DOMENICA 24 MARZO 204
Is 50,4-7 Fil 2,6-11
Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Marco
Mc 14,1-15,47
OMELIA
La Chiesa
ci introduce nella Settimana Santa attraverso la narrazione evangelica della
Passione di cui noi abbiamo ascoltato la conclusione perché la bellezza della
Domenica delle palme è una meravigliosa sintesi tra il dramma della Passione
del Maestro che si ritraduce in quel grido «Dio
mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» e il clima festoso della
processione con le palme per indicare che, nella morte di Gesù, c'è il trionfo
del dono della salvezza.
In Gesù
crocifisso noi scopriamo la strada per ritrovare la bellezza della nostra
esistenza.
Infatti
vorremmo questa mattina soffermarci sul senso di quel “grido” con cui si
conclude il testo evangelico che abbiamo udito e che ritraduce l'interiorità
del Maestro. In quel grido, che cosa hanno voluto esprimere gli Evangelisti? E
allora nascono due suggestioni, ascoltando quel grido, due suggestioni che ci
possono aiutare nel cammino della nostra esperienza credente. Innanzitutto il
dramma della solitudine.
Uno degli
aspetti che vengono messi in luce nella Passione del Signore è la coscienza
psicologica di essere solo. Già nell'orto degli Ulivi Gesù ha fatto questa
esperienza, sul legno della croce lo ritraduce di nuovo per cui gli Evangelisti,
narrando la morte del Maestro e citando il Salmo 21, ci dicono il dramma in cui
Gesù si trovava: il senso della sua solitudine «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?».
È l'uomo
che davanti al mistero della morte si pone il punto di domanda di fondo - che
senso ha la vita? - sapendo anche che la persona, quando muore, è in stato di drammatica
solitudine.
Ma come
Gesù ha vissuto questo dramma nel più profondo del suo cuore?
Perché gli
Evangelisti hanno messo sulle labbra di Gesù il Salmo 21 «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?»
E allora la
risposta è perché, in quella solitudine, si apre un grande orizzonte. Non per
niente nel Salmo 21 si dice mia forza,
vieni presto in mio aiuto… Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli, ti loderò in
mezzo all'assemblea. Lodate il Signore, voi suoi fedeli: è il mistero della
risurrezione, è la bellezza di Gesù che si consegna nelle mani del Padre. Il
dramma della sua solitudine vissuto nella dimensione della novità interiore, in
rapporto con il Padre! Tant'è vero che l'Evangelista Giovanni per farci intuire
questo tipo di passaggio descrive in modo diverso la morte del Maestro Ho sete…Tutto è compiuto… Restituì lo
spirito. Gesù nel dramma della sua solitudine si è riconsegnato nelle mani
del Padre e allora in quel «Dio mio, Dio
mio, perché mi hai abbandonato?» la tradizione evangelica vuole evidenziare
come il dramma psicologico di Gesù veniva superato da una certezza che lo ha
accompagnato: il Padre! Potremmo dire che il mistero della morte di Gesù è
l'incontro di due sì: il sì di Gesù che si mette nelle mani del Padre «nelle tue mani consegno il mio spirito»
e il Padre che lo fa risorgere dai morti: è la fedeltà Divina. E allora è
importante, nell'ascolto della Passione del Signore, entrare nel cuore del Maestro.
È molto bello come, nella tradizione della liturgia maronita del Libano, Gesù risorge
il giorno stesso che muore, perché tale e così profondo era l'incontro con il Padre
che il dramma psicologico, la solitudine, viene superato nell'abbandono «nelle tue mani consegno il mio spirito!»
Ed allora,
in tutto questo, noi abbiamo una certezza: Gesù muore in croce per salire alla
destra del Padre “Annunciamo la tua
morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione”.
Nel momento
in cui Gesù chiude gli occhi alla storia li apre alla bellezza della eternità
beata: è il mistero del nostro morire. Nel momento in cui il Padre ci chiama a sé,
gli regaliamo la nostra esistenza con gratitudine, ed egli ci accoglie nella
gloria luminosa nel giardino del paradiso terrestre. Ecco perché la Chiesa nel
momento in cui annuncia la morte del Maestro ne proclama anche la risurrezione.
La bellezza
della gloria del cielo!
Non per
niente il testo di Paolo che abbiamo ascoltato nella seconda lettura ci ha
detto molto chiaramente “Per questo Dio
l'ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome;
perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto
terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore”. Il morire è il passaggio per risorgere!
La
solitudine vissuta in comunione con Dio.
Ecco perché
la Chiesa all'inizio della Settimana Santa ci offre come meditazione la Passione
del Signore, per farci comprendere che il mistero di Gesù non si conclude con
la morte, non si conclude con la sua sepoltura, ma con quella risurrezione dove
Gesù è assiso alla destra del Padre. Il nostro morire, il nostro venire sepolti,
si apre in una esperienza di gloria eterna per cui eternamente canteremo la
gloria di appartenere al Padre.
Sappiamo
sempre fare una sintesi di questa nostra esperienza in modo che il dramma della
Croce si illumini di esperienza di eternità, la solitudine diventa comunione
gloriosa con tutti i fratelli e la bellezza del cielo apra gli orizzonti alla nostra
vita di una meravigliosa eternità beata. Entriamo perciò nell'atteggiamento di
Gesù sull'albero della croce per imparare anche noi a comprendere che la
bellezza della vita è fidarci di Dio, che non ci delude, che ci accompagna in
quella gloria eterna dove saremo autentici e gloriosi insieme con tutti i
fratelli, in una lode che è la gioia eterna che ci attende tutti e diventa la
bellezza, il coraggio e la speranza nella vita quotidiana.
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