At 5,12-16 Ap 1,9-11.12-13.17-19 Gv
20,19-31
OMELIA
Il tempo
che la Chiesa vive dopo il grande avvenimento della Risurrezione ha uno scopo
ben chiaro: farci gustare la reale presenza del Risorto perché noi possiamo
credere e credendo in Lui abbiamo la
vita nel suo nome.
Nel cammino
quotidiano, noi ben lo sappiamo che l'esperienza del Risorto è fondamentale per
potere crescere in un autentico percorso di fede. E dopo averci illuminato
domenica con il cammino del discepolo che Gesù amava, dove abbiamo percepito
che il Risorto lo comprendiamo entrando nella sua intimità esistenziale, oggi
la parola che abbiamo ascoltata ci pone davanti un interrogativo, un
interrogativo che era già presente all'epoca della chiesa di Giovanni: dove possiamo vedere il Signore? Noi
tutti, guidati dallo Spirito, possiamo affermare che il Signore è risorto ma sappiamo
anche che lo dobbiamo vedere, lo dobbiamo sperimentare, lo dobbiamo incontrare,
perché la bellezza della fede è essenzialmente un itinerario di relazione.
Dalla
parola che abbiamo ascoltata emerge che il luogo nel quale noi realmente
facciamo l'esperienza del Risorto, è quando ci ritroviamo nella celebrazione
eucaristica. Il testo dell'Apocalisse che abbiamo udito è nient'altro che
l'inizio della grande celebrazione eucaristica che caratterizza questo libro
della scuola di Giovanni. Alla luce della narrazione evangelica odierna, ciò
che colpisce è soprattutto il saluto che abbiamo ascoltato per ben due volte
nel testo evangelico ed entrambe le volte in due circostanze molto chiare: in due
domeniche successive.
La bellezza
dell'incontrare il Risorto è essere convocati a celebrare i divini misteri e
allora intuiamo perché davanti all'interrogativo che creava turbamento nella
Chiesa antica -dove possiamo vedere il Risorto?-,
l'evangelista Giovanni descriva le apparizioni del Maestro nel contesto dell'Eucaristia
e con il linguaggio rituale che la qualifica.
Innanzitutto
nell'incontro che abbiamo poc'anzi udito dal Vangelo: il primo giorno della
settimana, Gesù appare e dice la pace
sia con voi, che è nient'altro che il linguaggio con il quale noi iniziamo
le nostre celebrazioni eucaristiche: il Signore
sia con voi, dove in quel saluto noi cogliamo il mistero della relazione
che qualifica l'incontro sacramentale: il Risorto, in mezzo a noi, ci regala la
sua personalità. È bello entrare nella celebrazione eucaristica e vedere il Risorto
qui, in mezzo a noi, che ci manifesta il suo mistero, ci offre la sua
personalità, ci dona la sua interiorità. Quando noi riusciamo a intravedere una
presenza se non quando questa si pone in rapporto con noi? E la bellezza di
questo rapporto si è ritradotta ulteriormente nel linguaggio dell'evangelista
quando dice che Gesù soffiò su di loro -
ricevete lo Spirito Santo - rimettete i peccati. È la fecondità di questa relazione con la quale il Maestro si pone
davanti a noi e rigenera la nostra vita. Il saluto non è un atto formale, il
saluto è un fatto creativo: la presenza del Risorto condivide con noi il suo
mistero e la sua personalità e noi siamo così convinti di questa relazione che
rispondiamo con l'affermazione E con il
tuo spirito, “la tua personalità o Gesù è diventata la nostra personalità,
la bellezza della tua persona ha rigenerato le nostre persone, stiamo vivendo
un meraviglioso rapporto di fraternità”. La bellezza di ritrovarci nell'Eucarestia,
dice l'evangelista Giovanni, è la bellezza feconda di una relazione tra il Risorto,
che ci regala il suo mistero, e noi che ci lasciamo coinvolgere in questa
dinamica che diventa ancora più profonda quando Gesù apparendo ai discepoli
mostra loro le mani e il costato: ci regala tutto il suo amore oblativo ritradotto
nel grande evento della croce gloriosa.
