28 ottobre 2025

XXX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO C -

DOMENICA 26 OTTOBRE 2025                                    

Sir 35,15b-17.20-22      2Tm 4,6-8.16-18             Lc 18,9-14

OMELIA

Gesù opera intensamente nella vita di ogni discepolo e gli fa pregustare passo passo la grandezza del suo amore nella prospettiva della pienezza della gloria.

Avviene in lui un processo di incessante attrazione, che lo colloca sempre più nella luce divina, quella luce che deve animare e qualificare la sua storia. Specialmente nell’esperienza della preghiera questa dinamicità si rivela estremamente produttiva.

L’uomo veramente sapiente sa collocare i propri parametri esistenziali nel mistero della propria relazione con il Dio che crea, redime e santifica.  Infatti, quando il discepolo si pone della condizione della orazione, come accoglienza costante della divina presenza nella propria concreta esistenza, avverte in se stesso l’agire divino che lo stimola a lasciarsi permeare dalla gratuità che lo avvolge, lo fa esistere, lo attira a sé e lo aiuta a ritrovare se stesso. È il senso della parabola che oggi Gesù ci offre.

Il tempio rappresenta per eccellenza il luogo in cui abita la gloria di Dio. L’uomo, “entrando nella nube del mistero”, avverte la verità della propria condizione interiore e ritrova se stesso non solo come creatura strutturalmente limitata, ma soprattutto come creatura che è profondamente impregnata dalla condizione di peccato.

Sicuramente una simile convinzione serena e coraggiosa della propria creaturalità lo porta ad accogliere sé stesso con tutti i propri limiti esistenziali e a porsi in relazione viva con colui che gli può offrire consistenza per le scelte quotidiane nello scorrere della sua vicenda storica.

Solo in chi ama essere piccolo Dio rivela la grandezza del suo amore. La gioia della propria piccolezza, anche peccatrice, rappresenta l’esperienza quotidiana per assaporare la grandezza inesauribile di Dio. L’ aspetto tuttavia al quale Gesù vuole condurci e sul quale vuole richiamare la nostra attenzione è quello di sentirci peccatori. Non solo siamo chiamati a prendere coscienza della nostra piccolezza, ma anche ad avvertire la condizione di non vitale comunione con la Fonte stessa della vita.

Tale esperienza è fattibile solo nella diretta relazione con il divino. La luce che anima la parabola odierna del pubblicano e del fariseo scaturisce dal tempio e ha come contesto il tempio. Solo alla presenza di Dio l’uomo, che brama un’intensa purezza del cuore, ama sentirsi pura gratuità divina e si lascia condurre a riconoscere il proprio peccato.

Nel tempio si fa l’esperienza di un peccato che nella fede diventa luogo del darsi misericordioso di Dio che fà nuovo il cuore umano.

Il dramma del fariseo è quello di non sentirsi pura grazia, con la grande tentazione del “protagonista”. Egli infatti, nel suo atteggiamento, rivela l’incapacità di non saper amare la propria condizione di radicale gratuità da parte di Dio. Il pubblicano, invece, si colloca in un altro orizzonte e pone sé stesso pienamente nelle mani di Dio. Il suo atteggiamento esteriore e le parole che fioriscono dal suo cuore sottolineano la coscienza attiva della grandezza di Dio nella sua storia. Infatti la coscienza di sentirsi peccatore fiorisce dal diuturno incontro con Dio.

Infatti se Dio smettesse di illuminare il cuore della creatura e di offrirle la sua fiducia nello Spirito Santo, questa non avvertirebbe mai la fecondità della presenza divina nella propria esistenza e non ne godrebbe l‘infinita misericordia. La grandezza della persona umana è quella di mettersi davanti a Dio e di lasciarlo operare nel proprio cuore. Infatti il linguaggio del pubblicano ritraduce la ferma convinzione d’essere sotto l’influsso dell’amore divino. Ogni riconoscimento del proprio peccato incarna la fecondità dell’azione divina nel cuore della creatura.

