziato negli anni del Concilio Vaticano II, dove la bellezza del rapporto dell'uomo con il sociale, dipende da un intenso rapporto con Dio e il rapporto con il sociale porta ad un intenso rapporto con Dio. E allora, cercando di intuire quello che Gesù poteva dirci, potremmo analizzare questo testo evangelico da tre punti di vista:


-   “Date a  Dio quel che è di Dio”
-    “Date a Cesare quel che è di Cesare”

-           Fate in modo che quello che date a Cesare sia una lode del Signore.


Tre dimensioni sulle quali vogliamo soffermarci per rendere equilibrata la nostra esperienza, in modo da rendere la vita dell'uomo un inno di lode al Creatore: essere un sacrificio vivente Santo e gradito a Dio, essere quel culto spirituale di cui ci parla Paolo nella Lettera ai Romani.


Innanzitutto il primo punto, ricordiamoci sempre il momento della creazione: Dio il settimo giorno consegnò all'uomo il creato; l'uomo è il compimento della creazione che è il sesto giorno e il settimo giorno gli consegnò le realtà create perché le facesse maturare nella storia secondo i principi all'interno della creazione stessa. L'uomo è invitato a dare a Dio quello che Dio gli regala, perché l'uomo è una sua creatura; il suo essere, il suo vivere, il suo agire dipende da quell'atto d'amore con il quale Dio ha detto facciamo l'uomo a nostra immagine, perché diventi nostra somiglianza: è la bellezza di essere capolavoro della creazione Divina! Quando l'uomo pone la domanda a se stesso e chiede chi egli effettivamente sia, la risposta della fede è che siamo un capolavoro Divino che opera nella nostra storia per fare di noi le sue meraviglie. In certo qual modo, il settimo giorno di Dio regalò il mondo all'uomo perché l'uomo rendesse il creato un inno al Creatore. È quella libertà interiore davanti alla storia che deve continuamente fiorire nel cuore dell’uomo, il quale, davanti al mistero della vita, si pone la domanda -Signore, qual è il tuo volere? Voglio essere nella tua volontà, il Tuo mistero sia la gioia del mio lavorare perché in quello che faccio, io possa lodare e glorificare il Tuo nome-. È la grande libertà interiore che l’uomo deve ritrovare cammin facendo nel cammino della sua esistenza.


E questo primo elemento che pone l’uomo in dipendenza gioiosa ed eucaristica nei confronti di Dio.


L'uomo è chiamato ad approfondire il mistero. Quando Dio ha regalato all'uomo il mondo, lo ha regalato perché lo approfondisse e ne cogliesse le vitalità più profonde, ne cogliesse la bellezza e la profondità in modo che il creato potesse fiorire secondo il suo creatore. All’uomo è consegnato il mondo perché l'uomo, attraverso lo studio del mondo, possa cogliere nelle Leggi in un atteggiamento di obbedienza al Creatore.

Quando l'uomo vuole ritrovare se stesso, deve entrare in questa grande direzione, godere del dono, essere in rapporto con il dono, fare in modo che il dono diventi una lode nei confronti del Creatore. In un certo qual modo è restituire a Dio quello che Dio regala all’uomo: è la bellezza dell'uomo che opera nella storia e si mette in cammino perché i doni di Dio vengano continuamente fatti maturare.


È l’itinerario che ci offre il Vaticano II, dove dalla contemplazione della presenza di Gesù vivente nella chiesa nasce quella rivelazione Divina che diventa la lettura della realtà storica e l'uomo, innamorato della realtà storica, ricerca la presenza Divina per lodarne il mistero della bellezza della lode eucaristica. È un itinerario di grande liberazione, Dio si regala all'uomo, l'uomo si regala a Dio in una comunione di vita dove il criterio fondamentale è che tutto parte dal mistero di Dio che opera nel profondo della natura umana.


L’uomo davanti al Creato si sente dono come uomo che interpreta ciò che appare nella storia, e dall’altra sente la vocazione di scoprire la profondità e la bellezza del Creato per poter essere un inno di lode a Dio, perché in tutto sia glorificato il Signore.