Il
discepolo quando entra nei divini misteri è ricreato dalla persona oblativa di
Gesù che ricostruisce tutte le volte la gioiosità d'essere segni luminosi della
sua presenza. È una verità questa che noi facilmente non percepiamo, perché purtroppo
siamo esistenzialmente distratti e dimentichiamo che la gioia di essere
convocati nella divina liturgia eucaristica scaturisce dal fascino del Maestro.
Attraverso il genere letterario della narrazione evangelica, Giovanni ci dice: "Ogni
volta che vuoi vedere Gesù, vuoi lasciarti incontrare da Lui, ogni volta che
desideri essere ricreato dalla relazione con Lui, va’ ai divini misteri e
immergiti in quell'ineffabile mistero di amore".
Tale verità
viene ulteriormente rafforzata dal testo dell'Apocalisse che ci offre un'espressione
che alle nostre orecchie può risuonare strana. Nella visione che l'autore
dell'Apocalisse ci offre si avverte questa espressione: noi siamo chiamati a vedere la voce. Quando noi sentiamo
l'espressione “vedere la voce”, qualcosa a livello linguistico ci crea
difficoltà perché normalmente dice: si ode la voce, non la si vede. Come mai
l'autore dell'Apocalisse ha questa intuizione del vedere la voce? Ora, se noi entriamo nella profondità del linguaggio
possiamo percepire che tutto ciò risulta estremamente vero. Quando noi amiamo
veramente una persona e, usando il linguaggio di oggi, ne ascoltiamo la voce al
telefono, noi quella persona la stiamo vedendo. Udire la voce di una persona
amata è vederla!
E allora
ogni volta che noi andiamo alla celebrazione eucaristica, vediamo la voce,
udiamo delle parole, ma a livello personale, a livello di cuore, stiamo vedendo
il Maestro! Andiamo a percepire questa profonda verità della scrittura che questa
mattina ci regala qualcosa di grande. Possiamo vivere senza vedere Gesù?
Il
cristiano, quando vuole veramente ritrovare se stesso, ritrovare il nucleo
essenziale della sua storia, deve stare con il Maestro e il discepolo è
chiamato a vedere il Maestro, ma poiché l'annuncio del Maestro passa attraverso
la testimonianza degli apostoli, ecco, noi venendo all'Eucaristia vediamo il Signore
udendo la voce della persona più amata della vita: è il Risorto in mezzo a noi.
Ecco perché il cristiano quando inizia la celebrazione eucaristica è
affascinato dal Maestro che qui, in mezzo a noi, ci regala la sua persona e ci
rifà completamente. Un simile dono lo avvertiamo chiaramente nelle parole di
Gesù: Ricevete lo Spirito Santo! In
quel saluto gustiamo il Risorto, l'agnello che toglie il peccato del mondo, che
entra in relazione con noi e ci dice: comunque tu sia, sei un uomo rifatto!
Perché dove c'è il Signore l'uomo è radicalmente ricreato, mediante la
semplicità di accogliere una presenza che vuol fare di noi il mistero del suo
amore.
Ogni volta
che la domenica veniamo alla celebrazione dei divini misteri, in quel il Signore sia con voi percepiamo tutto
questo mistero e in quelle parole del presbitero noi vediamo la voce: Il Risorto,
che ci regala la bellezza della sua personalità. Quando facciamo questa
meravigliosa esperienza, ci accorgiamo che la nostra vita è ricreata. La
bellezza di credere è la bellezza di spalancare il cuore all'invadenza della
persona che è il senso portante della nostra vita. Nel contesto sacramentale il
Signore, che è in mezzo a noi, vuole condividere la sua presenza oltre che con
la parola che abbiamo ascoltata, anche con la sua commensalità. In un simile
contesto, noi sentiremo sì quelle parole, questo
è il mio corpo, questo è il mio sangue, ma in quel momento vedremo il Signore
che ci regala la sua persona! Viviamo questo mistero in tanta semplicità in
modo che la nostra esperienza cristiana sia gustare il Risorto, non come
un'idea, non come una prassi, ma come una relazione e allora la vita diventerà
diversa. Questo sia il mistero che vogliamo vivere e condividere oggi per poter
veramente dire: Gesù è veramente risorto; udendone la voce ho visto la sua
persona e questa è la speranza che offre coraggio in ogni tribolazione o
difficoltà della nostra storia quotidiana.
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