DOMENICA 1 GIUGNO
2025
At
1,1-11 Eb 9,24-28;10,19-23 Lc 24,46-53
OMELIA
Il
Signore in queste domeniche ci ha posto dinnanzi alcune profonde esigenze
poiché fare l'esperienza del Risorto è rinnovare radicalmente la nostra
interiorità godendo del cuore e della mente del Signore.
Di
fronte a queste grandi esigenze l'uomo si riscopre sempre più povero; quanto
più l'uomo entra nella profondità del mistero, tanto più percepisce quanto sia
per lui arduo camminare nella mentalità del Maestro. La festa di oggi diventa
la celebrazione della nostra speranza, infatti, potremmo definire la festa
dell'ascensione di Gesù nel cielo come il gaudio di una comunità che gode la
reale presenza di Cristo nel tempo e nello spazio.
Davanti
al mistero dell'ascensione noi possiamo essere tentati di pensare che il
Signore, salendo al cielo, sia "lassù", ma se entriamo nella
profondità dell'evento, così come l'evangelista Luca ce lo ha descritto,
avvertiamo un altro orizzonte: Gesù non è salito semplicemente in cielo, Gesù è
rimasto gloriosamente in mezzo a noi.
La
bellezza del mistero dell'ascensione è il gusto della presenza personale,
attiva e relazionale del Signore nella nostra esistenza.
Se
il Signore fosse andato lassù e lassù fosse tuttora, come potremmo godere della
sua presenza?
Gesù
ha detto: "Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine dei tempi".
La
bellezza della nostra vita è che ogni giorno il Signore è talmente presente in
mezzo a noi da costruire ogni nostro istante come una meravigliosa relazione
con lui. Questo noi lo avvertiamo dal modo con il quale l'evangelista Luca ci
parla, questa mattina, dell'avvenimento dell'ascensione di Gesù. Sicuramente un
particolare ci aiuta a entrare in questa visione: se dovessimo leggere con
categorie umane il racconto dell'ascensione ci troveremmo in un grande disagio:
come è comprensibile quella gioia dei discepoli quando Gesù se ne va?
Come
è possibile che ritornino nel tempio lodando Dio?
Quando
entriamo nella storia dei discepoli ci accorgiamo come essi abbiano vissuto una
profonda intimità con il Maestro. In quei tre anni essi hanno goduto della sua
fiducia, hanno accolto il mistero della sua persona e Gesù ha riversato nei
loro cuori il mistero divino. Come possono essere nella gioia quando la persona
sommamente amata se ne va?
L'Evangelista
ci dice che Gesù non ci ha lasciati. Siamo nella gioia perché in ogni frammento
della nostra vita viviamo una meravigliosa intensità con il Maestro: non siamo
mai soli. Ecco la prima sfumatura che l'evangelista Luca ci offre: in quel
salire, Gesù, scompare dalla visibilità degli occhi e diventa visibile nel
gusto della fede.
L'Evangelista,
per aiutarci meglio ad avvertire questa ricchezza nel momento in cui descrive
l'atto dell'ascensione di Gesù, ci dà la sicurezza che la nostra vita è sempre
accompagnata da Gesù, infatti dice: "alzate
le mani li benedisse. Mentre li benediceva si staccò da loro".
Cosa
sono questi due gesti: alzate le mani - li benedisse?
In
queste parole c'è il mistero di Gesù che rimane in mezzo a noi, in quel
"alzate le mani" scopriamo l'intensità del rapporto tra Gesù e il
Padre e, poiché il Padre ci ha regalato al Figlio, il Figlio che vive
intensamente il rapporto con il Padre, nel gesto d'alzare gli occhi ci
benedice, impone le mani sui discepoli e, in questo, c'è il passaggio di
personalità.
Gesù
mentre benedice sale perché, mentre benedice, si regala i suoi discepoli. Gesù,
nel momento in cui ci sta lasciando, ci dice: "Io sono con voi, il
rapporto meraviglioso che ho con il Padre - e che si ritraduce nella mia
preghiera - viene riversato su di voi, vi riempio della mia presenza”.
Ecco
perché i discepoli lo adorarono, perché in quel momento hanno gustato
l'invadenza di Gesù nella loro esistenza sperimentando nella loro persona il
mistero di Gesù.
Poiché
la nostra vita è invasa da questa presenza personale, attiva e relazionale, la
nostra vita è il Signore che continua a camminare con noi. Qualunque esigenza
Gesù ci possa rivelare, sono esigenze che lui sta operando dentro di noi; in
certo qual modo l'esigenza del Vangelo è la gioia di Gesù di poter vivere in
noi, con noi e attraverso noi il mistero della sua persona.
Ecco
perché oggi siamo nella gioia come discepoli, perché Gesù non ci ha lasciati.
Gesù è profondamente radicato nella nostra esistenza e noi, in lui, godiamo di
una ineffabile presenza. Ogni volta che ci troviamo in qualsiasi oscurità, ogni
volta che ci troviamo anche zoppicanti, paurosi nella nostra storia,
ricordiamoci che lui è con noi, in noi e opera per noi con una grande conseguenza
per le nostre storie.
Ogni
volta che, nella semplicità della nostra vita, ci relazioniamo, condividiamo
questa meravigliosa presenza del Signore. È affascinante volerci bene perché è
meraviglioso regalarci la presenza del Risorto.
Entriamo
in quest'esperienza, abbiamo questa gioia che il Signore è veramente in noi,
con noi e per noi in modo che il Vangelo sia il gusto della sua presenza
meravigliosa.
Il
cristiano è, anche nelle tribolazioni, nella gioia della presenza del Maestro:
ecco perché questa mattina ci ritroviamo nell'Eucaristia! Il Signore ci sta
benedicendo. Attraverso quel pane col vino riversa su di noi la sua personalità
in modo da essere uomini gioiosi della gioia che è la sua persona in noi.
Ogni
volta che ci accostiamo all'Eucarestia siamo in questa ineffabilità divina e
questo ci dà forza, speranza, ci fa dire che non siamo soli, perché in lui,
oggi, godiamo la storia e con lui, oggi, camminiamo verso l'eternità beata.