Ecco perché l’uomo è diventato sacerdote cosmico, perché attraverso la bellezza della sua vita, possa lodare il Signore. Infatti una delle interpretazioni molto interessanti dell'evento battesimale è che l'uomo, attraverso l'inserimento nella chiesa, attraverso l'assunzione del mistero di Gesù, possa fare del Creato un inno di lode a Dio: Dio, il Padre, ci regala nel Figlio il metro per costruire la vita, e noi, nell'obbedienza al Figlio ci innamoriamo del Creato per far sorgere dalle realtà contingenti di tutti i giorni quella liturgia di lode che è la liturgia cosmica, la bellezza che il mondo possa veramente glorificare il Signore nella sua divisione migliore. E allora, nel momento in cui Gesù ha dato quella risposta che immediatamente può crearci delle difficoltà, rendete a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio, ci dona la libertà del lavoro, l'impegno e la libertà, l'obbedienza e la creatività, la certezza di essere un dono per restituire con gratitudine. In certo qual modo si realizza il principio di fondo della vita dell'uomo, il quale si sente tutta e sola grazia, vede il Creato un capolavoro del dono di Dio, sente in sé il desiderio di sviluppare questa bellezza creativa in modo che gli uomini possano godere la grandezza del Signore perché in tutto sia glorificato il Signore.


E questo ci permette di tirare alcune conseguenze molto semplici: davanti alle realtà create viviamo in atteggiamento di ammirazione ricco di obbedienza, Dio è meraviglioso nel Creato e ci rende partecipi della sua azione creatrice. Ogni mattina Dio ci regala il mondo e ogni sera noi gli restituiamo nel lavoro compiuto la gioia di aver concreato il mondo con Lui. Se noi riusciamo a entrare in questa esperienza, ci accorgiamo che la bellezza del lavoro è essere con Dio facitori di quel mondo nuovo che ci ha regalato. Qual è l’atteggiamento che dovremmo avere in questo itinerario, se non la bellezza di essere ricchi di ammirazione per quello che Dio ci regala, vivere la fecondità del rendimento di Grazia. L’uomo lavora cantando la gratitudine! In questa grande libertà interiore fiorisce la bellezza della nostra vita, che è un cammino di glorificazione di Dio.

Quindi date a Dio quel che è di Dio, date a Cesare quel che è di Cesare, e poiché quello che noi diamo a Cesare nasce dall'atto creativo di Dio, in ultima analisi la nostra esistenza, sviluppando il creato non si fa nient'altro che glorificare il Creatore che fa del mondo le cose meravigliose.


E questo noi lo dobbiamo vivere nell’ Eucaristia. È molto bello come il rito offertoriale si apra con quelle due invocazioni: Benedetto sei tu Signore Dio dell'universo, dalla Tua bontà abbiamo ricevuto questo Pane e questo Vino, perché diventino per noi cibo di vita e bevanda di vita eterna.


Ogni Eucarestia è offrire al Signore la gioia di concreare il mondo nel quotidiano perché tutto possa diventare una lode al Creatore generando quello che è il principio dell’Eucaristia, la bellezza della comunione fraterna. Il mattino diventa dono, la sera diventa Eucaristia, il mattino è accoglienza, la sera è restituzione in un itinerario costante che lentamente ci conduce a camminare in novità di vita. Gesù questa mattina ci dice, venendo all’Eucaristia “Porta la tua storia, la storia che ti è stata regalata dalle Santissima Trinità perché tu possa veramente sviluppare questo dono creando comunione con i fratelli, generando quello stupore davanti al Creato, in modo che in tutto sia glorificato Dio, in quello che facciamo, pensiamo, operiamo”.


E allora ci accorgeremo che quel Pane Eucaristico che ci viene offerto è nient’altro che la risposta che Dio ci offre quando, nell’atteggiamento di ringraziamento, non facciamo nient’altro che lodare il Signore e quindi chiamarlo come Padre, per poter da figli concreare quel mondo che deve diventare la gloria divina a edificazione della comunione fraterna, la speranza dei fratelli in attesa di quella glorificazione gloriosa che sarà la realtà del cielo quando il Creato sarà un inno di lode al Creatore.

 

Oggi, qui, Dio ci parla...

Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio



21 ottobre 2023

19 ottobre 2023

Oggi, qui, Dio ci parla...

Guai a voi, che costruite i sepolcri dei profeti, e i vostri padri li hanno uccisi



18 ottobre 2023

17 ottobre 2023

Oggi, qui, Dio ci parla...

