13 novembre 2016

XXXIII DOMENICA - T.O. – Anno C

Ml 3,19-20  2Ts 3,7-12               Lc 21,5-19
OMELIA
L'esistenza del cristiano è tutta orientata alla contemplazione trasfigurante della gloria di Dio.

E’ il desiderio che è presente nel cuore di ogni uomo: vedere luminosamente il volto del Maestro in un rapimento eterno, dove la persona gusta il riposo nella pienezza della gloria.

E’ ciò che è presente nel cuore di ogni umana creatura che prenda sul serio il senso della sua esistenza.

Il nostro cammino nel tempo e nello spazio è solo un passaggio, dove ci alleniamo quotidianamente a sviluppare e a purificare il desiderio di una pienezza di gloria. Questa meravigliosa tensione, che rappresenta la speranza autentica della nostra vita, passa attraverso le tribolazioni della storia. Già guardando il volto di Gesù e concentrando su di lui la nostra vita interiore, intuiamo che non esiste risurrezione senza la morte. La bellezza della gloria finale passa attraverso quell'evento misterioso, ma liberante, che è la nostra morte, dove la tribolazione del morire è il passaggio obbligato per poter gustare per sempre la Vita. Il perfetto parallelismo lo cogliamo nel libro dell'Apocalisse, dove si afferma che quelli che seguono l'Agnello ovunque vada ed hanno una veste candida, lavata nel sangue dell'Agnello, sono passati attraverso la grande tribolazione. Senza le tribolazioni storiche, vissute con cuore evangelico, non c'è visione di gloria eterna e qui entriamo in una metodologia interiore che ci dà la gioia della perseveranza e ci offre il coraggio di non aver paura davanti alla storia.

E’ bello rileggere in questa chiave il brano che abbiamo ascoltato da Paolo: quei cristiani pensavano già di essere giunti alla gloria eterna e non lavoravano. “Ormai il Signore è venuto e - si dicevano - che bisogno c'è di lavorare? Aspettiamo il Signore!” Ma se andiamo al di là dell'immagine, la venuta del Signore si realizza attraverso il continuo lavoro spirituale dove il lavoro spirituale è nient'altro che quel preparare le nostre persone a gustare quella eternità beata che è il desiderio dei nostri desideri. In una simile interpretazione intuiamo la bellezza feconda della storia. Spesse volte davanti alle vicissitudini della vita ci chiudiamo, abbiamo paura, diciamo: la mia vita non serve a niente.. e le paure, in certo qual modo, attanagliano così la nostra esistenza da perdere la speranza davanti alla vita! E' il diffuso malcontento esistenziale che avvertiamo nel vissuto quotidiano.

Gesù, questa mattina, ci ha detto che le tribolazioni sono nient'altro che il quotidiano attraverso il quale veniamo continuamente purificati dilatando il desiderio di eternità. La bellezza della vita è lasciarci costruire dalla storia. Il Signore ha una pedagogia eccezionale. Il Signore vuole che lentamente sviluppiamo la purezza del desiderio superando tante letture della vita che non hanno nessun sapore evangelico. Nella prospettiva della sapienza evangelica avvertiamo come siamo chiamati a passare spiritualmente attraverso il buio. Qualche volta in alcuni frammenti della nostra esistenza ci riscopriamo così nel buio da dire: che senso ha vivere? Ma Gesù stamattina ci ha dato una luminosa risposta: quando vi presenterete ai tribunali non preparate mai la vostra difesa, io stesso parlerò dentro di voi. Il buio della vita è scuola di luminosità interiore.

Se ci confrontiamo con la storia della spiritualità cristiana, scopriamo come un simile fenomeno appaia nella vita di alcuni mistici. San Giovanni della Croce quanto più entrava nel buio della storia, tanto più cresceva nella luminosità interiore. Le delusioni della storia sono sviluppo di desiderio di eternità.

L'uomo, quando si chiude nel suo pessimismo, in certo qual modo rinuncia ad essere alunno dello Spirito Santo, perché la tribolazione è la verità della nostra interiorità, ecco la gioia del buio! Il buio è il coraggio della profondità della luce perché il Signore in noi, quanto più sentiamo la povertà della storia ci rende fecondi di eternità beata.

