OMELIA
La
bellezza del cammino quaresimale ha come meta l'essere sempre più consapevoli
d'essere discepoli del Signore e per realizzare questa meta Gesù, domenica
scorsa, ci ha condotti nel deserto perché vivessimo unicamente della Parola, della fedeltà di Dio, del Dio che guidandoci non
delude. Questo cammino, oggi, viene illuminato dalla grande meta della nostra
esistenza: il discepolo è colui che
vivendo del Maestro entra in un itinerario di trasfigurazione.
Questa
è la meta della nostra esistenza e la sua animazione quotidiana.
Il
cristiano camminando nel tempo sogna questa realtà futura, questa
trasfigurazione, questa luminosità eterna che è il senso stesso della nostra
esistenza. Quelle vesti candide non sono nient'altro che la nostra esistenza
avvolta dalla luminosità gloriosa di Dio. Si potrebbe paragonare questa
rinascita luminosa alla affascinante luminosità del mare quando le onde sono
calme e la luce si riflette in modo dinamico sulle onde, facendoci sperimentare
la luminosità che vediamo nelle vesti candide di cui è avvolto Gesù
nell'episodio della trasfigurazione e di cui anche noi saremo rivestiti nella
meravigliosa liturgia della Gerusalemme del cielo.
Gesù
oggi ci vuol collocare nella sua persona gloriosa che sarà il nostro futuro
definitivo.
In
quest'ottica riscopriamo che il vivere di futuro non è altro che trovare una feconda
speranza nel presente, senza lasciarci condizionare dal passato. Il Signore nel
deserto della storia ci dice la luminosità eterna che lentamente fiorisce nella
nostra ferialità. Sono le luci che il Maestro ci offre in questo inizio di
percorso quaresimale.
Per
realizzare questa meta gli evangelisti pongono accanto alla figura luminosa di
Gesù le due persone di Mosè e di Elia. L'approccio a quei due personaggi
dell'antico testamento ci permette di rispondere ad una domanda che nasce
spontanea nel nostro cuore: "Come, Signore, possiamo veramente entrare in
questa gloria, lasciarci rigenerare da questa eternità beata nel momento stesso
che camminiamo nel tempo?”
In
quel conversare di Gesù con Mosè ed Elia scopriamo la strada per entrare in
questa luminosità, perché entrambi hanno vissuto - sia pur nelle modalità loro
- la stessa esperienza: la montagna sulla quale Dio si è loro manifestato.
Gesù
si trasfigura sulla montagna, Mosè ed Elia vengono rinnovati dalla gloria di
Dio sulla montagna perché il criterio di fondo per giungere a questa
trasfigurazione sul monte è vivere l'esperienza di Mosè ed Elia. Quest'esperienza
di Mosè e di Elia si è costruita nei 40 giorni che Mosè ha vissuto sul monte e
nei 40 giorni che Elia ha vissuto nel cammino verso la montagna del Signore.
In
questo cammino verso la montagna del Signore dove entrambi hanno avuto la
manifestazione della gloria di Dio essi sono vissuti nel digiuno, nel gusto di
una presenza e di una intensa intimità spirituale.
Si
dice nelle testimonianze scritturistiche che Mosè per 40 giorni e 40 notti sul
monte digiunò, e di Elia si afferma che per 40 giorni e 40 notti si nutrì e
visse di quello che Dio gli regalava, mentre era in cammino verso la montagna
del Signore. Su un simile sfondo diventiamo alunni di queste meravigliose
esperienze di Mosè e di Elia per poter percepire dentro di noi quella forza trasfigurante
che avrà la sua realizzazione quando saremo in paradiso.
L'atteggiamento
che li ha caratterizzati è stato, sia pur in modalità diverse, il digiuno. La
domanda che nasce spontanea potrebbero essere questa con una immediata risposta:
"Cosa
vuol dire digiunare se non “ascoltare”?
Cosa
vuol dire digiunare se non purificare il desiderio?
Cosa
vuol digiunare se non evidenziare il primato dell'invisibile e delle realtà
celesti rispetto al visibile e alle realtà terrestri?”
Infatti
se guardiamo attentamente la bellezza della vita essa non è altro che un camminare
con un intenso desiderio di autenticità di vita. L'uomo nel cammino della sua
esistenza desidera essere autentico, soprattutto in una cultura dell'immagine
che porta l'uomo fuori dalla sua verità di vita. Camminare nel digiuno è dire
questo primato dell'invisibile, questo primato dei grandi ideali che devono
affascinare la nostra vita, dei grandi orizzonti nei quali introdurre la nostra
esperienza.
