At 1,1-11 Ef 4,1-13 Mc
16,15-20
OMELIA
Il Signore risorto guida i nostri passi e noi
ci lasciamo da lui continuamente condurre perché vogliamo giungere alla
pienezza della nostra vita.
In lui, con lui e come lui desideriamo essere
assunti alla destra del Padre.
La bellezza e la fecondità di seguire ogni
giorno il Maestro orienta la nostra vita verso questo mistero di pienezza di
gloria che affascina il nostro percorso quotidiano e ci ricolma di fiducia e di
speranza. Respiriamo l'eterno nel cammino del quotidiano.
Ma qual è il metodo esistenziale in base al
quale possiamo percepire che Gesù è stato assunto alla destra del Padre ? Come
battezzati sappiamo che solo guardando a Gesù e lasciandoci affascinare da lui
possiamo entrare in questa pienezza di vita. Con un simile orientamento ci
accorgiamo che il mistero di Gesù è stato il percorso di una vita dove il cuore
del Padre era nel cuore del Figlio. Noi qualche volta non siamo alunni
autentici della parola di Dio perché, se abbiamo notato nel brano che abbiamo
ascoltato dall'evangelista Marco, è usata la parola fu elevato in cielo è un verbo al passivo. La bellezza della vita
di Gesù è stata tutta racchiusa nel meraviglioso rapporto che aveva con il Padre.
La sua umanità è alunna, giorno per giorno, di quel rapporto con il Padre che
determinava la sua esistenza.
Ogni giorno della vita del Maestro era un
giorno di assunzione nella meravigliosa e misteriosa comunione con il Padre
nell'energia dello Spirito.
È quello che ha detto molto bene il testo di
Paolo colui che discese è colui che ascese,
come è altrettanto stimolante l'espressione del Vangelo di Giovanni: Sono uscito dal Padre e sono venuto nel
mondo, ora lascio il mondo e torno al Padre. Dovremmo sempre imparare che la meta della vita è ciò che anima l'intero
percorso dell'esistenza.
La bellezza dell'esistenza di Gesù è stata
unicamente obbedire al Padre compiendone le opere, facendo di ogni atto della
sua persona il linguaggio del suo rapporto con il Padre. Potremmo dire che Gesù
lentamente è stato assunto alla
destra del Padre; il momento della croce è stato il momento di quella
elevazione che l’ha condotto, l’ha guidato alla comunione con il Padre. In
termini autentici Gesù è stato assunto alla destra del Padre il giorno della
sua risurrezione poiché, essendo la sua vita un salire, nel momento in cui il Padre
lo ha fatto risorgere dai morti lo ha collocato alla sua destra. Guardare a Gesù
che sale in cielo è guardare la nostra esistenza che, in Gesù, sta salendo al
cielo.
Con questo sguardo del cuore nasce un
interrogativo pressante nel nostro spirito: come possiamo anche noi salire in
cielo giorno per giorno? In termini di paradosso evangelico non esiste un
momento della morte per il cristiano, ma c'è il passaggio da una ascensione
storica ad una visione gloriosa. La vita è un salire. Usando un linguaggio
paradossale, non dovremmo più contare gli anni della nostra vita da quando
siamo nati, ma contare i giorni che mancano all'incontro definitivo perché, in
certo qual modo, la nostra aspirazione interiore deve essere: dov'è il Maestro?
Noi imitiamo qualcuno per essere con lui, per sempre! E allora la bellezza
della nostra esistenza è lasciarci guidare.
Il giorno del nostro battesimo Gesù è entrato
in noi e la sua presenza in noi è l'anima di questo cammino. Come nella nostra
esistenza possiamo esistenzialmente essere sempre in salita fino al momento in
cui, nella pienezza della salita, eternamente godremo del Padre?
Il primo elemento che dovremmo ritrovare è la
convinzione della profonda coscienza che il Signore è nella nostra vita. La
descrizione che l'evangelista Luca ci offre dell'ascensione rivela qualcosa di
molto profondo: Gesù non è stato assunto al cielo per essere lassù, Gesù è
stato assunto in cielo per essere gloriosamente
quaggiù. La bellezza del Signore è che egli è sempre presente, e una simile
presenza è essenzialmente una viva relazione. La nostra giornata abitualmente è
in relazione con il Maestro. Il Signore in noi ci rende capaci di eternità
perché lui che è alla destra del Padre sta vivendo intensamente nella nostra
vita. L'eternità è già in noi: è la sua presenza gloriosa!
