DOMENICA 16 MARZO 2025
Gen 15,5-12.17-18 Fil 3,17-4,1 Lc 9,28-36
OMELIA
Il cristiano ha il gusto di conoscere
sempre più, giorno per giorno, il Maestro divino. La Quaresima rappresenta il
momento ideale per entrare in questa conoscenza e, da una parte, dicevamo
domenica scorsa, le difficoltà sono il luogo per maturare nella fedeltà di Dio.
La parola di Dio entrando in noi
riscalda il cuore, illumina la mente e dà la capacità di vincere ogni oscurità.
Oggi Gesù, per farci comprendere come la sua conoscenza si realizza sull'albero
della croce, manifestazione piena dell'amore di Dio per l'umanità, ci vuole aiutare
a capire come poter entrare in questo che è il nucleo fondamentale della fede,
ma anche il nucleo fondamentale della nostra vita poiché la croce è
l'espressione massima dell'amore di Gesù per il Padre e per ogni uomo.
Il contesto nel quale l'episodio della
trasfigurazione si colloca ci offre due particolari stimolazioni perché
possiamo entrare veramente in questa conoscenza di Gesù: il tutto avviene sul
monte, Gesù è in stato di preghiera. Queste
due connotazioni rappresentano la condizione per entrare nella gloria del
Crocifisso. Innanzitutto l'evento si colloca sulla montagna.
Quando ci accostiamo alle divine
Scritture notiamo in particolare che Dio rivela la sua gloria sempre sul monte.
Nel cammino dell'esodo Dio appare a Mosè sul Sinai, nell'esperienza del profeta
Elia sul monte Oreb perché, salire sul monte, vuol dire entrare nella vicinanza
di Dio. Gli antichi usavano i linguaggi del concreto per indicare gli itinerari
interiori per comprendere il rapporto con Dio. Davanti alla visione un po' antropologica
che Dio abita “lassù”, dove c'è massima vicinanza con Dio, se non sulla cima di
un monte?
Salire sul monte era dilatare la sete del volto di Dio, salire sulla
montagna con Gesù è rivivere in modo profondo questa sete del rapporto con il
Padre che caratterizzava la sua esistenza e che deve caratterizzare la nostra
esistenza. Salire sul monte vuol dire
progressivamente allontanarci dalle realtà contingenti di questa vita, vuol
dire “leggere” con maggiore distacco, vuol dire camminare in altezza per illuminare
tutto ciò che è in pianura. Chiunque voglia cedere all'esperienza dell'amore di
Dio nella morte-risurrezione di Gesù deve salire
sul monte, deve dimenticarsi del contingente, destinato a passare, per
potersi illuminare di quella eternità beata che è la speranza in ogni travaglio
storico. Ce lo ricorda il salmo: "Alzo gli occhi verso i monti, da dove mi
verrà l'aiuto? Il mio aiuto viene dal Signore".
Quando siamo davanti all'esperienza
della croce dobbiamo chiedere a Gesù: come posso entrare nella sapienza del tuo
amore? Gesù ci dice: “Sali con me la montagna, lasciati affascinare dalla mia
persona, seguimi nella salita verso la comunione con il Padre e lì potrai
vedere che la croce è una gloria, la croce è un'esperienza luminosa, che la
croce è il luogo della fedeltà inesauribile del Padre, perché quella croce vuol
dire risurrezione!”
Nello stesso tempo l'evangelista Luca
pone questa rappresentazione-espressione gloriosa della croce ponendo Gesù in
stato di preghiera. La preghiera è la traduzione della gioia di essere creature
davanti al Creatore. L'uomo che prega ha il cuore spalancato sul mistero,
l'uomo che prega dimentica pensieri, parole, atteggiamenti esteriori per avere
il desiderio di accogliere il divino in tutta la sua libertà. La grandezza
pericolosa della preghiera è lasciare spazio alla creatività inesauribile di
Dio.
Non dobbiamo solo salire sul monte,
entrare nella comunione con Dio, ma dobbiamo spalancare la nostra esistenza
sulla signoria di Dio. Quando l'uomo si pone in questi atteggiamenti viene
illuminato dalla divina Presenza. La bellezza di pregare è il coraggio di non
saper pregare, in modo che il Signore sia il Signore del nostro cuore della
nostra persona; in questo clima di luce, di trascendenza, anche la croce
diventa luminosa, anche quel cammino che Gesù sta compiendo verso Gerusalemme è
un cammino verso la fedeltà del Padre che è risurrezione. Ecco perché il
cristiano se vuole veramente conoscere chi sia Gesù deve sempre, a livello
interiore, avere lo sguardo verso l'alto con il cuore puro e aperto alla
creatività divina.
Se cogliessimo questa verità in noi
si realizzerebbe il principio che Paolo ci ha regalato nella seconda lettura:
“Il Signore Gesù Cristo trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al
suo corpo glorioso”. Il cristiano quando vive quelle due condizioni, essere sul
monte e in preghiera, avverte nella propria esistenza un rinnovamento glorioso
che immette nella sua vita quella ineffabile speranza che è luce in ogni
tenebra della storia. La bellezza della vita di un discepolo è avvertire dentro
di sé questo mistero glorioso che, se anche dalle stimmate della croce, ti dà
la luminosità di quella fedeltà divina che è la speranza, quella fede ferma e
insostituibile che dà il coraggio di essere luce anche nel buio fitto.
Ecco perché questa mattina ci siamo
ritrovati qui in chiesa: avevamo bisogno di questa luce, avevamo bisogno di
sentire questa gloria di Dio che rifà la nostra persona e ci dà la capacità di
camminare. Il Signore non ci delude.
Venire all'Eucaristia è essere sul
monte,
venire all'Eucaristia è porci in
stato di preghiera,
venire all'Eucaristia è ricevere il
dono del Padre che è Gesù morto e risorto.
Nel momento in cui il cristiano si
accosterà all'Eucaristia avvertirà un mistero di gloria e di calore che gli
darà la capacità di camminare in novità di vita. Nell'antichità si diceva che,
quando un cristiano va a messa e non fà la comunione, è uno scomunicato perché
è inconcepibile stare con il Signore e non inebriarci con tutto il nostro
essere di questo affascinante mistero. Questa mattina lasciamoci trasfigurare,
in modo che comunque vada la nostra settimana dentro di noi ci sarà il ricordo:
sul monte, con Gesù, sono entrato in una ineffabile luce! Il Cristo in me ha
trasfigurato la mia persona e, se il Signore è in noi, chi può essere contro di
noi? Questo il fascino che dobbiamo accogliere per camminare in serenità giorno
per giorno, nonostante tutto e nonostante tutti.
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