OMELIA
La bellezza del nostro cammino di fede è
gustare una continua comunione che ci permette di superare ogni solitudine della
vita e di percepire come l'esperienza di Gesù sia il criterio unificante la persona
di tutti i credenti. Questa mirabile esperienza di comunione che abbiamo
contemplato martedì scorso, oggi assume una particolare sottolineatura: la
fecondità della vita di comunione è approfondire insieme il mistero della fede facendolo lentamente fermentare
perché la bellezza di credere è la
bellezza di essere insieme per condividere in una fecondità inesauribile il
mistero della persona di Gesù.
La fede non si vive mai da soli, la bellezza
della fede è il fiorire di una comunione per cui man mano la vita si dilata e
si sviluppa, il dono della fede fiorisce sempre di più. La bellezza della fede
che oggi la parola divina ci comunica è la bellezza della vita come anticipazione
di una eternità beata, anticipazione che dà coraggio e speranza nel cammino della
storia.
Quando siamo stati battezzati, siamo entrati
nella comunione della Chiesa, siamo entrati nella condivisione della bellezza
della persona di Gesù, abbiamo gustato il mistero della vita. Le immagini del
Vangelo odierno devono essere lette nella loro profondità. Questo processo si
costruisce insieme, in una comunione di preghiera e di affetto nella comune
contemplazione del volto di Gesù.
Nasce di riflesso un interrogativo molto
attuale: qual è il senso della vita?
Il senso della vita si elabora lentamente,
giorno per giorno, per vivere questa intensa sensazione di eternità che diventa
una esperienza e, nello stesso tempo, una meravigliosa interpretazione della vita.
Infatti il cristiano è tale perché con i fratelli vive un'unica relazione, la
relazione con Colui che ha detto “io sono la risurrezione e la vita”. Se nel
caso dei Maccabei la vita scaturiva dall'obbedienza alla legge, nel caso
dell'esperienza cristiana noi gustiamo la vita come assimilazione divino-umana
per attrazione nel mistero stesso di Gesù. Il giorno in cui siamo stati
battezzati l'eternità è entrata nella nostra vita perché in quel momento Gesù
ha stabilito una relazione con noi facendo passare nelle nostre persone il
mistero della sua persona. Quando il cristiano ha davanti a sé degli
interrogativi circa il futuro e il presente, l'orientamento immediato che nasce
nel nostro spirito è guardare a Gesù, sentirsi in comunione con lui e con tutti
i fratelli che gustano la stessa identica esperienza. Gesù nella sua relazione
con noi ci regala continuamente l'eternità beata.
Una simile convinzione ci permette di intuire
perché Gesù si sia richiamato alla famosa visione del roveto ardente dove il
Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe è un Dio che assomma in sé due grosse
verità: la fedeltà e la vita, la vita e la fedeltà. Nel momento in cui Dio si è
rivelato a Mosè, in quel momento Dio ha detto “tu e il popolo” (e noi diciamo oggi,
l'umanità intera) "siete il mio respiro e crescete nel mio respiro".
È sempre bello andare al momento in cui
l'autore sacro della Genesi ci narra la creazione dell'uomo ed avvertiamo che
l'uomo è creato nel soffio, nel respiro di Dio che è la vita della nostra vita.
La bellezza d'essere credenti è "respirare insieme” quel respiro di Dio
che è la grandezza e la fecondità della vita. Ciò che ci unisce è che noi
respiriamo la stessa atmosfera, respiriamo la medesima vita divina. In questo
il cristiano non si trova mai solo e condivide la bellezza della sua esistenza
con i fratelli per gustare la profondità della vita e poiché quello che Dio ha
creato all'inizio della storia umana non lo dimenticherà mai.
In questo scopriamo la luminosità della
fedeltà di Dio! In quel “Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe” gustiamo il
Dio che non delude e che non si dimentica mai di noi! È qualcosa di cui
dovremmo percepire fino in fondo tutta la sua ricchezza e ci farebbe dire: la
bellezza della vita è una presenza che diventa desiderio, un desiderio che
brama compimento e diventa il canto di quella gloria futura dove noi
eternamente seguiremo l'Agnello cantando. Ecco perché è bello essere Chiesa!