Se guardiamo attentamente l’azione divina nel cuore dell’uomo, ci accorgiamo come lo Spirito Santo illumini le profondità della persona e le faccia comprendere come abbia operato scelte che non incarnavano la vocazione alla comunione con Dio. É in Dio allora che l’uomo dice d’essere peccato. Questo atteggiamento, che potrebbe sembrare in modo immediato un’esperienza negativa, tuttavia risulta un momento fecondo per proiettarsi in un itinerario di conversione, nel quale l’uomo si rende sempre più docile all’azione dello Spirito Santo.

Egli si sente, nella propria persona, la fiducia di Dio in atto.

Quando si vive tale esperienza, non viene mai meno il coraggio d’affrontare ogni avventura esistenziale per maturare nella luminosità dell’esistenza, non avendo paura neppure dell’impossibile. Intuiamo di conseguenza che l’uomo vive da perdonato con il coraggio della fede, non temendo mai di riconoscersi peccatore, poiché tale esperienza scaturisce dalla forte e continua relazione con Dio, nel quale ama abitare quotidianamente, per essere stimolato a costruire ogni istante della propria esistenza in una continua novità di vita.

Questa condizione diventa allora la convinzione abituale che anima il cristiano per comprendere la propria esistenza nell’orizzonte divina e per crescere nella conversione.

Il risultato di un simile percorso sarà l’espressione del recupero in termini personali e consapevoli della comunione che Dio continuamente sviluppa nel cuore del discepolo. Questi vivrà la sua storia regalando quotidianamente quella speranza esistenziale che rappresenta la forza per ricominciare sempre da capo. 

In questo intuiamo l’affermazione di Gesù che il pubblicano se ne ritorna a casa giustificato meglio del fariseo.

Chi dimora in Dio, vive una profonda luminosità spirituale che gli fa percepire contemporaneamente la sete di luce che zampilla nel suo cuore, e un intenso desiderio di abbandono progressivo del regno delle tenebre.

È un itinerario che non avrà mai alcun termine, fino a quando la creatura sarà definitivamente trasfigurata nel mistero di Dio.

Il quadro parabolico che Gesù oggi ci presenta lo stiamo vivendo ora.

Anche noi siamo saliti al tempio e ci troviamo nella gloria divina, contemplando nello Spirito la presenza luminosa del Cristo. Se in questa viva e vivace relazione con il Maestro sappiamo sentirci peccatori nella speranza che viene dall’alto, allora nel momento in cui faremo la comunione, Gesù ci donerà il suo Corpo dato e il suo Sangue versato per renderci uomini giusti, uomini che crescono - per grazia - nella meravigliosa comunione divina.

Non dobbiamo mai temere nel sentirci peccatori, ma dobbiamo lasciarci invadere dalla potenza divina per maturare giorno per giorno nel desiderio d’essere progressivamente trasfigurati nel Maestro.

Ciò avverrà pienamente nella meravigliosa liturgia del cielo.

 

Oggi, qui, Dio ci parla...

Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che guariva tutti.

La presenza di Gesù nella storia degli uomini era fonte di costante novità di vita. Nella sua persona operava l’energia che ricreava chiunque a lui si accostasse con purezza di cuore. Infatti chiunque entrasse in comunione con lui ne percepiva la forza ricreatrice e cantava la gioia per il dono della guarigione e della speranza esistenziale. La sua persona era un sacramento vivente della potenza ricreatrice che dimorava e operava nella sua persona.

27 ottobre 2025

Oggi, qui, Dio ci parla...

Gesù impose le mani su di lei e subito quella si raddrizzò e glorificava Dio.

Gesù libera l’uomo da tutte le sue schiavitù e gli dà la gioia di glorificare l’amore del Signore che rigenera donando la bellezza della creatura umana. L’uomo è il luogo meraviglioso dell’agire divino che rinnova la grandezza della creatura.

Il Maestro rende nuovo tutto ciò che incontra facendo scaturire la glorificazione alla Fonte di ogni dono.

26 ottobre 2025

Oggi, qui, Dio ci parla...

Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.

Davanti alla grandezza divina l’uomo si pone in stato di povertà e sa riconoscere i propri limiti. Con tali sentimenti viene perdonato e può camminare in un vero e autentico dialogo orante con Dio. È la bellezza della nostra preghiera.