Una simile esperienza si ritraduce
nell'ascoltare Gesù; è molto bello come il Vangelo di stamattina ci abbia detto:
il Signore Gesù dopo aver parlato con
loro fu elevato in cielo dove noi abbiamo un insegnamento molto stimolante:
non solo siamo chiamati a godere di una presenza, quella del Maestro, ma
ascoltarlo continuamente e ascoltarlo nel gusto della parola dove è il Maestro
che ci parla. In certo qual modo, dovremmo vivere quel silenzio gustativo che diventa
accoglienza di una Parola. Questa non è da capire, ma è da far fiorire nelle
scelte quotidiane!
È qualcosa che Gesù in noi opera in modo
continuo ed inesauribile. Il mistero dell'ascensione, meglio dell'assunzione di
Gesù al cielo, è un mistero di ascolto dove ascoltare la parola di Gesù è
ulteriormente una eternità seminata in noi perché la Parola creatrice dentro di
noi ci fa assumere gli stessi sentimenti di colui che è alla destra del Padre.
Ci accorgiamo di conseguenza che più ascoltiamo la Parola, più entriamo in
questa eternità soprattutto quando nel mistero eucaristico Lui ci eternizza. La
bellezza dell'eucaristia è il gusto dell'eternità beata. La nostra vita
concreta è compiere le opere di Gesù e quando noi compiamo le opere di uno che
è eternità in noi, noi cresciamo nel gusto di questa eternità beata. La morte
non è un tracollo, la morte è una pienezza di vita storica che si apre sull'eternità
che lentamente ci forgia, ci libera, lentamente, dai desideri storici e alimenta
in noi quei desideri di visione che è la grande meta della nostra esistenza. È
molto bello fare della vita una sete quotidiana di un volto di Dio, il Padre,
che il Figlio in noi ci fa desiderare continuamente. La bellezza della nostra
vita è un desiderio di eternità, non dimenticando la concretezza del
quotidiano. I due angeli nel momento in cui si rivolgono agli apostoli dicono perché guardate in cielo, perché vi distaccate
dalla storia nella quale siete immersi? Andate a Gerusalemme vivete l'esistenza
feriale attendendo la finalità della vita, quel Dio tutto in tutti di cui ci ha parlato Paolo in modo meraviglioso
per giungere alla pienezza della maturità di Cristo. Quando il Signore ci
chiamerà alla pienezza della vita, in quel momento il Padre vedrà in noi la
maturità del suo Figlio, e quando noi entreremo nella maturità del suo Figlio,
la nostra vita sarà un canto eterno.
La festa di oggi è la festa della nostra
speranza, non c'è un'eternità senza storia, ma costruiamo una storia ricca di
eternità.
Entrando in questo itinerario di vita, abbiamo
una concezione molto diversa del nostro trascorrere quotidiano: vivere è
respirare l'eterno per avere il coraggio evangelico nei drammi storici. Quando
avvertiamo nella nostra esistenza questo soffio di eternità, tutto diventa grazia,
tutto diventa attesa, tutto diventa degustazione di una gloria che non ha
confini. L’eucaristia che stiamo celebrando è nient'altro che la degustazione
di questa eternità. Quando moriremo sentiremo le parole che noi ascolteremo tra
poco prima della comunione Beati gli
invitati alla cena delle nozze dell'agnello, quel banchetto glorioso dove
Dio sarà tutto in ciascuno di noi. L'eucaristia è la grande nostalgia del totalmente altro nel quale la nostra
esistenza sarà veramente realizzata. Questo sia il significato che ci
accompagna nelle scelte quotidiane. Il cristiano non conosce la morte, il
cristiano è innamorato solo della vita. E quanto più Signore agisce in noi più
il gusto dell'eternità cresce in ciascuno di noi.
Questa è la grande energia di vita che ci
guida ogni giorno nel cammino della storia.
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