Il
digiuno è la voglia di vivere in pienezza dove questo vivere in pienezza è
niente altro che dissetarci e sfamarci alla divina presenza. Entrambi, Mosè ed
Elia, hanno goduto di questa meravigliosa presenza. Se cogliessimo a livello
interiore questo itinerario riusciremmo a capire cosa sia "trasfigurazione",
cosa voglia dire entrare nella luminosità di Dio, cosa significhi vivere di un
futuro che dà respiro nel travaglio del contingente che, tante volte, ci
soffoca e ci impedisce di respirare.
Se
uniamo le due esperienze di Mosè ed Elia intuiamo la bellezza trasfigurante
d'essere discepoli.
Mosè
al termine di quei 40 giorni e 40 notti vide la gloria di Dio, la presenza di
Dio, il Dio che gli parlava, il Dio che gli regalava la legge, che gli regalava
il "cuore" nel quale Israele era destinato a costruire la sua vita.
Un
digiuno che non divenga ascolto, che non divenga desiderio amoroso di una
presenza, non ha senso.
La
bellezza del camminare sul monte del Signore è quella di una ascensione
interiore, autentica, dove tutta la persona desidera essere trasfigurata. Quel desiderio immenso che
c’è nel discepolo di diventare come il Maestro non è altro che l'esperienza di Mosè.
Se
poi entriamo nell'esperienza di Elia, ci accorgiamo come egli al termine del
suo itinerario nel deserto, sul monte, ha respirato il respiro di Dio. In
quella visione che noi abbiamo ritradotta in modo molto forte il gusto
dell'incontro con la bellezza di Dio. Se guardiamo attentamente il testo che
narra la vicenda di Elia ci accorgiamo della grandezza dell'entrare nella
brezza divina che ci offre un significato molto profondo: Elia ha gustato il
respiro di Dio e avendo gustato il respiro di Dio ha ritrovato lo slancio nella
sua esistenza e si è riavuto nel continuare la sua missione profetica.
E'
sicuramente molto bello vedere il risultato di questa loro vicenda spirituale.
Entrambi,
scendendo dal monte, dopo aver fatto questa meravigliosa esperienza hanno
comunicato la luminosità di Dio ad Israele, come nel caso di Mosè; Elia a sua
volta ha comunicato l'entusiasmo della vita. Nelle loro figure vediamo la vita
dei discepoli che scendendo dal monte gustano d'essere con il Maestro: videro
Gesù solo con loro! La bellezza della trasfigurazione è desiderare di vedere
solo il Signore in una essenzialità di vita che qualifica fine in fondo la
nostra storia: è il reale sogno del discepolo!
Allora
entrando in questo itinerario interiore, scopriamo che l'essere discepoli non è
portare dei pesi, ma liberarci dai pesi, in una esperienza in cui Dio ci
solleva dalle pesantezze della storia che ci impediscono di respirare per
entrare in un cammino di gloria dove le vesti candide avvolgono la nostra vita
e la nostra corporeità diventa luminosa nella luminosità di Dio.
È
il mistero eucaristico che ci qualifica interiormente.
La
gioia ogni domenica di ritrovarci nell'eucarestia è la gioia degli affamati che
digiunano dei desideri di questo mondo per essere veramente alimentati da
questo desiderio di eternità che riempie il cuore, la mente, il sensibile e ci
rende interiormente uomini così luminosi poiché il Maestro si rivela a noi, e
noi vediamo tutto negli occhi del Risorto che diventano i nostri occhi.
Questa
è la bellezza dell'essere discepoli: entrare nella trasfigurazione è
nient'altro che entrare in un cammino; con il cibo eucaristico camminiamo per i
40 giorni e 40 notti che è la nostra vita intera, per poter giungere al termine
della nostra vicenda storica. Quando moriremo, saremo per sempre in quella
luminosità eterna dove eternamente canteremo la gioia di essere stati con Gesù.
Questa
sia la speranza che vogliamo portarci a casa questa settimana in modo che la
nostra esistenza in questa luminosità di vita ora vissuta possa diventare quella
grande forza che ci proietta in avanti. Un simile desiderio si compirà solo
quando saremo investiti di questa luminosità eterna che è la bellezza e la
gioia della nostra storia.
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