25 ottobre 2025

Oggi, qui, Dio ci parla...

“Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”.

Nel piano di Dio è sempre presente la sua pazienza nei confronti della creatura. Infatti i suoi doni non devono andare perduti.

Il Dio delle misericordie ripone tutta la sua fiducia nei confronti della creatura umana e si pone sempre in stato di attesa.

24 ottobre 2025

Oggi, qui, Dio ci parla...

«Sapete valutare l’aspetto della terra e del cielo; come mai questo tempo non sapete valutarlo?».

La creatura nella sua superficialità non sa valutare il significato del momento storico che sta vivendo. Il fascino di Gesù è destinato a valutare il momento presente con l’occhio della gloria perché è rinchiuso nelle condizioni storiche legate allo spazio e al tempo.

Gli viene meno l’orizzonte dell’infinito che gli permette di respirare la gloria di Dio. Viviamo l’infinito e leggiamo con gioia lo scorrere secondo la lettura del presente. 

23 ottobre 2025

Oggi, qui, Dio ci parla...

«Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto!».

La bellezza della vita di Gesù sta nella sua docilità nelle mani del Padre. Dalla comunione con lui scaturisce l’umo nuovo perché appaia la novità di un mondo totalmente rinnovato.

22 ottobre 2025

Oggi, qui, Dio ci parla...

«A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più».

La nostra vita è un meraviglioso dono da far fruttare per la gioia dei fratelli. Dio ci affida il dono della vita perché lo condividiamo con chi la Provvidenza ci fa incontrare per dare alla luce una luminosa vita di comunione fraterna.

Questa è la vera gioia del cuore.

20 ottobre 2025

Oggi, qui, Dio ci parla...

Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”.

La creatura nel cammino del quotidiano è tentata di possedere tanti beni per poter assicurarsi una sicurezza materiale nel cammino della vita. Con tale ragionamento egli pensa di aver assicurato il proprio futuro, dimenticando che la sua esistenza dipende dalla libertà creatrice di Dio.

L’uomo è chiamato a vivere ogni istante nella gratuità divina attraverso un senso di gratitudine nelle mani provvidenti di Dio.

19 ottobre 2025

Oggi, qui, Dio ci parla...

«Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

Il valore che anima la persona del discepolo è rappresentato dall’atto di fede che caratterizza tutta la sua esistenza. Davanti al Maestro divino ogni discepolo dice: “Credo mio Signore, tu sei la mia vita”. Con questo atteggiamento diventiamo persone autentiche che si collocano nelle mani di Gesù affidando a Lui l’intero decorso della sua vita, gustando la vera libertà del cuore.

18 ottobre 2025

Oggi, qui, Dio ci parla...

«La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!».

Gesù è il Messia che desidera seminare speranza nel cuore di tutti gli uomini perché ogni persona sia ricolma di speranza. Ogni discepolo si sente chiamato a evangelizzare ogni creatura perché tutti possano godere della salvezza, partecipando alla gioia redentrice che Gesù vuol condividere con l’intera umanità.

Questo è il grande ideale che anima tutti i discepoli del Maestro divino.

15 ottobre 2025

Oggi, qui, Dio ci parla...

«Guai a voi, farisei, che amate i primi posti nelle sinagoghe e i saluti sulle piazze».

Il dramma dell’uomo contemporaneo sta nella cultura delle apparenze. È la tragica mentalità contemporanea che non ama la semplicità della purezza del cuore.

L’uomo è la sua interiorità che dà significato a ogni linguaggio della sua personalità.

14 ottobre 2025

Oggi, qui, Dio ci parla...

«Date piuttosto in elemosina quello che c’è dentro, ed ecco, per voi tutto sarà puro».

Il centro della persona umana è il cuore da cui fluiscono tutti i sentimenti umani. La bellezza della nostra vita la scopriamo contemplando il nostro spirito abitato dalla luce che è Cristo Gesù.

Guardiamo a Lui e saremo creature veramente luminose.

13 ottobre 2025

Oggi, qui, Dio ci parla...

«Come Giona fu un segno per quelli di Nìnive, così anche il Figlio dell’uomo lo sarà per questa generazione».

