Is 43,16-21 Fil 3,8-14 Gv 8,1-11
OMELIA
La
Quaresima è il tempo per eccellenza per approfondire la nostra conoscenza di
Gesù e la parola che il Maestro questa mattina ci sta rivolgendo ci aiuta ad
intuire quello che è il nucleo fondamentale della nostra esistenza per essere
veramente discepoli. Volendo rileggere in modo positivo e stimolante il Vangelo
di Giovanni che abbiamo poc'anzi udito, al di là delle motivazioni che gli
scribi e i farisei hanno portato nel condurre quella donna davanti a Gesù, una
cosa è importantissima: dobbiamo andare da Gesù per ritrovare in Gesù la luce
della vita.
La bellezza
di camminare nel cammino quaresimale è quella di lasciarci attirare alla
persona di Gesù come colui che è la verità dell'uomo. Quando uno è discepolo
del Maestro, negli itinerari magari complessi dell'esistenza, l’itinerario
interiore è uno solo: conoscere Gesù. Siamo chiamati a entrare talmente nella
conoscenza di Gesù da poterci dare una risposta all'interrogativo: chi è il
maestro? Tutta la nostra esistenza è entrare nella conoscenza di lui poiché lui
è il senso più profondo della nostra storia.
Utilizzando
in modo positivo l'episodio del Vangelo noi ogni giorno ci accostiamo a Gesù,
con tutta la nostra storia, con tutta la complessità della nostra esistenza,
con tutti gli interrogativi che in un modo o in un altro possono affiorare entrando
nel suo mistero. È molto bello l'atteggiamento che abbiamo visto di Gesù che
per ben due volte si china per terra e scrive, ed è interessante come
l'evangelista ponga, all'interno delle due discese per terra nell'atto dello
scrivere, il parlare degli scribi e dei farisei, poiché la conoscenza di Gesù
passa entrando nella sua morte, sepoltura e risurrezione.
Davanti ai
grossi interrogativi dell'esistenza non solo ci accostiamo Gesù, ma dobbiamo
entrare nel nucleo fondamentale della sua storia: il nascondimento nella tomba
poiché egli è l’agnello che toglie il peccato del mondo.
È quello
che in modo favoloso ci ha detto Paolo, il quale, davanti alla situazione
storica in cui si ritrovava -Paolo è in prigione e ha un desiderio intenso
della affettività dei suoi corregionali-, egli trova in Gesù il senso della sua
vita.
È molto
bello risentire l'espressione dell'apostolo nel brano che abbiamo ascoltato: Ritengo che tutto sia una perdita a motivo
della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore (…) perché io possa conoscere lui, la potenza
della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze, facendomi conforme
alla sua morte, nella speranza di giungere alla risurrezione dai morti.
Il
confronto con Gesù è il confronto con il senso della vita, il senso della vita
che è già dentro di noi perché Cristo è dentro di noi, quindi in certo qual
modo, il Cristo in noi ci attira a sé continuamente e lo possiamo conoscere in
quello che è il nucleo fondamentale della sua vita. È la bella espressione con
quale Giovanni apre la lavanda dei piedi Prima
della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da
questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino
alla fine. È la bellezza della vita cristiana: essere amati dal Signore, relazionarci
in modo vivo con Lui per sentire la sua presenza in noi: una presenza di
progressiva identificazione. Il cristiano sa esattamente che la sua storia è un
continuo rapporto con il Maestro e nel rapporto con il Maestro, il Maestro ci
dice sempre sii sempre ricco di speranza:
io vivo in te e lotto con te. Davanti a questo grande progetto che illumina
la nostra storia, ci sono offerte due scelte nel vangelo:
- la scelta degli scribi e dei farisei che se ne vanno, che non si lasciano attirare da Gesù; la loro esistenza è troppo chiusa nello strutturalismo della Legge e hanno la schiavitù del cuore;
- dall'altra quella della donna che rimane davanti a Gesù, rimane nella zona d'influenza del Maestro, si sente affascinata da Lui e in Lui ritrova il senso della vita: ella si lascia conquistare dal Maestro.
