OMELIA
La contemplazione del mistero eucaristico ci ha introdotti nella consapevolezza che la nostra vita, in Lui, è pienamente e totalmente e trasfigurata. Celebrare l'eucarestia è diventare il volto luminoso di Cristo.
Ben sappiamo che ogni esperienza che facciamo del divin Maestro deve
ritradursi nella vita. Ogni incontro che abbiamo con il Signore, con tutta la
ricchezza che questo incontro possiede, deve incarnarsi nel vissuto, nella
esperienza quotidiana e il testo evangelico che abbiamo poc'anzi ascoltato ci
aiuta a come ritradurre la vocazione ad incarnare il dono eucaristico. La
caratteristica del miracolo odierno ci offre una chiara peculiarità: Gesù è il
grande protagonista; come lo è nel mistero eucaristico. Nel nostro vissuto
scopriamo che Gesù lo è nella vita del cristiano.
Contemplando il Cristo per ritrovare in lui il criterio per incarnare
la sua persona nella storia ci accorgiamo di alcune sfumature che
caratterizzano la persona di Gesù e che sono destinate a diventare lo stile
della nostra vita feriale.
Innanzitutto Gesù si lascia interpellare dalla storia.
Gesù incontra quel corteo funebre e quel corteo funebre penetra nella
sua interiorità; l'atteggiamento di commozione e di compassione di Gesù
scaturisce dal fatto che la bellezza della figura del Maestro è quella di assumere la storia dell'uomo. È
interessante come in questo miracolo non c'è nessuna supplica da parte delle
persone, questo miracolo nasce da un amore profondo che Gesù ha nei confronti
della storia dell'uomo perché l'uomo è la sua vita. In questo intuiamo un
cammino interiore che cogliamo in quella parola: compassione! Quella storia di
morte è entrata nel suo cuore di Vivente!
Il dramma di quella mamma davanti a quella morte diventa la vita
interiore di Gesù; qui scopriamo la bellezza della rivelazione: Dio non solo
diventa uomo, ma assorbe la storicità drammatica dell'uomo.
Gesù se lo guardiamo nel più profondo del suo essere ha assunto tutto
l'uomo, lo ha assunto in tutti i suoi interrogativi, ha collocato la tragicità
della storia nel suo cuore innamorato dell'uomo e il cuore innamorato dà sempre
la vita.
Il grande mistero che cogliamo nell'autentica esperienza umana sono i
drammatici eventi del quotidiano ed avvertiamo che la storia viene ad abitare
nel nostro cuore. Il cuore è per natura sua sempre fonte di vita, non solo dal
punto di vista fisiologico, ma soprattutto dal punto di vista interiore e
spirituale: avere un cuore vivo e vivace è regalare sempre vita, facendo
passare l'oscurità dell'uomo nella luce divina, la morte dell'uomo nella vita
divina. La luce e la vita vincono l'oscurità e la morte. È la grande bellezza
della fede!
Tante volte ci poniamo la domanda del significato del fare tante cose,
come se esse rappresentassero il valore della vita e non ci accorgiamo che ci
troviamo di fronte al rischio della idolatria delle opere di misericordia. Noi potremmo dimenticare che l'atteggiamento
di Gesù è stato quello di lasciar spazio alla concretezza della vita
lasciandola abitare nel suo cuore innamorato. È la bellezza della nostra
esistenza tutta aperta alla storia.
Qui cogliamo la concretezza dell'agire di Gesù: quello che avviene nel
cuore di Gesù si tramuta nella gestualità. Gesù, nel suo cuore, ha già donato
la vita a quel figlio morto, ma ha incarnato quello che lui stava vivendo in
quel gesto molto semplice: toccare la bara. Ma qual è il mistero che cogliamo
in Gesù che tocca la bara?
Se andiamo ai racconti più antichi della risurrezione di Gesù, gli
evangelisti hanno usato un'immagine molto bella e molto semplice: Dio Padre ha
preso la mano del Figlio morto nel sepolcro e lo ha risollevato.