Date piuttosto in elemosina quello che c’è dentro, ed ecco, per voi tutto è puro



15 ottobre 2023

XXVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO A

DOMENICA 15 OTTOBRE 2023

Is 25,6-10    Fil 4,12-14.19-20  Mt 22,1-14

OMELIA

Gesù in queste domeniche continuamente ci fa ripensare al senso del regno dei cieli, del regno di Dio. La bellezza dell'incontro con Gesù è aprire gli orizzonti su questo infinito di Dio nel quale la persona ritrova veramente se stessa. Gesù è entrato nella storia per regalarci la presenza del Maestro che si chiama il Padre e il Padre vuole introdurci tutti nella sua intimità, in una gioia veramente inesauribile. Il Padre ci ha creati per poterci introdurre nel banchetto della sua persona per gustare la sua personalità, per vivere di quella ebrezza infinita che determina tutta la nostra vita. Oggi noi siamo creati per poter crescere nel desiderio del volto del Padre. Davanti a questo grande orizzonte, l'idea ancora più profonda che questa domenica il Signore ci vuol regalare è l'idea del banchetto, il banchetto come mentalità di convivialità, come elaborare un itinerario di vita che sia veramente al centro della nostra storia e che è dentro di noi in forza dell'essere uomini, uomini battezzati che attraverso l'esperienza della Chiesa ritrovano sempre più se stessi. Questo invito è rivolto a tutti gli uomini, a tutti perché tutti devono entrare a contemplare il suo volto e davanti a questo orizzonte di grande apertura, ecco, nella parabola si mettono in luce due aspetti negativi che devono stimolarci da una parte a innamorarci sempre di più di questo invito al banchetto nuziale che è il senso di fondo della nostra vita e, dall'altra, il coraggio di non cadere nelle tentazioni della cultura odierna che ci può far dimenticare questa grande meta alla quale siamo chiamati. E allora ecco i due “difetti” che emergono dalla parabola: l'essere eccessivamente preoccupati di quello che facciamo ogni giorno e, il secondo, la carenza di vera libertà interiore.

Innanzitutto il primo ostacolo che è dato dalla cultura di oggi: l'uomo di oggi è sempre di corsa, cammina, è un affannato, è un teso, non riesce a percepire la bellezza della vita come dono, non riesce a trovare quel momento di silenzio in cui gusta la vita come un atto gratuito di Dio che lo chiama alla comunione. Non c'è il tempo per pensare - stando alla parabola - alla gioia di partecipare alla convivialità del Padre che vuol renderci creature nuove nell'esperienza della Pasqua del Maestro divino. È il banchetto di nozze che nasce dalla sua oblazione pasquale, però la bellezza della nostra vita è tenere presente questa apertura e nello stesso tempo ritrovare la capacità di non lasciarci distrarre dalle tante cose della vita. Noi qualche volta siamo troppo pieni di interessi storici e dimentichiamo di respirare questo infinito nel quale la nostra esistenza continuamente si ritrova e spera, respira: siamo chiamati dal Padre per respirare questa comunione eterna, vivere di questo infinito.

Uno dei drammi della cultura di oggi è la carenza di questa percezione di una vita chiamata a entrare in una eternità beata. E allora ecco il rimprovero fatto da Gesù attraverso la parabola, non dobbiamo dimenticare questo grande orizzonte del cuore nel quale siamo chiamati a entrare, che dobbiamo desiderare e dovremmo avere, questo entusiasmo, ogni volta che il Padre ci chiama alla comunione di vita con sé che è partecipazione pregustativa di quella bellezza gloriosa che sarà il paradiso. Ma dall'altra parte occorre ritrovare la bellezza della nostra interiorità, dove l'interiorità è nient'altro che gustare la presenza di Gesù, la presenza della Trinità, la presenza della grazia del nostro quotidiano.