Nella storia di Israele noi troviamo un riferimento chiaro alla Pasqua di Gesù perché ogni riferimento alla storia del Maestro si rispecchia nella profezia dell’Antico Testamento.

È uno stile di vita a cui Gesù ci richiama costantemente poiché il senso della storia della salvezza è unico e possiede come chiaro riferimento la storia di Gesù nostro Maestro. Lo Spirito Santo costituisce l’anello di congiunzione.

12 ottobre 2025

ANNIVERSARIO DELLA DEDICAZIONE DELLA CHIESA PARROCCHIALE – Solennità

DOMENICA 12 OTTOBRE 2025                                                     

Ez 43,1-2.4-7      Pt 2,4-9      Gv 4,19-24

OMELIA

La nostra comunità Cristiana oggi vive la sua esperienza di comunione fraterna: dedicare al culto un luogo è fare in modo che in quella comunità i fratelli possano veramente ritrovarsi tali. Il luogo non è l'esperienza del rito. Il luogo è l'esperienza dello sviluppo di una comunione fraterna, per poter realizzare quello che l'evangelista Giovanni ci ha detto poc'anzi: il Padre vuole che siano quelli che lo adorano in spirito e verità. Il che vuol dire tre passaggi sui quali vogliamo soffermarci: adorare, spirito, verità, tre aspetti che noi dovremmo continuamente rielaborare nella nostra vita ogni volta che ci raduniamo in chiesa.

Adorare: essere persone che vivono l'intimità di Dio. Non è semplicemente, l'adorare, un linguaggio esteriore di tipo fisico, l'adorare è espressione di una profonda comunione che noi comunichiamo ai fratelli, che condividiamo con loro, che diventa il principio della nostra fraternità. La chiesa è il luogo in cui noi ci ritroviamo fratelli e sorelle nel mistero della Santissima Trinità e questa esperienza è fondamentale nel cammino della fede perché la bellezza della fede Cristiana è essere comunione fraterna.

Noi spesse volte riduciamo la chiesa a un luogo di riti. La chiesa è un luogo di fraternità dove insieme viviamo l'unico mistero più profondo della nostra vita: la comunione con le tre persone Divine. È bello entrare in chiesa e respirare la comunione trinitaria e se noi veramente entriamo in questa visione, nella chiesa tutto si svolge in una dimensione essenzialmente fraterna. Noi siamo comunione perché in noi viviamo del mistero di Gesù. Quando noi battezziamo un bambino, in quel momento, lo introduciamo nella vita trinitaria per cui quel bambino è comunione costitutiva del mistero divino. Ecco perché la chiesa non è semplicemente un luogo di riti, ma è effettivamente il luogo nel quale noi ci ritroviamo insieme fratelli di una fratellanza che ha la sua fondamentale esperienza nella gioia di appartenere alla Trinità beata.

Noi spesse volte dimentichiamo questo mistero che in un modo o in un altro coinvolge la nostra vita. Quando siamo stati battezzati, siamo stati battezzati Nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo, siamo diventati comunione trinitaria. Ecco perché la chiesa è espressione di una comunione attorno alla quale noi costruiamo la nostra di esistenza feriale. In questo allora, il primo punto, dobbiamo essere molto chiari a noi stessi: la chiesa non è fare tante cose, ma riscoprire la gioia di essere fratelli e sorelle nel mistero di Gesù. E di riflesso la chiesa diventa il luogo del rivelarsi della gratuità di Dio; è bello ritrovarci in chiesa per sentirci tutta Grazia, ritrovarci in un luogo per fare l'esperienza - per quello che ci è possibile - di una meravigliosa comunione che caratterizza ogni frammento della nostra vita. Con il Cristo noi stiamo gustando la bellezza Divina. Ecco perché noi quando entriamo in chiesa siamo in silenzio, perché in quel momento stiamo gustando la vita delle tre Persone Divine.

