OMELIA
Accogliere
il Signore nella storia quotidiana è maturare giorno per giorno nella propria
identità e tutti gli uomini sono chiamati a entrare in questo itinerario poiché
Gesù è la luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo. Ogni uomo è
chiamato ad accogliere il Cristo per ritrovare pienamente se stesso.
Questa
mattina Gesù vuole aiutarci a ritrovare il metodo perché possiamo, come ogni
uomo, realizzare la gioia di essere creature luminose nel mistero di Gesù ed è
molto bello coniugare le due affermazioni che noi abbiamo udito sulla bocca di
Gesù: "Convertitevi perché il regno dei cieli è vicino".
In
questa espressione troviamo la dinamicità del cammino di un cristiano che è
chiamato a camminare nella freschezza della fede, giorno per giorno, passando
di luce in luce, di gloria in gloria, in un costante processo di
immedesimazione nella luce che è Gesù.
Innanzitutto
è importante comprendere l'espressione: "il regno dei cieli è vicino".
In essa cogliamo il senso della profezia di Isaia: "Un popolo che
camminava nelle tenebre vide una grande luce". Qui appare la coscienza
profonda del cristiano, il quale sa di essere stato raggiunto da una luce che
ne determina fondamentalmente la vita. Il dinamismo all'interno del cuore
dell'uomo parte da questa consapevolezza: si è raggiunti da qualcosa di
meraviglioso. Nel cammino della nostra esistenza siamo nati dalla luce, viviamo
con la luce, camminiamo nella luce perché dobbiamo diventare veramente noi
stessi in Gesù, vera luce, in modo che tutti gli uomini possano trovare la luce.
Qui scopriamo quel desiderio che è stato seminato dalla benevolenza divina e
che Gesù genera nel cuore dell'uomo in modo veramente inesauribile.
E'
il gusto della costante creatività divina in noi che dà alla luce una gloriosa
autenticità di vita nello stile del vangelo. Chi si lascia immergere in una
simile verità intuisce il significato profondo della parola “conversione” a cui
Gesù ci chiama.
Quando
sentiamo l'espressione “conversione”, immediatamente potremmo essere portati a
leggere questa espressione come andare a ricercare chissà quale novità di vita.
Dovremmo sempre ricordarci che la conversione nasce dall'essere invasi da una
luce, da un Gesù che si fa desiderare, da un Gesù che si fa incontrare, da un
Gesù che penetra nella nostra esistenza, da un Gesù che diventa l'anima di ogni
nostra scelta. Lasciare abitare Gesù in noi e noi abitare in lui è la forza del
nostro quotidiano. L'importante è che questa luce la lasciamo penetrare e che
il senso della vita che è la persona di Gesù entri nelle nostre persone e
diventi il principio fondante della nostra storia. Quando l'uomo avverte questo
annuncio di salvezza “il regno dei cieli è vicino” intuiamo che la conversione
fiorisce in noi come atteggiamento di riconoscenza.
La
conversione è dire grazie a Dio per il mistero di luce che ha invaso la nostra
esistenza. Quanto sarebbe bello se nella nostra vita i nostri atteggiamenti
potessero essere intimamente espressione di riconoscenza!
Tante
volte il cristiano trova fatica nell’itinerario quotidiano perché non ha il
gusto di lasciarsi invadere da qualcosa di più grande di lui che ne determina l’atteggiamento
quotidiano.
La
conversione è dire grazie al Dio che ci comunica se stesso giorno per giorno,
anzi la conversione è la fecondità della gratitudine. Noi qualche volta
dimentichiamo di essere raggiunti dalla ineffabilità di Dio e non riusciamo a
percepire come il desiderio di vita che è presente in ogni persona nasca dalla
presenza stessa di Dio in noi. E’ Gesù che vuole illuminare le nostre persone e
ci fa desiderare il senso e la bellezza della vita. La conversione è l’incarnazione
feriale di questa gratitudine. Ci troviamo di fronte ad una gratitudine che ci
trasfigura.