Entrare alle nozze, al banchetto delle nozze del figlio del re, è entrare con l'abito degno di queste nozze, che è l'abito nuziale. L'abito nuziale era offerto a tutti i partecipanti al banchetto nuziale. Ora il dramma dell'uomo è lasciarsi così impegolare nelle vicende quotidiane dimenticando lo sviluppo di quella vita interiore che gli permette di costruire in modo autentico il suo cammino di tutti i giorni. Non solo avere l'orizzonte vasto dell'Infinito di Dio nel quale respirare la bellezza della vita, ma nello stesso tempo avere quella interiorità che è un dialogo quotidiano con il Maestro, sotto l'azione creatrice dello Spirito Santo. La bellezza della nostra vita è entrare in questa interiorità, perché l'interiorità è comunione, anzi, il banchetto, espressione di fraternità, vive intrinsecamente di questa vita spirituale, dove il desiderio dei nostri desideri si chiama il mistero di Gesù nel quale noi siamo chiamati a entrare giorno per giorno. Usando il linguaggio caro a Matteo - dal discorso della montagna - dovremmo ascoltare e mettere in pratica, essere l’intimità con Gesù incarnandone il mistero nella semplicità di tutti i giorni. Allora davanti a questi due “difetti”, questi due drammi di chi rifiuta di partecipare al banchetto perché è impegnato in tante cose esteriori e che non ha sviluppato in profondità questa vita spirituale di intimità con il Maestro, noi dobbiamo ritrovare la gioia di camminare in modo autentico in questa direzione. Cos'è questo invito? Questo invito potremmo ritradurlo con tre semplici sottolineature:

- avere la mentalità di Gesù,

- avere il cuore pulsante di Gesù,

- vivere il rapporto con i fratelli con un cuore ricco di tanta speranza.

Avere la mentalità di Gesù, avere questa percezione più profonda che siamo degli amati, dei trasfigurati e quel banchetto nuziale è il compimento sacramentale di questa intimità profondamente desiderata dall'uomo nel cammino della sua storia e, di riflesso, conquistati da questa interiorità ritrovare la bellezza di una comunione di vita, di ideali, amare la storia come la ama Gesù, amare l'uomo come lo ama Gesù, avere la coscienza che il pensiero del cuore di Gesù è il pensiero che anima le nostre scelte quotidiane. Al banchetto di nozze noi condividiamo questa bellezza e di riflesso le scelte che noi facciamo sono il mettere alla luce questa nostra grande libertà interiore che ci permette di orientare la nostra vita in questo grande mistero di pienezza di gloria. Questa è la bellezza della nostra vita. Questo è il cammino che vogliamo percorrere.

Come è bello questa mattina ritrovarci nell'Eucaristia e vedere il Padre che ci invita al banchetto di nozze del Figlio: l'Eucaristia. È la gioia di spalancare il cuore, la vita, il senso della nostra storia a questa somma gratuità di Dio e per evitare di cadere nei due limiti dell'uomo che si lascia trascinare dalla storia e nello stesso tempo non riesce a gustare la purezza del cuore, abbiamo lo sguardo del cuore profondamente immerso in quell'invito, andiamo al banchetto, andiamo alla comunione di vita con Gesù, andiamo a condividere la potenza dello Spirito Santo che ci inebria, ci rende obbedienti al Padre e ci dà la gioia di pregustare quella gloria del paradiso che attende tutti noi. Il regno dei cieli è simile a questo banchetto nel quale noi pregustiamo la bellezza della gloria futura, pregustiamo la grandezza del mistero della nostra vita.

Come sarebbe bello se al termine di questa Celebrazione eucaristica crescesse in noi il desiderio di una esperienza di beatitudine gloriosa. Se è vero che l'Eucarestia è il sacramento della eternità gustato nel cammino della storia, noi questo Sacramento dovremmo riuscire a coglierlo fino in fondo e cogliendolo fino in fondo avremo la capacità di vivere la tentazione delle cose che appaiono o dell’assenza di quella interiorità che dà entusiasmo alla vita. Entriamo in questo grande mistero. Gesù ci raduna tutte le domeniche attorno a questo invito eucaristico del Padre per inebriarci di eternità, lasciamoci avvolgere da questo grande mistero e nonostante le resistenze che l'uomo vecchio può porre, ritroviamo la bellezza di camminare in questa certezza: nell'Eucaristia il Padre ci fa pregustare quella comunione gloriosa che tra poco ci avvolgerà tutti in un inno di lode nella realtà del Paradiso. Il regno dei cieli è nient'altro che la grande meta del nostro cuore, la bellezza della nostra vita, la certezza che non saremo mai delusi. Lui è in noi, il Cristo ci regala il Padre e nello Spirito Santo ci dice che è bello vivere in attesa di questo mistero nuziale glorioso quando Dio sarà tutto in ciascuno di noi.

 

Oggi, qui, Dio ci parla...

Il regno dei cieli è simile a un re che fece una festa di nozze per suo figlio



14 ottobre 2023

13 ottobre 2023

Oggi, qui, Dio ci parla...