Il silenzio è lodare Dio. Tant’è vero che i medievali avevano inventato la formula attraverso la quale dicevano “Dio abita il silenzio”. La chiesa è il luogo in cui noi nello Spirito Santo siamo in ascolto di Dio attraverso il profondo cammino del silenzio del cuore e allora, ecco il secondo elemento, dobbiamo cercare di costruire nella nostra vita: essere in chiesa nel silenzio davanti alla Trinità Beata. In quel momento gustiamo la vita Divina, facciamo l'esperienza di essere creature nuove, di essere persone che vivono della Trinità beata.

E allora se noi riusciamo a costruire nella chiesa con questi due elementi fondamentali, il terzo è più che evidente: pregustiamo la gioia della comunione del Paradiso.

La bellezza di una chiesa è di essere insieme con la liturgia celeste. Uno dei drammi della cultura di oggi è quella di aver dimenticato questa visione della chiesa come esperienza di un mistero più grande che ci avvolge, che ci qualifica e che dà senso al nostro istante. Entrare in chiesa, sentirci fratelli dell'intera umanità.

Vedete, noi tante volte abbiamo ridotto la chiesa a un fatto individualistico, a delle esigenze psicologiche, dimenticando che la bellezza di entrare in chiesa è sentirci quella comunione fraterna che è la gioia del Paradiso! Come sarebbe bello se il nostro culto fosse una fraternità nella quale noi cantiamo la bellezza della gloria di Dio. Ecco perché i cristiani si radunano nella comunità ecclesiale, per poter gustare questa meravigliosa esperienza che è il Paradiso. Noi spesse volte dovremmo imparare questo stile di vita: entrare in chiesa è percepire la comunione trinitaria, è fare una comunione fraterna in vista di quel gaudio glorioso quando con tutti i fratelli seguiremo l'Agnello ovunque vada cantando il canto nuovo che caratterizza effettivamente la nostra esistenza.

Ecco perché ritrovarci a commemorare la dedicazione di un tempio è ritrovare il senso di fondo della nostra esistenza. Come sarà bello quando passeremo dal gustare la comunione in chiesa a gustare la comunione del cielo, in Paradiso, quando saremo tutti fratelli e sorelle in una lode comune che ci caratterizzerà per tutta l'eternità beata. Questi pensieri dovrebbero continuamente essere presenti nella nostra vita. Una delle caratteristiche della chiesa-struttura è di essere Sacramento di quella eternità beata che ci aspetta tutti, che ci plasma continuamente nella visione della gloria e ci dà la capacità, fin da questo momento, di percepire la bellezza della gloria del cielo.

Questo sia il mistero che la Chiesa oggi vuole celebrare attraverso il ricordo della dedicazione di un luogo sacro, sperimentare in anticipo quella gioia del cielo che ci caratterizzerà per tutta l'eternità beata.

Andiamo in chiesa, al luogo, facciamo l'esperienza di Chiesa-comunione in attesa di essere Chiesa cantando eternamente la gioia del Paradiso.

Attraverso questo triplice passaggio noi possiamo veramente ritrovare la bellezza della nostra vita comunitaria ecclesiale.

Quando veniamo battezzati, veniamo battezzati “Nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo”, quando entriamo in chiesa stiamo respirando la vita del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, quando usciamo di chiesa abbiamo il gusto di questa eternità beata che ci fa sperimentare quella gioia eterna che domani avvolgerà tutta la nostra esistenza in un gaudio veramente inesauribile.

Ecco il valore che dobbiamo cercare di riscoprire in questa celebrazione della dedicazione di un luogo di culto, essere comunione fraterna, essere persone che vivono la gioia di appartenere alla Trinità mentre siamo in attesa di entrare in quel gaudio celeste dove con tutti i fratelli canteremo la gioia di appartenere al cielo.

Questa sia la bellezza della festa odierna in modo che questo gaudio glorioso diventi l'anima della nostra anima e sarà bello quando passeremo da questa Chiesa terrena alla Chiesa gaudiosa e canteremo con tutti i Santi la gioia di appartenere alla Trinità che avvolgerà la nostra vita in Paradiso e sarà il gaudio che camminerà con noi mentre siamo in attesa di quel momento glorioso quando Dio sarà tutto in ciascuno di noi, e la bellezza della nostra vita sarà contemplare eternamente il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo in una gioia comune che sarà la nostra gioia del Paradiso che sta aspettando tutti noi.