La bellezza di essere Chiesa non è né la catechesi,
né il rito, né il precetto morale. La bellezza dell'essere Chiesa è insieme
accogliere l'annuncio: Gesù è la vita per poter cogliere fino in fondo questo
regalarsi di Dio che entra nella nostra storia. E' un annuncio che, una volta
accolto nel cuore, viene approfondito nella catechesi.
Un simile itinerario esistenziale diventa l’incarnare
la persona di Gesù nel rito e un tale evento ci offre la bellezza profonda del
rapporto con lui trasfigurando le nostre persone e collocandoci in quel clima
di eternità beata che è il respiro del nostro istante. Di conseguenza il nostro
agire morale non sarà altro che dire "grazie" a quel respiro divino
umano che il Risorto ci comunica per poter maturare nella vita divina.
Se riuscissimo ad entrare in questo orizzonte,
la bellezza della Chiesa sarebbe il segno profetico, il vessillo davanti
all'intera umanità che è alla ricerca del senso della vita, del mondo nuovo che
il Risorto offre ad ogni creatura umana. Animati da tale verità evangelica,
supereremmo quelle letture psichico-sociologiche, quelle letture determinate
dalla cultura mass-mediatica per ritrovarci la Chiesa nell'essere fratelli in
forza dello Spirito Santo, per approfondire questo senso della vita divina che
è l'anima della nostra anima.
Se intuissimo tale grandezza, scopriremmo una
conseguenza molto semplice: l'uomo non può vivere senza interpretare la sua
vita con verità e serietà. Tutti noi siamo alla ricerca di un senso da dare al
nostro istante, non possiamo vivere senza l'uso della nostra intelligenza e,
allora il condividere questa luce divina fa sì che il cuore conduca
l'intelligenza a leggere nella storia di Dio il nostro istante. È la vocazione
battesimale!
Spesse volte non riusciamo a entrare in
questa bellezza perché non ci soffermiamo un momento a porci la domanda: chi
sono io?
Se ci ponessimo veramente la domanda, la risposta
del Vangelo è molto semplice: sei fratello e sorella di ogni uomo e di ogni
donna, per ritrovare in questa condivisione quella storia di Dio che è eternità
iniziata nel tempo. Se riuscissimo a condividere questo respiro, la vita, in
tutta la sua drammaticità, sarebbe una vita in cui respiriamo pur soffrendo, ma
il respiro è qualcosa che non ci abbandonerà, ecco perché il cristiano non
conosce la morte perché il cristiano passa dal respiro storico al respiro
eterno, dall'occhio che vede la storia all'occhio che vede l'eternità beata.
A me piace vedere la morte come una
operazione oftalmica dove si passa dagli occhi che vedono la storia concreta a
degli occhi che ricevono quella luce di gloria che è l'eternità che non si conclude
mai. E allora accogliamo questa parola di Gesù, questa mattina, che dovrebbe
darci tanto respiro! L’uomo di oggi è schiacciato, è schiacciato dalla
complessità della storia e non riesce più a vivere e allora si diventa sofisti,
come i sadducei del Vangelo. Sappiamo cogliere questa bellezza divina che è dentro
di noi, che condividiamo con i fratelli perché noi siamo una comunità evangelica
solo perché viviamo già nel tempo l’eternità beata. Camminando in questa luce,
non avremo più paure e saremmo ricchi di fiducia nel costruire il quotidiano.
Questa luce evangelica ci permette di dire che è bello ritrovarci
nell'eucarestia. Gesù ci dice:" Mi stai assumendo in un segno, pensa a
quando io sarò con te per sempre, e 'mi assumerai nella visione' e io ti rivestirò
di una luce gloriosa!" L'eucarestia è nient'altro che l’anticipazione che
orienta al compimento del desiderio di vedere il Signore presto faccia a
faccia. E’ qualcosa che ognuno di noi sente nel suo intimo perché la sua vita è
tutta un cammino in questa gloria futura. E' quello che, con tanta fede, diremo
tra poco: annunciamo la tua morte Signore, proclamiamo la tua resurrezione in attesa
della tua venuta. Corriamo con esultanza verso questa meta veramente
inesauribile nella quale, insieme, con tutta l’umanità, eternamente canteremo
la contemplazione del volto del Padre. Questa sia la speranza che insieme
vogliamo vivere e condividere giorno per giorno, pur nel travaglio della storia
dei nostri giorni.
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