La risurrezione è la mano di Dio Padre che prende la mano del Figlio,
gli comunica la bellezza della vita divina e lo fa risorgere. L'atteggiamento
di Gesù nei confronti di quel ragazzo morto è quello di renderlo partecipe
della sua risurrezione, imitando la gestualità di Dio Padre.
In quel toccare la bara, cogliamo nella mano di Gesù la mano di Dio Padre,
che prende quel ragazzo e lo solleva: " Alzati!" È l'evento della risurrezione!
La gestualità dell'uomo è l'incarnazione della sintesi interiore di un cuore
favoloso che ha lasciato spazio alla drammaticità della storia umana.
La gestualità è l'interiorità incarnata. La nostra storia dovrebbe effettivamente essere l'incarnazione di
questa meravigliosa esperienza.
L'uomo, incontrato da Gesù, viene ad abitare in Gesù e, Gesù, che è la
vita regala vita. In questo intuiamo che la bellezza dell'agire cristiano è
vivere la persona di Gesù.
Una particolare parola, che abbiamo ascoltato nel Vangelo, è la parola
"vedere". L'occhio è la finestra attraverso la quale la storia
penetra dentro di noi, l'occhio diventa cuore, il cuore diventa gesto. È la
bellezza della vita di fede. Tante volte
pensiamo che l'essere cristiani sia fare chissà che cosa. Il problema si
colloca nel comprendere il significato dell'occhio del cuore, che non è altro che
la gioia di far abitare l'altro dentro di noi regalandogli la vita che Gesù ha
seminato in noi. Anzi Cristo in noi vuol vivere la sua stessa esperienza di
Gesù di Nazareth. Per cui il cristiano deve fondamentalmente avere un occhio
puro, che dà ospitalità ad ogni tragicità storica per immetterla nella
consolazione divino umana del Maestro divino. Allora tutta la nostra gestualità
è nient'altro che lasciar spazio a quella creatività di Dio che è sempre risurrezione.
Cos'è la speranza se non vivere in termini personali il mistero della
risurrezione di Gesù?
Il cristiano è colui che regala solo vita, la gestualità del cristiano
è una gestualità di un cuore innamorato e libero che regala la speranza di Dio
attraverso le piccole azioni feriali. Se percepiremo fino in fondo questa
meravigliosa ricchezza, ci accorgeremo che la bellezza dell'eucarestia è amare
la storia dell'uomo. Chi non ama la storia dell'uomo non celebra mai
l'eucarestia.
Questa mattina il Signore diventa veramente il nostro maestro. Noi gli
regaliamo tutti i drammi della nostra vita, tutte le nostre chiusure, tutte le
nostre povertà, tutte le nostre tragicità, e nel suo cuore, questa vasta gamma
di problematiche entra nella Vita che rende ricca di speranza ogni nostra persona.
Uscendo dall' eucarestia facciamo la medesima esperienza di quel giovinetto che
viene restituito alla madre. Ognuno di noi viene restituito alla vita, per
tornare a casa con quell'entusiasmo della fede che non è la soluzione dei
problemi, ma l'entusiasmo di "godere" la vita.
Allora regaliamo ad ogni fratello che la provvidenza ci fa incontrare
il sorriso della speranza.
Chiediamo allo Spirito Santo, in questa eucarestia, di accogliere la storia degli uomini come tra
poco egli accoglierà il pane e il vino, frutto della terra e del lavoro
dell'uomo. Come presentiamo il pane e vino, segno della storia dell'uomo,
perché sia inserita nella Vita luminosa che è di Dio, così noi, uscendo di
chiesa siamo ricchi di fiducia e di speranza poiché abbiamo accolto la vita di
Dio nei nostri interrogativi, regalando la serenità di Dio. È la bellezza dell'eucarestia
di questa domenica. Il risultato sarà che la nostra esistenza sarà solo
comunicazione di una speranza ai fratelli, come ha fatto Gesù nei confronti del
figlio di quella mamma vedova: l’ha rigenerata nel mistero della sua maternità.
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