OMELIA
L'esistenza del cristiano è tutta orientata alla contemplazione trasfigurante della gloria di Dio.
E’ il desiderio che è presente nel cuore di
ogni uomo: vedere luminosamente il volto del Maestro in un rapimento eterno,
dove la persona gusta il riposo nella pienezza della gloria.
E’ ciò che è presente nel cuore di ogni umana
creatura che prenda sul serio il senso della sua esistenza.
Il nostro cammino nel tempo e nello spazio è solo
un passaggio, dove ci alleniamo quotidianamente a sviluppare e a purificare il
desiderio di una pienezza di gloria. Questa meravigliosa tensione, che
rappresenta la speranza autentica della nostra vita, passa attraverso le
tribolazioni della storia. Già guardando il volto di Gesù e concentrando su di lui
la nostra vita interiore, intuiamo che non esiste risurrezione senza la morte.
La bellezza della gloria finale passa attraverso quell'evento misterioso, ma
liberante, che è la nostra morte, dove la tribolazione del morire è il
passaggio obbligato per poter gustare per sempre la Vita. Il perfetto
parallelismo lo cogliamo nel libro dell'Apocalisse, dove si afferma che quelli
che seguono l'Agnello ovunque vada ed hanno una veste candida, lavata nel
sangue dell'Agnello, sono passati attraverso la grande tribolazione. Senza le
tribolazioni storiche, vissute con cuore evangelico, non c'è visione di gloria
eterna e qui entriamo in una metodologia interiore che ci dà la gioia della
perseveranza e ci offre il coraggio di non aver paura davanti alla storia.
E’ bello rileggere in questa chiave il brano
che abbiamo ascoltato da Paolo: quei cristiani pensavano già di essere giunti
alla gloria eterna e non lavoravano. “Ormai il Signore è venuto e - si dicevano
- che bisogno c'è di lavorare? Aspettiamo il Signore!” Ma se andiamo al di là
dell'immagine, la venuta del Signore si realizza attraverso il continuo lavoro
spirituale dove il lavoro spirituale è nient'altro che quel preparare le nostre
persone a gustare quella eternità beata che è il desiderio dei nostri desideri.
In una simile interpretazione intuiamo la bellezza feconda della storia. Spesse
volte davanti alle vicissitudini della vita ci chiudiamo, abbiamo paura,
diciamo: la mia vita non serve a niente.. e le paure, in certo qual modo,
attanagliano così la nostra esistenza da perdere la speranza davanti alla vita!
E' il diffuso malcontento esistenziale che avvertiamo nel vissuto quotidiano.
Gesù, questa mattina, ci ha detto che le
tribolazioni sono nient'altro che il quotidiano attraverso il quale veniamo
continuamente purificati dilatando il desiderio di eternità. La bellezza della
vita è lasciarci costruire dalla storia.
Il Signore ha una pedagogia eccezionale. Il Signore vuole che lentamente
sviluppiamo la purezza del desiderio superando tante letture della vita che non
hanno nessun sapore evangelico. Nella prospettiva della sapienza evangelica
avvertiamo come siamo chiamati a passare spiritualmente attraverso il buio.
Qualche volta in alcuni frammenti della nostra esistenza ci riscopriamo così
nel buio da dire: che senso ha vivere? Ma Gesù stamattina ci ha dato una
luminosa risposta: quando vi presenterete ai tribunali non preparate mai la
vostra difesa, io stesso parlerò dentro di voi. Il buio della vita è scuola di
luminosità interiore.
Se ci confrontiamo con la storia della
spiritualità cristiana, scopriamo come un simile fenomeno appaia nella vita di
alcuni mistici. San Giovanni della Croce quanto più entrava nel buio della
storia, tanto più cresceva nella luminosità interiore. Le delusioni della
storia sono sviluppo di desiderio di eternità.
L'uomo, quando si chiude nel suo pessimismo,
in certo qual modo rinuncia ad essere alunno dello Spirito Santo, perché la
tribolazione è la verità della nostra interiorità, ecco la gioia del buio! Il
buio è il coraggio della profondità della luce perché il Signore in noi, quanto
più sentiamo la povertà della storia ci rende fecondi di eternità beata.
È quella bellezza del quotidiano attraverso
il quale, il Signore, lentamente, progressivamente, ci fa desiderare la purezza
d'essere illuminati. Gli stessi fallimenti storici, usando il linguaggio di
Paolo, sono potenza e sapienza di Dio. Quando fallisci nella storia stai
allenandoti nella docilità all'eterno.
