DOMENICA 16 GIUGNO 2024
Ez 17,22-24 2Cor 5,
6-10 Mc 4,26-34
OMELIA
Gesù questa
mattina attraverso le due parabole che abbiamo ascoltato vuole aiutarci a
comprendere quale debba essere lo stile della nostra vita e alla luce delle due
parabolette emergono due chiare caratteristiche: la nostra vita è un canto di
grazia perché noi siamo in atteggiamento di totale gratitudine, due atteggiamenti
che l'uomo di oggi difficilmente misconosce, ma che diventano il criterio sul
quale costruire la nostra vita.
Innanzitutto
prendere coscienza che noi siamo grazia, siamo gratuità Divina. L'esistenza, in
tutte le sue particolarità, è nient'altro che Dio è sempre in stato di continua
creatività. Ogni respiro è Dio che ci ama. Ogni avvenimento è Dio che ci
accompagna. Ogni relazione è un dono per maturare nella storia e, questo primo
elemento, è fondamentale nel cammino della vita.
Tante volte
noi ci poniamo la domanda - Quale sarà la meta della nostra storia? - e la
risposta è molto semplice: creati nel Mistero, gusteremo eternamente il Mistero.
Siamo stati creati per vedere eternamente Dio!
Ecco perché
il cristiano davanti al mistero della morte ritorna a comprendere la bellezza
della gioia della vita, la vita è essenzialmente un dialogo amoroso con Dio che
continua a creare continuamente la nostra esistenza. Al mattino ci svegliamo
dicendo a Dio la nostra gratitudine: è la bellezza del nostro cammino
quotidiano attraverso il quale cresciamo in autentica novità di vita.
E tutto
questo noi lo possiamo veramente gustare attraverso una certezza, una certezza
che diventa per noi fonte di grande speranza; non solo continuamente siamo
creati - quindi siamo un capolavoro della gratuità divina - ma abbiamo una
grande certezza: c'è il Signore con noi.
Infatti
quando noi ci poniamo la domanda: chi ci ha creati? Perché siamo nati? Qual è
il mistero che accompagna tutta la nostra storia? La risposta è molto semplice:
è il Signore! Il Padre ci ha creati in Gesù Cristo, Gesù Cristo diventa il
senso della nostra vita e diventa la Provvidenza che ci accompagna giorno per
giorno verso il mistero della gloria.
Usando
un'immagine che può darci tanta speranza la vita è passeggiare con la
Santissima Trinità.
Quante
volte ce lo siamo detti, eppure è così difficile che l'uomo contemporaneo
riesca a cogliere tutta la bellezza di questa esperienza; svegliarci al mattino
dicendo “grazie!”, camminare accogliendo e la sera entrare in quella luminosità
eterna che è la bellezza della nostra vita. Ecco perché la prima paraboletta
diventa per noi estremamente significativa: siamo tutta e sola grazia! Ogni
respiro è un atto della Provvidenza di Dio che ci chiama all’ eternità.
Quanti oggi
si pongono la domanda che senso abbia la vita e questa è l'unica risposta:
entrare in una comunione eterna e definitiva per cantare la gioia di vivere con
la Santissima Trinità. Ecco perché il cristiano attraverso questa profonda
certezza e consapevolezza è in attesa di questo grande evento, in un morire
come apertura ad una gioia inesauribile e questa gioia inesauribile è data
dalla presenza di Cristo.
Quando il Padre
ci ha creati, ci ha creati regalandoci al Figlio e il Figlio continuamente
rinnova in noi la sua presenza perché sappiamo respirare in quella eternità beata
che è la bellezza della nostra storia, la grande meta della nostra vita.
Ma per
giungere a questo stile di vita dobbiamo prendere coscienza di una verità che
l'uomo dei nostri giorni difficilmente sa riconoscere: la bellezza della Presenza,
il respiro di Dio è la nostra vita.
Dio abita
dentro di noi anzi, nell'ordine della fede - ce lo ricordavamo alcune domeniche
fa - è la Trinità beata che opera in noi, il Padre ci crea, il Figlio ci plasma,
lo Spirito Santo è l'energia per camminare in novità di vita, è la bellezza di quella
comunione di vita che ci permette di camminare nella speranza senza alcuna
paura.
