15 settembre 2024

XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO B -

DOMENICA 15 SETTEMBRE 2024


TRASFIGURAZIONE DELL’ICONA DEL SANTO JESUS

 Chiesa di Santa Maria Immacolata delle Grazie - Bergamo


Ap 5,6-14      Eb 1,3-12      Lc 24,35-48

OMELIA

La gioia di ritrovarci nella celebrazione eucaristica si esprime nella gioia di contemplare il Risorto.

Ogni festa liturgica ha il suo nucleo fondamentale in questa meravigliosa esperienza: noi siamo qui per contemplare il Figlio di Dio incarnato, morto e risorto, per essere trasfigurati nel suo mistero.

Egli stesso l'aveva detto Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine dei secoli. La gioia di ritrovarci la domenica a celebrare i Divini misteri è contemplare il Risorto, è farci comprendere che la bellezza della nostra vita è essere il Risorto vivente.

Quando noi ci poniamo la domanda - cosa significhi essere cristiani - la risposta è molto semplice: essere sacramenti del Risorto nel tempo e nello spazio, in attesa di contemplarlo glorioso, nella Gerusalemme del cielo. Ecco perché il cristiano è sempre nella gioia, perché la bellezza della sua vita è gustare profondamente questa meravigliosa Presenza, una Presenza che inebria il nostro cuore, una Presenza che è fonte di speranza, una Presenza che ci illumina di eternità beata.

Egli è il Vivente in noi viventi!

È una verità questa, che ogni domenica dovrebbe essere approfondita nella nostra vita. Noi veniamo all'Eucarestia non per fare la comunione, noi veniamo all'Eucarestia per contemplare in modo gioioso l’oggi del Risorto, che è qui in mezzo a noi.

Ma come noi possiamo entrare in questa esperienza?

Sicuramente quello che ci ha detto l'evangelista Luca è estremamente vero: ogni volta che nel giorno del Signore ci ritroviamo a celebrare i Divini misteri noi contempliamo il Risorto. Siamo inebriati dalla sua Presenza, gustiamo il suo mistero come senso della nostra vita.

Ma tutto questo si fonda su un principio a cui noi dovremmo sempre richiamarci: noi celebriamo l'Eucaristia perché siamo stati battezzati.

È molto bello come nel rito bizantino-costantinopolitano quando un bambino viene battezzato, viene immerso nell'acqua e unto con l’olio, accoglie l'Eucaristia attraverso un cucchiaio riempito di vino e riceve il rito della tonsura, il taglio dei capelli, perché la sua esistenza sia una consacrazione continuamente offerta a Gesù.

Noi ci ritroviamo qui nell’Eucarestia perché siamo del Signore, gli apparteniamo, ne gustiamo la gioia e veniamo in essa continuamente trasfigurati.

Ecco perché tante volte ci siamo detti - noi non andiamo a messa, andiamo a contemplare il Risorto come criterio della nostra vita - e l'Eucarestia è nient'altro che la celebrazione temporale di quello che sarà veramente pieno nella liturgia del cielo quando non ci accosteremo più a un Sacramento, ma saremo immersi in una visione che ci trasfigurerà per tutta l'eternità beata.

Quando noi celebriamo i Divini misteri noi formuliamo quella espressione che dovrebbe continuamente essere presente in noi. Alla proclamazione: “Mistero della fede” noi rispondiamo: “Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell'attesa della tua venuta”, viviamo una Presenza in attesa della pienezza della gloria. Sacramentalmente Gesù è qui, idealmente siamo tutti tesi e protesi verso quella pienezza di luce quando eternamente contempleremo il volto glorioso del Maestro.

Ecco perché è bello ritrovarci la domenica, per realizzare tre principi fondamentali della nostra vita: la coscienza che il Risorto è presente, che noi siamo il Risorto vivente e che siamo in attesa di gustarne la grandezza nella bellezza del paradiso.

Cos'è il rito, se non il segno attraverso il quale noi incarniamo la gioia della nostra storia?

Vediamo il Risorto, camminiamo con il Risorto, attendiamo la bellezza della sua gloria! E allora se noi abbiamo questa convinzione, cos'è la nostra celebrazione di oggi?

È una cosa molto semplice: affascinati dal Maestro ne viviamo la gloriosa presenza mentre stiamo aspettando la luminosità del suo volto nella dinamica del paradiso.

Il senso dell'Eucaristia è il desiderio della gloria eterna!

Ecco perché noi quando ci accosteremo all'Eucaristia come Sacramento ci sentiremo trasfigurati, gusteremo l'eternità nel tempo e dentro di noi ci sarà quel desiderio profondo quando: “O Signore potrò vederti faccia a faccia!”, in quella luminosità eterna che è la bellezza della nostra vita?”.

Ecco allora che, quando noi torneremo a casa questa mattina, non diremo più “sono andato a messa” ma “Signore grazie che ti sei rivelato nella pienezza del tuo volto, nella luminosità della tua persona e mi hai fatto desiderare quell'incontro finale quando tu sarai tutto in ciascuno di noi!”

Fuori da questo orizzonte tutto diventa un rito, tutto diventa una forma, tutto diventa qualcosa di contingente che non illumina radicalmente la nostra storia e non ci colloca in quella pienezza di vita che è la bellezza della nostra esistenza. Ecco perché è bello ritrovarci nell'Eucaristia: gustare una Presenza, lasciarsi da essa trasfigurare in attesa di una gloria eterna.

E allora noi in questo momento, come ci ha detto molto bene l'Apocalisse, vedremo l’Agnello, immolato e ritto in piedi, glorioso, che ci dà il suo corpo e il suo sangue perché possiamo in questa vita proiettarci verso l'eternità beata.

Questo sia il mistero che vogliamo vivere e condividere nella certezza che il Sacramento è solo un passaggio dalla fede alla visione, da una Presenza a una contemplazione, per essere immersi in quella luce eterna che non è data dalle luci storiche, ma dal volto di un grande Maestro, il Signore, che rinnova la nostra vita e ci dà questo grande slancio, essere proiettati verso quel meraviglioso banchetto del cielo dove egli sarà tutto in ciascuno di noi e noi canteremo eternamente la nostra gioia di essere gloriosi nel suo mistero di amore.

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