Di fronte a
una simile situazione Gesù così si rivolge alla donna «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose:
«Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi
non peccare più» dove quell'espressione va’ e non peccare più la potremo ritradurre così: va’ e rimani sempre nel mio sguardo, rimani
sempre nella mia relazione, respira sempre il mio amore.
L'uomo
storico è e sarà sempre un peccatore. È sempre bello riandare a un testo della
prima lettera di Giovanni che da questo punto di vista è molto illuminante: Se diciamo che siamo senza peccato,
inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. Uno dei drammi della Chiesa
apostolica era stato quello di una comunità che viveva i tempi messianici, ma
si ritrovava peccatrice; ora Gesù ci dice: non avere paura se sei peccato, se
ogni giorno nel cammino della tua esistenza cadi nei limiti della tua storia,
ciò che conta è che ti lasci affascinare da me, agnello che porta il peccato
del mondo, per dare all'umanità quel mondo nuovo di cui ha parlato Isaia nella
prima lettura: Non ricordate più le cose passate, non pensate
più alle cose antiche! Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia,
non ve ne accorgete?
Nello
sguardo di Gesù tutto diventa nuovo! Se è vero in termini psicologici che
l'uomo è frutto delle sue relazioni, nell'ordine teologale questo è più che
vero, perché la bellezza del cristiano è rimanere sempre nell'arco di influenza
del Maestro. E se il Maestro relazionandosi con noi illumina le nostre tenebre,
nel momento in cui accettiamo di essere nel suo rapporto diventiamo luce. È la
bellezza di conoscere Gesù, conosciamo Gesù con un cuore che ama essere nella
sua luce e quando noi abbiamo un cuore che ama di essere nella luce di Gesù
possiamo essere anche più grandi peccatori: quella luce accolta fin in fondo
diventa la gioia della vita, la fecondità della conversione, la bellezza del
perdono che è la fiducia inesauribile di Dio innamorato dell'uomo e quando
l'uomo entra in questa relazione la sua esistenza è totalmente rifatta. L'essere
perdonati rappresenta luogo privilegiato per conoscere chi sia Gesù. Noi
qualche volta non entriamo in questo orizzonte perché siamo schiavi di noi
stessi, siamo schiavi dei nostri comportamenti o del nostro modo di pensare. Dovremmo
imparare come quella donna a stare davanti a Gesù, nella sua solitudine, e in
quel momento, sentendoci profondamente amati, noi percepiamo un mondo
completamente nuovo.
È
interessante come l'incontro evangelico avvenga nel tempio, e sappiamo che il
tempio è Gesù. Noi ci ritroviamo questa mattina nel tempio, nel tempio che è
Gesù: qui accogliamo il rapporto che egli vuole stabilire con ciascuno di noi e
in questo rapporto percepiremo l'essere creature nuove: faccio nuove tutte le cose per poter ritornare a casa e diffondere
quella consolazione di cui ha parlato Isaia e che è l'anima della storia di
Paolo: dimenticando ciò che mi sta alle
spalle e proteso verso ciò che mi
sta di fronte, corro verso la mèta, al premio che Dio ci chiama a ricevere
lassù, in Cristo Gesù. Chi nella vita ordinaria attraverso la fede e il
sacramento vive la relazione con il Maestro ha in sé il desiderio di tendere
verso questa pienezza di gloria che è la nostra vita, la quale sarà rigenerata
perché veramente impareremo a conoscere Gesù. Questa sia la speranza che
vogliamo portarci a casa per entrare in essenzialità: vivere di Gesù, conoscere
Gesù, è trovare la bellezza nella vita e camminare con fiducia: il Signore che
è il nostro Signore sarà il nostro gaudio, la nostra certezza, la bellezza
della vita nonostante le difficoltà e i dolori della vita.
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