At 2,14.22-33 Mt 28,8-15
OMELIA
La Chiesa nell’ aiutarci in questa settimana di Pasqua ad entrare
nel mistero del Risorto ci indica la via per poter veramente accedere a questa
meravigliosa verità. L'esperienza offertaci dal testo evangelico di Matteo ci
narra il cammino che queste donne hanno percorso per poter veramente giungere
all'esperienza del Risorto. Un simile tracciato si rivela importante per
ciascuno di noi perché coltiviamo in noi stessi il desiderio di incontrare Colui
che è risorto dai morti, per lasciarci rigenerare da una autentica esperienza
di fede. Entrando nella comprensione del vissuto di quelle donne, il testo
evangelico mette in luce due termini abbandonando
in fretta il sepolcro con timore e gioia grande, dove queste due parole
riassumono l'atteggiamento interiore per poter veramente incontrare il Maestro.
Innanzitutto con la parola “timore”, noi qualche volta facilmente cadiamo nella
rilettura della paura, che rappresenta il dramma del cuore dell'uomo dei nostri
giorni. La parola timore sullo sfondo scritturistico è nient'altro che la
relazione interiore dell'uomo quando ha davanti ha qualcosa di grande.
All'apparizione di qualcosa che va al di là dei desideri dell'uomo, come è
appunto l'annuncio evangelico della risurrezione del Maestro e della tomba
vuota, quelle donne che vanno al sepolcro sono davanti a una fatto che genera
stupore e che le incuriosisce interiormente: sono di fronte qualcosa di
straordinario: la pietra ribaltata, il terremoto che è il linguaggio che nella
sacra scrittura si usa quando per dire: sta apparendo Dio, la visione
dell'angelo, le sue affermazioni. L'incontro con il Risorto scaturisce da
questa attenzione interiore dove noi ci poniamo davanti alla grandezza di Dio
che si rivela. Il fatto che le donne vadano al sepolcro, al mattino presto,
evidenzia la loro condizione spirituale: in loro c'è già la predisposizione ad
entrare in questo grande mistero perché la loro vita è il Maestro. Un simile
atteggiamento ci insegna che ognuno di noi per poter entrare nell'esperienza
della risurrezione deve avere questa dimensione interiore: lasciarsi prendere
dalla creatività di Dio e di riflesso, fare esperienza di gioia grande, poiché
l'angelo rivela il grande evento della risurrezione: il Signore è risorto! E la
risurrezione è qualcosa che avviene nell'assoluta gratuità di Dio e dove l'uomo
nello stupore si lascia forgiare dalla gratuità di Dio. Non è quella del Risorto
una gioia che ci prendiamo o costruiamo noi stessi, ma è una gioia che nasce da
questa attesa di qualcosa di grande, dove l'uomo è ricolmato dal grande
annuncio, Gesù è risorto. Questo annuncio non è semplicemente una parola che ci
raggiunge, ma un evento che ci avvolge, quindi quel coniugare il “timore e gioia grande” ritraduce una
vitalità interiore che si lascia continuamente catturare dalla grandezza di
Dio. E quando l'uomo si lascia catturare dalla grandezza di Dio non viene mai deluso.
Gesù va incontro a loro. Quando noi entriamo nell'esperienza della fede dobbiamo
prendere coscienza che siamo un capolavoro della gratuità di Dio, dove Dio nella
sua libertà ci avvolge e ci dice: ecco la novità del mondo, è il Risorto che ci
viene incontro! Questa prima dimensione della parola che abbiamo ascoltata è di
grande stimolo: la risurrezione pienamente avvertita da chi vive solo di
gratuità, di chi si lascia raggiungere dalla creatività di Dio e quindi è
aperto al rivelarsi divino. Su questo sfondo appare la luminosità dell'incontro
sacramentale, che viene espresso dal linguaggio delle donne: si avvicinarono, gli abbracciarono i piedi
e lo adorarono. È la bellezza della sacramentalità della Chiesa. Il Signore
che noi amiamo non è un Signore che ci comunica dei pensieri, non è un Signore
che ci pone dinnanzi a delle dottrine o ad atteggiamenti semplicemente morali, ma un Signore che si lascia attirare e
toccare. In quei gesti dell'avvicinarsi, dell'abbracciare e dell’adorare
s'incarna l'atteggiamento, si sottolinea nel suo quotidiano: mi sono lasciato
trasfigurare dal Maestro. Ogni volta che noi celebriamo i divini misteri dell'Eucaristia
viviamo la stessa esperienza delle donne. Davanti al Signore che è presente in
mezzo a noi e che rappresenta il desiderio attivo nel nostro cuore, noi ci
accostiamo a lui, lo abbracciamo attraverso lo spalancare le nostre persone
alla sua parola, quell'accogliere il pane e il vino, e lo adoriamo perché siamo
stati deificati e identificati in lui. Questa è la bellezza dell'esperienza
della Pasqua, non è un evento accaduto 2000 anni fa, ma è un evento che ci
raggiunge oggi, ci trasfigura, a condizione che ci apriamo a questa presenza.
Per cogliere la profondità e la grandezza della risurrezione
dobbiamo mettere da parte la volontà di capire per lasciarci prendere dallo
stupore che canta la gioia di un incontro. È l'esultanza nella quale le donne
se ne partono per dare compimento alla volontà del Risorto. Celebrando l'Eucaristia noi facciamo
l'esperienza della risurrezione: come ieri il discepolo che Gesù amava vide e credette attraverso quell'essere
stato amato incontra i segni della risurrezione, così noi, oggi, attraverso la
figura di quelle donne entriamo nello stesso fascino di Gesù, e allora la
resurrezione non è semplicemente una tomba vuota, ma la resurrezione è una
presenza meravigliosa: il Risorto è nella nostra vita, nella nostra storia, nel
vissuto della comunità cristiana! Scopriamo di conseguenza che il celebrare
l'eucarestia non è altro che incontrare il Risorto, o meglio, lasciarci
incontrare dal Risorto che vuole trasfigurare le nostre persone dandoci
l'entusiasmo della vita. Anche se la corporeità qualche volta è molto carente,
perché non si lascia avvolgere dalla luminosità, se tante volte le situazioni
della vita sono complesse, e ci rendono inconsciamente ciechi e sordi, tuttavia
il Risorto ci viene incontro e ci ricolma del suo entusiasmo salvifico, se noi
nel profondo del nostro cuore desideriamo la sua persona. E il desiderio della
sua persona diventa sempre sacramento nel cammino ordinario della nostra
quotidianità, e nel sacramento tutto diventa un canto alla gioia nella costruzione
della vita. È la preghiera che abbiamo offerto al Padre all'inizio di quest'Eucaristia:
...concedi ai tuoi fedeli di esprimere
nella vita il sacramento che hanno ricevuto nella fede. Ciò che nella fede celebrata
viviamo, deve ritradursi nel cammino del quotidiano in modo da rendere le
realtà feriali un sacrificio di lode gradito al Padre. Con questa esperienza
interiore viviamo quest'Eucaristia, nella bellezza feconda della semplicità del
cuore, in modo che veramente il Signore sia il Signore risorto che ci riempie
di luce anche quando siamo nell'oscurità della storia quotidiana, e possiamo
regalare la gioia del Risorto ai fratelli che incontriamo ogni giorno nella
strade di tutti i giorni.
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