Se invece io scaccio i demoni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio



12 ottobre 2023

Oggi, qui, Dio ci parla...

“Quanto più il Padre del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono”



08 ottobre 2023

XXVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO A

DOMENICA 08 ottobre 2023

Is 5,1-7      Fil 4,6-9      Mt 21,33-43

OMELIA

L'immagine della vigna ritorna ancora in questa nostra domenica e vuole aiutarci a costruire la nostra esistenza secondo un principio che è principio di fecondità autentica: la gratitudine.

Non per niente il testo di Matteo si deve leggere sullo sfondo del profeta Isaia dove la vigna è costruita dalla bellezza di Dio che crea una vigna favolosa. La bellezza della vigna è un dono di Dio a Israele, che Israele a causa del suo peccato non ha fatto fruttare, ma noi cerchiamo di leggere tutto questo in modo positivo: Dio ci dà la vigna, ci dà l'esistenza, ci offre la possibilità di camminare costruendo un mondo nuovo, un mondo meraviglioso, è Dio che ci regala la storia. Allora per poter fare emergere in modo autentico questa esperienza dobbiamo ritrovare la convinzione che la nostra vita è tutta e solo un dono; attraverso tre passaggi vogliamo insieme cercare di approfondire:

- la vigna è il luogo della gratuità divina, è la convinzione che l'uomo di oggi sta effettivamente perdendo,

- la tentazione del possedere, del potere, che abbiamo ascoltato nel testo evangelico,

- la vigna è un meraviglioso dono di Dio,

- la vigna siamo ognuno di noi, capolavori della sua misericordia, del suo amore: è la bellezza di contemplare il Signore che compie meraviglie nella nostra storia quotidiana.

Fin dal mattino dovremmo sentire il respiro di Dio che ci permette di vivere, di camminare, di creare, di dare un volto nuovo alla storia. È molto bello svegliarci al mattino e riuscire a cogliere questa gratuità di Dio nei nostri confronti e allora davanti alla gratuità l'unico atteggiamento che dobbiamo riuscire a ritrovare - e a ritrovare continuamente - è il senso della gratitudine che è il luogo della fecondità di Dio. La gratitudine nasce dalla condizione che siamo tutta e sola grazia, siamo un capolavoro della libertà di Dio che entra nella nostra storia e ci permette di accogliere il mistero della vita, con tutta la libertà del cuore, nella profonda certezza che il Signore sta camminando con noi e scoprire proprio il senso di questa grandezza Divina nei nostri confronti. Ecco allora che davanti alla gratuità - Dio che ci regala la storia - ci regala la vita, ci regala la capacità di camminare, per cui abbiamo il senso della gratitudine, gratitudine come fecondità Divina continua. L'uomo nella sua povertà accoglie, gusta, crea, genera un mondo nuovo.