Una
delle stimolazioni molto forti della cultura di oggi è quella domanda che
spesso sentiamo risuonare nei contesti contemporanei: "Che senso ha la
vita?”, soprattutto quando siamo soggetti alla tragicità della storia che è
sempre posta davanti ai nostri occhi. Il cristiano nella semplicità del suo
esistere sottolinea la vocazione evangelica alla riconoscenza. La riconoscenza è
la forza della conversione, non si può essere amati all'infinito e non riamare l'altro
pur con i limiti della nostra vita. La conversione è la vivacità del cuore
dell'uomo, non esiste un istante della nostra esistenza che non sia collocato nel
divenire creature nuove in questa conversione. L'apostolo Paolo ce l'ha
ricordato molto bene stimolandoci a una costante ricreazione della nostra
esistenza perché non dobbiamo rendere vana la croce di Cristo.
Purtroppo
tante volte non ci convertiamo perché non ci lasciamo invadere dalla genuinità e
dalla fecondità del dono dello spirito, del dono della luce. In certo qual modo
vorremmo nella nostra vita aver acquisito un equilibrio per sempre, un'armonia
esistenziale duratura ma Gesù ogni giorno prende per mano le nostre persone,
ogni giorno ci fa avvertire che dalla sua croce ci ama in modo meraviglioso
perché la conversione sia sempre viva e attuale nella costruzione del nostro quotidiano.
Dovremmo rivivere quel grazie all'Amore che vuole rinnovare effettivamente la
nostra esistenza.
La
vita del Cristo, lentamente, giorno per giorno ci rende partecipi del suo amore
crocifisso per darci quella luminosità
esistenziale che genera ebbrezza interiore nella costruzione dell'esistenza.
Se
tutto questo penetra profondamente nel nostro spirito, riusciamo a capire perché
gli evangelisti, quando risuonava l'annuncio del Vangelo, immediatamente
narravano la vocazione degli apostoli perché l'apostolo è sacramento vivo della
conversione esistenziale. La conversione rappresenta uno stile interiore di
chiunque si lasci chiamare a vivere di Cristo e solo di Cristo.
Questo
è un aspetto che dovremmo scoprire leggendo attentamente il vangelo. Il
cristiano è segno vivo di un Cristo che vive in lui. Chiunque entri in questa
dinamica spirituale si lascia sempre illuminare e si accorge che la conversione
rende vivace l’esistenza in un rinnovamento veramente inesauribile.
Il
cristiano, anche a novant'anni, ha il gusto della conversione perché anche a
novant’anni Dio è nuovo, ci illumina e
ci dà la capacità di lasciarci continuamente rigenerare. Il cristiano non
conosce la stanchezza interiore, pur nelle fatiche anche drammatiche
nell'esistenza quotidiana, perché continuamente la sua esistenza è raggiunta da
questa ineffabilità divina che abita nella sua persona.
Una
simile esperienza rappresenta la luminosità spirituale di ogni discepolo di
Gesù.
Ogni
giorno ci viene offerto questo dono, ogni giorno nel vissuto contempliamo la
condiscendenza amorosa del Risorto, ogni giorno le scelte che bramiamo
cerchiamo di renderle in sintonia con il vangelo perché siano giuste.
In
un simile orizzonte l'esistenza cristiana diventa di una semplicità enorme: è
il gusto che fin dal mattino opera in noi di desiderare Gesù, di lasciarci
illuminare dal suo Spirito nella costruzione dell'esistenza perché la
conversione è la fecondità di questo desiderio di luce.
L'eucarestia
che stiamo celebrando rappresenta l'espressione di un popolo che camminava
nelle tenebre e vide una grande luce. L'eucarestia è Cristo luce che viene ad
abitare in modo più vivo in noi per darci la gioia della novità. Il cristiano
che si converte è la luminosità gioiosa di Dio nelle tribolazioni del feriale.
Tale
sia il mistero che vogliamo vivere in questa eucarestia in modo da avere sempre
quel gioioso tormento dell'esistenza che non ci fa mai sedere un istante, ma ci
permette sempre di camminare, convinti che Dio che è in noi compie meraviglie.
Questa sia la speranza che vogliamo rivivere in noi per non rendere vana la
croce di Cristo e realizzare quell'itinerario di comunione a cui l'apostolo
Paolo ci ha richiamato nella liturgia della parola di questa mattina.
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