Ecco perché il cristiano quando nel cammino
della vita vuol camminare in modo autentico non ha mai paura.
Lo stesso senso dell'assenza di Dio, che
qualche volta ci può raggiungere, è nient'altro che la capacità di desiderare Dio.
La morte di Dio ci fa desiderare la
luminosità di Dio.
In questo cogliamo la fecondità della vita.
Il cristiano, quando vuol ritrovare se stesso, parte da una certezza: c'è un
Dio creatore nel suo cuore che gli fa dire non solo che tutto è grazia, ma che
nel travaglio storico è in atto il dilatarsi di un disegno. Noi qualche volta
non riusciamo entrare in questa spiritualità perché abbiamo già le nostre idee,
i nostri pensieri, le nostre visioni di realizzazione, le nostre programmazioni,
ma la bellezza della fede è di far saltare tutto questo. La bellezza della fede
si coglie progressivamente nell'intuire una meravigliosa verità evangelica: chi
perde guadagna, chi va nel buio gusta la luce, chi va nella aridità della storia
ha la fecondità di Dio. Dio, quando ci si manifesterà nella pienezza della
vita, ci ricolmerà di una gioia incontenibile, indicibile e gloriosa, sarà un
Dio della massima fantasia. Allora la nostra esistenza, se riusciremo ad
entrare in questa visione, sarà un'esistenza che passerà - direbbe Paolo - di luce in luce, di gloria in
gloria, di fascino il fascino, di meraviglia in meraviglia.. è qualcosa che a
livello interiore noi dobbiamo continuamente costruire lasciandoci costruire.
I nostri stessi peccati diventano il luogo
della creatività meravigliosa di Dio. In questo la parola del Signore questa
mattina è estremamente illuminante: la gioia della crocifissione quotidiana.
Quando, nella nostra vita c'è la profonda
consapevolezza che siamo abitati dal Signore, le croci del quotidiano le porta
il Signore e, Bonhoeffer, direbbe: “è la
mia massima gioia” perché non è più
l'uomo che va alla ricerca di sé e quindi è sempre un deluso, ma è un uomo che
si lascia guidare dalla potenza divina che gli permette di liberarsi, di
purificarsi, di aprire il desiderio a quell’ appagamento che è la libertà di
Dio che al momento della nostra morte rivelerà tutta la sua bellezza.
La fede
è la vivente fantasia di Dio nella purificazione quotidiana. Qualora riuscissimo
ad entrare in questa vitalità spirituale, ci accorgeremmo che la bellezza della
vita non sono le cose che vanno bene, la bellezza della vita è nient'altro che
quel travaglio, quella tribolazione creata dallo Spirito per farci desiderare
quello che neanche sogniamo tanto Dio è grande!
Credo che oggi il Signore, che ci illumina
continuamente di eternità beata, che si fa desiderare in modo sempre più
affascinante quanto più cresciamo negli anni, ci insegna il metodo del Vangelo:
delusi per non essere delusi, purificati per gustare la pienezza, superare i
nostri pensieri per essere in sintonia con l'Invisibile. Se riusciremo a fare
questo passaggio, la vita sarà diversa, non ci lasceremo schiacciare dalle
paure, ma le paure saranno vissute come ha detto Gesù: io stesso vi dirò quello
che dovrete dire e fare e allora avvertiremo questo Divino operante in noi che
ci apre su orizzonti favolosi.
Non è l'eucaristia che stiamo celebrando?
Una delle esperienze che abbiamo dimenticato
è che nella tradizione, per poterci accostare all'eucaristia, occorre il tempo
di digiuno dove digiunare non vuol dire non mangiare, ma digiunare è purificare
il desiderio per poter avere gusti celesti: è la comunione!
Nel momento in cui ci accosteremo all'eucaristia,
gusteremo l'Eterno, e, mentre gusteremo l'Eterno, usciremo dalla chiesa dicendo:
sto camminando con l'Eterno e la storia nella sua drammaticità non mi
schiaccerà più perché la storia è parola di Dio per pregustare la bellezza del
paradiso.
Viviamo questo mistero con tanta semplicità, profondamente convinti che
il Signore ci chiama a qualcosa di grande ed è l'eucaristia che è anticipazione
del paradiso.-
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