È quella bellezza del quotidiano attraverso il quale, il Signore, lentamente, progressivamente, ci fa desiderare la purezza d'essere illuminati. Gli stessi fallimenti storici, usando il linguaggio di Paolo, sono potenza e sapienza di Dio. Quando fallisci nella storia stai allenandoti nella docilità all'eterno.

Ecco perché il cristiano quando nel cammino della vita vuol camminare in modo autentico non ha mai paura.

Lo stesso senso dell'assenza di Dio, che qualche volta ci può raggiungere, è nient'altro che la capacità di desiderare Dio.

La morte di Dio ci fa desiderare la luminosità di Dio.

In questo cogliamo la fecondità della vita. Il cristiano, quando vuol ritrovare se stesso, parte da una certezza: c'è un Dio creatore nel suo cuore che gli fa dire non solo che tutto è grazia, ma che nel travaglio storico è in atto il dilatarsi di un disegno. Noi qualche volta non riusciamo entrare in questa spiritualità perché abbiamo già le nostre idee, i nostri pensieri, le nostre visioni di realizzazione, le nostre programmazioni, ma la bellezza della fede è di far saltare tutto questo. La bellezza della fede si coglie progressivamente nell'intuire una meravigliosa verità evangelica: chi perde guadagna, chi va nel buio gusta la luce, chi va nella aridità della storia ha la fecondità di Dio. Dio, quando ci si manifesterà nella pienezza della vita, ci ricolmerà di una gioia incontenibile, indicibile e gloriosa, sarà un Dio della massima fantasia. Allora la nostra esistenza, se riusciremo ad entrare in questa visione, sarà un'esistenza che passerà -  direbbe Paolo - di luce in luce, di gloria in gloria, di fascino il fascino, di meraviglia in meraviglia.. è qualcosa che a livello interiore noi dobbiamo continuamente costruire lasciandoci costruire.

I nostri stessi peccati diventano il luogo della creatività meravigliosa di Dio. In questo la parola del Signore questa mattina è estremamente illuminante: la gioia della crocifissione quotidiana.

Quando, nella nostra vita c'è la profonda consapevolezza che siamo abitati dal Signore, le croci del quotidiano le porta il Signore e, Bonhoeffer,  direbbe: “è la mia massima gioia”  perché non è più l'uomo che va alla ricerca di sé e quindi è sempre un deluso, ma è un uomo che si lascia guidare dalla potenza divina che gli permette di liberarsi, di purificarsi, di aprire il desiderio a quell’ appagamento che è la libertà di Dio che al momento della nostra morte rivelerà tutta la sua bellezza.

La fede è la vivente fantasia di Dio nella purificazione quotidiana. Qualora riuscissimo ad entrare in questa vitalità spirituale, ci accorgeremmo che la bellezza della vita non sono le cose che vanno bene, la bellezza della vita è nient'altro che quel travaglio, quella tribolazione creata dallo Spirito per farci desiderare quello che neanche sogniamo tanto Dio è grande!

Credo che oggi il Signore, che ci illumina continuamente di eternità beata, che si fa desiderare in modo sempre più affascinante quanto più cresciamo negli anni, ci insegna il metodo del Vangelo: delusi per non essere delusi, purificati per gustare la pienezza, superare i nostri pensieri per essere in sintonia con l'Invisibile. Se riusciremo a fare questo passaggio, la vita sarà diversa, non ci lasceremo schiacciare dalle paure, ma le paure saranno vissute come ha detto Gesù: io stesso vi dirò quello che dovrete dire e fare e allora avvertiremo questo Divino operante in noi che ci apre su orizzonti favolosi.

Non è l'eucaristia che stiamo celebrando?

Una delle esperienze che abbiamo dimenticato è che nella tradizione, per poterci accostare all'eucaristia, occorre il tempo di digiuno dove digiunare non vuol dire non mangiare, ma digiunare è purificare il desiderio per poter avere gusti celesti: è la comunione!

Nel momento in cui ci accosteremo all'eucaristia, gusteremo l'Eterno, e, mentre gusteremo l'Eterno, usciremo dalla chiesa dicendo: sto camminando con l'Eterno e la storia nella sua drammaticità non mi schiaccerà più perché la storia è parola di Dio per pregustare la bellezza del paradiso.
Viviamo questo mistero con tanta semplicità, profondamente convinti che il Signore ci chiama a qualcosa di grande ed è l'eucaristia che è anticipazione del paradiso.




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