31 luglio 2016

XVIII DOMENICA T.O. - Anno C -

Qo 1,2; 2,21-23                 Col 3,1-5.9-11                    Lc 12,13-21
OMELIA
Il cristiano, vivendo in continua intimità con il Maestro, lentamente scopre che la sua vita si fonda solo in lui: è quello che in modo meraviglioso ci ha detto l'apostolo Paolo quando ha affermato che la nostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio. Quando il cristiano, attraverso questa meravigliosa esperienza, si lascia guidare da Dio si ritrova nella divina provvidenza. Infatti se riuscissimo a cogliere questa parola nel suo significato più profondo, essa evidenzia una cosa molto semplice: in essa s'incarna la concezione evangelica della vita. La vocazione a vivere di provvidenza si ritraduce nel prendere continuamente coscienza che siamo nelle mani di Dio, che respiriamo il respiro di Dio e che in lui gustiamo la solidità della nostra esistenza. Anzi, vivere di provvidenza vuol dire crescere ogni giorno nella certezza che non saremo mai delusi. Gesù questa mattina, attraverso il linguaggio parabolico che abbiamo ascoltato, ci dice che dobbiamo vivere oggi nel respiro di Dio. Oggi ci sentiamo amati da Dio, come riflesso oggi, regalandoci totalmente a lui gustiamo la bellezza dell'istante. Ci troviamo di fronte a un Dio innamorato dell'uomo e a un uomo che si lascia innamorare da Dio. Il Dio della rivelazione è un Dio che regala la sua libertà all'uomo e l'uomo che nella sua libertà  entra in dialogo con lui. La provvidenza non è altro che prendere coscienza che il Signore opera nella nostra storia.

Ci accorgiamo allora che quando il Signore opera nella nostra storia il senso della vita è sempre luminoso. Anche se la vita tante volte scorre nelle oscurità, abbiamo la certezza di essere nella luminosità di Dio. Il cristiano nella sua vita interiore ritrova continuamente la bellezza di essere abitato da Dio.

Il dramma nel quale l'uomo si trova è quello che in modo pessimistico ci ha dato il libro del Qoèlet: l'uomo che non trova il senso autentico da dare alla sua vita.

In quel linguaggio  riscopriamo una stimolante e profonda verità sull'uomo che non vive in Dio, che non ha la sua consistenza in Dio. La vita diventa semplicemente un soffio.  Chi respira in Dio vive, ma chi non vive in Dio la sua esistenza è solo un soffio. In questo nasce un interessante interrogativo: cosa vuol dire che viviamo di un soffio e siamo un soffio? Cosa ci dice il pensiero che abbiamo il desiderio intenso di ritrovare la bellezza della fecondità di Dio in ogni istante dell'esistenza?

Due potrebbero essere le letture da dare a questa visione che tutto è vanità.

Innanzitutto l'autore sacro usa queste espressioni per dire la sua disillusione storica: è l'uomo profondamente sicuro di sé che vuole costruire la sua esistenza secondo le proprie categorie, che pensa che quello che “ha” è la sua vita! Tuttavia si accorge che nella frammentarietà della storia questo non è affatto vero! E’ quello che Gesù ha detto molto bene: l'uomo non costruisce la sua vita nell'abbondanza dei beni perché l'uomo è un frammento, l'esistenza dell' uomo è uno scorrere di tanti avvenimenti senza una base consistente che dà senso al tutto. La storia è sempre  soggetta al mutare dei tempi, delle situazioni, delle contingenze. L'uomo sicuro di sé è sempre sballottato dalla storia. Il desiderio di ritrovare la visione evangelica della provvidenza vuole dire ritrovare invece una solidità per cui potranno soffiare tutti i venti di questo mondo, ma nel Signore abbiamo la certezza che siamo radicati su ciò che non verrà mai meno.

Ma c'è anche l'altro aspetto che soprattutto nella cultura di oggi dovremmo profondamente ritrovare: il non riuscire a dare  senso alla vita. In certo qual modo ci si ritrova in una condizione opposta rispetto alla visione precedente, ma tuttavia anche un simile orientamento è la conseguenza logica di chi crede di essere il possessore della sua storia. Il dramma dell'uomo di oggi è non riuscire a dare significato alla vita.

Quando l'uomo non dà più significato alla sua vita, tutto è soffio, non ha più il gusto di vivere e quando l'uomo non ha più il gusto di vivere si chiede sempre : cos'è la vita? Spesse volte, soprattutto nella cultura odierna, un uomo vive alla giornata dimenticando che la giornata è un grosso dono di Dio nel quale devo impegnare tutte le mie forze. L'uomo “vuoto” è un suicida esistenziale.. ecco perché Gesù questa mattina ci dice che dobbiamo intensamente recuperare il gusto della provvidenza come impegno creativo per non entrare nella vacuità dell'esistenza.

Il Vangelo con questa visione della provvidenza ci permette di costruire in modo autentico la vita. Allora, dando contenuto all’oggi, non abbiamo più timori per il futuro perché l'oggi abitato da Dio, da quel Dio che ci dà il respiro dell'istante, da quel Dio che ci ama in modo favoloso, da quel Dio che ci immerge nella sua vita di eternità, ci dice : è nell'oggi che si sedimenta tutta la vita. Quando l'uomo costruisce oggi tutta la sua vita non ha problema del domani, domani sarà un altro oggi, e allora non ci si perde per strada davanti a tutte le realtà contingenti che in un modo o in un altro potrebbero rovinare la nostra vita. La vita dell'uomo è nascosta con Cristo in Dio. Quando l'uomo nella tranquillità del suo cuore, pur nelle tempeste storiche, si pone nel Signore, si pone a respirare la presenza del Signore, si ritrova così riempito dalla sua presenza che non ha più alcun timore. Quando un cuore è abitato dal senso della vita che è una persona, anche se si trova nella oscurità massima tuttavia abita in una luce ineffabile. Una cosa che l'uomo non riesce a cogliere nella cultura di oggi così legata all'autoreferenzialità e al non senso delle scelte quotidiane è il desiderio di rinverdire la bellezza della fede per dare contenuto all'istante. Anzi, ogni momento che costruiamo nella vita è un meraviglioso sacramento: Dio attraverso la storia ci parla, noi vivendo intensamente la storia parliamo con Dio. Questo è  un meraviglioso sacramento: il sacramento della vita feriale.

Ritrovandoci nell'eucaristia questa mattina sappiamo vivere questa concezione: il Signore  viene in quel pane in quel vino se non per rafforzare le nostre più profonde convinzioni esistenziali e per dirci che lui è talmente con noi che rifà la nostra vita. L'eucarestia è il Signore che rinnova le nostre cellule interiori perché noi veniamo trasfigurati dalla sua ineffabile creatività. Quello che Gesù questa mattina ci ha detto sia motivo di coraggio e di tanta speranza.

Ogni eucaristia è la concezione della vita celebrata nel pane nel vino. Allora l'esistenza assume sfumature ben diverse. Chiediamo allo Spirito Santo che ci doni questa sapienza in modo che la provvidenza sia uno stile interiore con il quale istante per istante ci confrontiamo con la storia e siamo ricchi speranza.

Se il Dio che ci crea è in noi e ci crea continuamente nella sua fiduciosa benevolenza siamo già eternità beata.
 
 
 
 
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