Ed è la
bellezza della prima paraboletta, ritrovarci continuamente creati dalla
gratuità divina che ci permette di camminare in novità di vita, ma c'è anche
l'altra bella paraboletta che in questo ambito ci aiuta benissimo, quando ci fa
comprendere che noi dovremmo ammirare la gioia di vivere, non solo prendere
coscienza di questa creatività divina che continuamente agisce in noi, ma anche
prendere consapevolezza che siamo un vivente capolavoro di Dio. Ecco perché il
cristiano quando al mattino apre gli occhi alla vita canta la gioia di vivere e
la sera canta la sua gratitudine perché col venire delle tenebre nella storia
si aprono gli orizzonti di una luminosità eterna che è il paradiso.
Nati da Dio
camminiamo con la Trinità per cantare eternamente la gioia di appartenere a Dio.
Ecco perché
il cristiano quando si pone l'interrogativo del senso della sua storia lo
ritrova guardando in faccia al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo. E tutto
questo non ci allontana dalla storia, qualcuno può pensare che riflettendo
continuamente su questa azione trinitaria noi dimentichiamo il nostro impegno
umano, ma il nostro impegno umano - se partiamo dal concetto che siamo grazia -
è nient'altro che essere un canto di gratitudine. L'uomo si sente capolavoro e
canta la gioia di essere tale con il risultato che il cammino diventa un
meraviglioso dialogo tra eternità e storia.
Tutto
sommato quando noi moriremo, in quel momento entreremo in quella gioia gloriosa
di potere gustare quella Presenza che ci ha accompagnato sempre nella vita;
morire non è scomparire, ma morire è giungere alla pienezza della nostra
esistenza, è giungere a contemplare quel Dio che ci ha creati perché potessimo
godere eternamente della sua luminosità che è la bellezza della nostra vita
quotidiana.
Morire è
aprirci eternamente alla bellezza della vita e allora credo che le due
parabolette di stamattina, sia quella della assoluta gratuità di Dio sia della
contemplazione della bellezza creativa di Dio, diventano per noi un cammino che
ci innamora continuamente della storia. Tutto sommato, in paradiso, gusteremo
quello che nella vita avremo sempre amato e chi ama profondamente la vita come
gratitudine a Dio arriva in paradiso per cantare la gioia di una luminosità
eterna che è la bellezza del quotidiano in cui noi siamo pienamente noi stessi.
Amiamo l’uomo
nella sua autenticità e costruiremo veramente il senso della vita quotidiana.
Questa sia la bellezza della nostra vita.
Ecco perché
il Signore ogni giorno ci chiama a vivere la sua presenza. Forse noi non
riusciamo a entrare in questa mentalità perché il concetto della sua presenza
non è vivo in mezzo a noi, non riusciamo a lasciarci plasmare dall'azione del
suo Spirito Santo per poter essere continuamente costruiti in questa bellezza
eterna che è il senso stesso della nostra storia. Chi ama essere uomo
lentamente entra nella grandiosità della gioia del paradiso. Ecco allora Gesù
attraverso le due parabolette ci dice: “Non temere di costruire la tua vita.
Sei tutta e sola grazia!” e in questa gratitudine che avvolge la nostra storia
camminiamo nel tempo certi che non saremo mai delusi.
D'altra
parte il fatto che ci ritroviamo nell'Eucaristia non è vivere questo mistero? Non
siamo noi che veniamo all'Eucaristia, ma è la Trinità beata che ci chiama a sé,
che ci dà il Corpo il Sangue del Maestro Divino, che ci illumina di quello
Spirito Santo che è speranza nelle difficoltà, che ci fa vedere quella
luminosità del volto del Padre che è la bellezza della nostra vita e la grande
gioia che ci sta aspettando.
Viviamo
così questo mistero in tanta semplicità certi che non saremo mai delusi; è vero,
la vita contemporanea ci allontana da queste visioni, l'uomo concreto è portato
a fare tante cose, ma quante volte si pone l'interrogativo di quale sia il
senso della sua vita quotidiana… E solo la bellezza di questo orizzonte eterno
diventa per noi la gioia che ci porta veramente a camminare sempre in novità di
vita.
Viviamo
così questa Eucarestia. Il Signore è qui presente, il Risorto illumina il
nostro cuore, lo riscalda e ci dice: “Vivi nella mia presenza e con lo Spirito
Santo camminerai nella certezza di giungere a quella gloria!” e anche noi
potremo, quando moriremo, dire: “Finalmente o Padre contemplerò il tuo volto
per poter essere in quella comunione gloriosa che è l'eternità beata che
avvolge tutti noi”.
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