È quella vigna che diventa principio della novità del mondo intero, ma il terzo aspetto è che dobbiamo però avere un senso di ammirazione: siamo gratuità, viviamo in gratitudine, ma dobbiamo scoprire la bellezza di Dio all'interno della nostra storia, riuscire a riscoprire la bellezza di un Dio profondamente innamorato di noi il quale opera continuamente nella nostra vita O Signore nostro Dio, quanto è grande il tuo nome su tutta la terra! È in certo qual modo ritrovare la bellezza dei salmi della creazione, il Salmo 8, ritrovare la gioia della ammirazione davanti alla bellezza di Dio e allora la bellezza si ritraduce in tre atteggiamenti che noi dovremmo continuamente rafforzare dentro di noi: la bellezza della fraternità, la grandezza della libertà interiore e la lode del Creatore. Se noi riusciamo a cogliere la bellezza del Dio che entra nella nostra storia, ecco noi riusciamo a cogliere la bellezza della fraternità, insieme per gustare la gratuità di Dio, la fraternità storica, la fraternità spirituale, la fraternità esistenziale ci porta a gustare questa gratuità di Dio e, insieme ai fratelli, cantare la nostra gratitudine Cantate al Signore un canto nuovo, perché ha compiuto meraviglie ci dice il salmista, è quella libertà interiore che noi non dovremmo mai dimenticare nel cammino della nostra esistenza e, di riflesso, ritrovare la vera libertà che è nient'altro che la gioia di una obbedienza del cuore che si mette davanti a Dio e dice Tu sei il Signore della mia vita e allora quando uno entra nella ammirazione, nella commozione davanti alla storia di Dio nella nostra storia, l'uomo è veramente spiritualmente libero perché si accorge che obbedire al Signore è nient'altro che tracciare un'esistenza che sia il luogo delle sue meraviglie veramente inesauribili che ci permettono di camminare in vera novità di vita, ma soprattutto la lode del Creatore! L'uomo è un dono, è gratuità, l'uomo è capacità, di creatività, perché Dio gliel'ha regalata questa possibilità e quindi la bellezza della vita è lodare il Maestro dove la lode è l'entusiasmo che il Signore genera in noi in modo da poter veramente costruire quel mondo nuovo e sono i salmi - ripeto – regali, dove il Signore è il Signore del cosmo e della storia, lo dice molto bene l'inno della lettera ai Colossesi. Allora se noi vivessimo queste tre caratteristiche della fraternità, della libertà interiore e della lode del Creatore ci accorgeremmo che la gratitudine sarebbe quel minimo comune multiplo che ci permette di spaziare sull'infinito di Dio e di ritrovare quella bellezza esistenziale che fa parte della nostra vita ordinaria. Allora vedendo nel positivo la parabola, ritroviamo la bellezza di essere quella “pietra” sulla quale si costruisce il mondo nuovo. Abbiamo la solidità di Dio, l'uomo che è ammirato davanti alla bellezza di Dio e vive di gratitudine è una persona che sa veramente costruire in modo nuovo la sua storia, in modo continuo e inesauribile. Questa mattina ci siamo ritrovati nell'Eucarestia: qual è la motivazione di fondo se non quella di lasciarci inebriare dalla bellezza e della gratuità di Dio? Entrare in quel fascino del Signore che cammina nella nostra vita e ci dice: “Voglio compiere in te le meraviglie del mio cuore, ti regalo la storia perché da essa affluisca quell’inno di gratitudine nel mio nome che è la fecondità della vita”.

Camminiamo così e allora presi dalla gratuità, avvolti dalla gratitudine, abbiamo la fecondità di Dio - questo è il mio corpo dato, questo è il mio sangue versato - il corpo di Cristo: Amen!

È quella gioia eucaristica che noi vogliamo profondamente vivere in questa Eucarestia per ritrovare sempre la grande speranza della vita, Dio è gratuità, l'uomo è gratitudine e il risultato crea un mondo nuovo in quella bellezza fraterna per cui siamo figli di quel figlio che si chiama Gesù, ed è la speranza della nostra vita. Questo sia il nostro cammino, è quello che il Signore potrebbe oggi volerci dire in tanta semplicità: l'importante è essere semplice, vedere, lasciarci ammirare, cantare, godere la bellezza della vita che il Signore sta operando dentro di noi e se noi cammineremo in questo orizzonte potremo essere veramente quelle creature nuove che il Signore continuamente realizza perché il mondo possa credere che Lui ha mandato il suo Figlio, ha reso bella la storia per renderci partecipi di quella luminosità eterna che sarà il paradiso quando, nel giardino dell’Eden con tutti i fratelli, seguiremo l'Agnello ovunque vada, cantando il canto nuovo, che solo coloro che sono avvolti della gratuità divina sanno cantare per un bene più grande che è la potenza di Dio nel cuore dell'uomo.

 

Oggi, qui, Dio ci parla...

C’era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna



07 ottobre 2023

BEATA VERGINE MARIA DEL ROSARIO

SABATO 7 OTTOBRE 2023

At 1,12-14        Lc 1,26-38

OMELIA

Celebrare la festa di Maria Santissima è ritrovare il modello con il quale noi possiamo continuamente imitare Gesù. Infatti, se noi guardiamo attentamente, ci accorgiamo di un fatto: perché nel racconto degli Atti è collocata Maria nel Cenacolo? Qual è la motivazione più profonda? La chiesa in quel momento partiva -la Pentecoste- andava ad annunciare l'evento del Regno, ma qual è il punto di riferimento perché questo annuncio del regno possa essere autentico. E allora Luca, davanti alla chiesa in attesa della Pentecoste, colloca la figura di Maria: vivendo come Maria potrete veramente annunciare l'avvento del Regno dei cieli. In comunione con Maria, seguendo l’esemplarità di Maria, perché come Maria possiamo regalare la bellezza di Gesù. Tutto sommato, la stessa recita del Rosario è una contemplazione di Gesù: con Maria contempliamo, gustiamo e viviamo.

E allora, come Maria diventa per noi un esemplarità, perché possiamo veramente vivere di Gesù e regalare Gesù a tutti?

Il Vangelo ci pone dinanzi i tre atteggiamenti di Maria che noi dovremmo continuamente rivivere per potere gustare la presenza del Maestro:

- la sua verginità,

- la sua povertà,

-  la sua obbedienza unica.

Tre aspetti che emergono nel racconto dell’Annunciazione, che non è solo il racconto dell’Annunciazione, ma la presentazione del vero volto della chiesa e del vero volto del discepolo. Maria è presente nella chiesa perché ci educa ogni giorno alla sua verginità “La Vergine si chiamava Maria”, la sua disponibilità all'oggi di Dio.

E quel silenzio interiore che caratterizza la figura di Maria, in quella sua esperienza interiore che è caratterizzato da quel silenzio, che spalanca la propria vita al Dio che entra nella sua storia.

Chi è il cristiano? Attraverso l'esperienza della fede, noi diciamo al Signore Sii il Signore della mia storia. La verginità è la docilità a quello che il Signore vuole da di noi in tutta la sua creatività messianica. E allora noi con Maria impariamo la docilità al mistero di Gesù e di riflesso, davanti a questo grande evento Maria dice “Come è possibile dal momento che non conosco uomo”, la risposta è la creatività dello Spirito Santo. Spesse volte il cristiano nel cammino della sua vita si pone un grande interrogativo: “Riesco a vivere il Vangelo?” La proposta del Maestro è vivibile a livello esistenziale?

La risposta è “Lo Spirito Santo scenderà su di Te, stenderà su di Te la sua ombra”, siamo la creatività dello Spirito Santo, un povero che si lascia guidare da Dio. Il vergine accoglie, il povero sa collocare la propria esistenza nel mistero di Dio il quale è creativo nel cuore di chiunque si pone in atteggiamento di docilità e di disponibilità.

Cogliendo questo secondo aspetto, troviamo il terzo: “Ecco sono la serva del Signore”, è il mistero della sua obbedienza. Obbedire è spalancare in modo attivo la propria persona alla creatività di Dio. Ecco i tre momenti in cui Maria diventa per noi Maestra di vita: Vergine - Donna aperta, povera - Donna che sa percepire il suo limite amando la creatività dello Spirito Santo, l’obbedienza come docilità alla fantasia di Dio.

Un cristiano, quando vuol camminare veramente secondo il Vangelo, si ritrova sempre nell'atteggiamento di Maria, che nella chiesa è maestra di vita.  Non per niente Giovanni esprime in modo ancora più chiaro questo, quando, rivolgendosi al discepolo amato Gesù, dice: “Ecco tua madre, Ecco tuo figlio”. La bellezza di essere docili come Maria per gustare la presenza di Dio.

Ecco il senso stesso del Rosario che non è una preghiera a Maria, ma è una preghiera con Maria per contemplare il volto di Gesù, diventare il volto di Gesù immersi nel suo mistero. Non per niente tutti i misteri sono cristologici. Il rosario è scuola quotidiana dell'innamoramento di Gesù sull'esempio di Maria. È la bellezza di ritrovarci nell'Eucarestia questa mattina, di ritrovarci con Maria che ci educa veramente all’Eucaristia.           .

Quando noi andiamo a messa viviamo quelle tre caratteristiche: accogliamo la presenza del Signore - regaliamo a Dio le nostre povertà - facendo della nostra vita Un Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me secondo la tua parola.  È la bellezza della nostra vita: entrare nel mistero eucaristico è entrare nell'imitazione di Maria come colei che ci educa a diventare come il Maestro divino. E ogni volta che noi faremo la comunione, in quell'Amen si realizzano tutte e tre le caratteristiche: Mi metto nelle Tue mani, accogli la povertà del mio cuore, la mia obbedienza è diventare il tuo mistero. E allora ci accorgiamo che Maria diventa veramente l'anima del nostro essere ogni giorno discepoli del Signore. Viviamo così questa Eucarestia nella forte certezza che con Maria noi possiamo entrare in quella imitazione quotidiana del Maestro per prepararci alla Gloria del cielo. Con Maria in paradiso canteremo una lode che non finirà mai. Ora viviamo con Maria oggi perché domani con Maria possiamo eternamente lodare le tre persone Divine di una Gloria che non avrà mai fine.