Dn 7,9-10.13-14 1 Pt 1,3-12 Gv 14,1-13
OMELIA
Il Padre ci regala il tempo per imparare a conoscere il Figlio. È
il senso della nostra esistenza. Il tempo è un dono del Padre perché la nostra
esperienza del Figlio possa crescere giorno per giorno. Il Vangelo che abbiamo
ascoltato ci colloca nell'ultima cena, nei discorsi con i quali Gesù si è
rivolto ai discepoli perché fossero immedesimati nel suo mistero e allora è
bello soffermarci su questo brano evangelico, sullo sfondo della prima lettera
di Pietro, per imparare a “come” conoscere veramente Gesù e quindi vivere ogni
istante della nostra vita come un regalo del Padre per conoscere Gesù.
Innanzitutto dobbiamo prendere viva consapevolezza che il Signore
è presente in mezzo a noi. Il brano che abbiamo ascoltato ci fa chiaramente
intuire tale verità: il Padre chiama a sé il Figlio nella gloria perché il Figlio
sia sempre presente nella storia umana. È la bellezza della presenza dell'Invisibile
nel quale costruire ogni giorno la nostra esistenza; lo ha detto molto bene la
lettera di Pietro Voi lo amate, pur
senza averlo visto e ora, senza vederlo, credete in lui. È la bellezza
dell'esperienza dell'Invisibile in cui l'uomo ritrova e riscopre se stesso, ma
per giungere a questo c'è una parola che noi tante volte usiamo ma il cui
significato ci sfugge ed è la parola: contemplare il Cristo come uno stare ai
piedi di Gesù, lasciandoci catturare nello Spirito dalla sua persona.
Come battezzati abbiamo avuto il dono di poter contemplare l'Invisibile
nel mistero della Chiesa, nel mistero sacramentale, nel mistero del quotidiano.
Contemplare l’Invisibile! Se noi riuscissimo a cogliere fino infondo il valore
di una simile esperienza, intuiremmo come sia veramente possibile ogni giorno
crescere nella conoscenza di Gesù e allora il
contemplare nasce da un fascino che attira continuamente la nostra
attenzione facendoci progressivamente dimenticare noi stessi. È una attrazione
che continuamente opera nella nostra vita, una attrazione che ci affascina e
che purifica continuamente il cuore e la mente perché possiamo gustare la sua
presenza, la presenza di Gesù. Il cristiano è colui che si lascia sempre
attirare, è colui che davanti al dono del Cristo presente nella storia vede
nella sua persona la bellezza e il gusto della vita. Conoscere vuol dire vivere
in Gesù e come Gesù in un progressivo processo di identificazione: ecco la contemplazione
unitiva che nella concretezza della vita diventa la fecondità della mistica!
Questo meraviglioso e misterioso passaggio dall'io -che è
concentrato sui suoi interessi, che è concentrato solo sul proprio modo di
pensare o di vivere-, per entrare in questa azione del mistero di Cristo che
quanto più ci attira a sé, più ci plasma secondo il mistero del Padre.
Ecco perché il cristiano è colui che ha il gusto di una presenza,
dove la presenza non è necessariamente fisica… Noi qualche volta quando siamo
davanti al “senso della presenza” pensiamo facilmente alla sola fisicità:
toccare, vedere, quasi possedere con la nostra sensibilità, mentre questa
presenza del Risorto è una presenza sacramentale: attraverso il linguaggio
della corporeità gustarne l'ineffabilità.
La gioia di ritrovarci insieme, come stamattina, è gustare il Risorto,
è accogliere la parola che si rigenera continuamente nella vita: ascoltiamo
infatti “Parola di Dio” e noi diciamo: "Grazie Signore che ci parli
ancora!". È la presenza della realtà del Sacramento, nei segni il Signore
è presente perché la presenza è essenzialmente una relazione e la relazione quanto
più è profonda più va al di là dello spazio e del tempo, è una presenza che si
illumina di eternità beata.
Ecco allora questa presenza che è la vita ordinaria: tutto ciò che
noi facciamo, siano piccoli o grandi cose, noi viviamo la presenza del Risorto
che è Qualcuno, che entrato nella nostra vita genera la sete e la gioia di
poterlo conoscere. Il resto rientra nei linguaggi, ma i linguaggi non sono la
presenza, la presenza è questo Signore che entrando nella nostra vita glorioso
ci regala tutta la sua personalità. Quando noi conosciamo una persona? Quando
l'altro totalmente entra nella nostra vita, finché non c'è un rapporto totale e
totalizzante non c'è una vera e feconda presenza. Ora la bellezza di questa
parola di Gesù Io sono la Via, la Verità
e la Vita ci introduce alla bellezza e alla conoscenza Filippo, Chi ha visto me, vede il Padre.
Conoscere Gesù è aprire un orizzonte infinito nel quale la nostra
anima si perde in colui che è il senso della storia.
Conoscere Gesù è desiderare il volto luminoso di Dio Padre e
quando noi entriamo in questa meravigliosa e ineffabile esperienza ci
accorgiamo che la vita ha un senso perché conoscere è lasciarci trasfigurare
nel desiderio e il vero desiderio all'interno della nostra vita è con Gesù gustare
la relazione col Padre. Se noi percepissimo tale verità, come giustamente ha
detto l'apostolo Pietro, noi potremmo veramente vivere quello che egli ci ha
detto: Voi lo amate, pur senza averlo
visto e ora, senza vederlo, credete in lui. Perciò esultate di gioia indicibile
e gloriosa, mentre raggiungete la mèta della vostra fede, la salvezza delle
anime: è la nostra vivente trasfigurazione.
Entrare in un'esperienza che cambia continuamente la nostra vita, ecco
perché la bellezza della nostra vita è innamorarci, giorno per giorno, del Crocifisso
glorioso! Lì è tutta la nostra vita, costruendo ogni frammento della nostra
storia come un meraviglioso dialogo tra Gesù e noi con il grande desiderio
interiore di gustare la gloria del Padre. E quando noi diciamo “Padre”, il
cuore è così ricolmato di gioia indicibile che anche nella persecuzione, anche
nelle difficoltà, anche negli interrogativi della storia siamo ricchi di grande
speranza, non per niente la prima lettera di Pietro è stata scritta per una
comunità che viveva in atto la persecuzione.
Allora entriamo in questo dialogo con Gesù per entrare in questa
conoscenza del suo mistero, lasciandoci attirare nella contemplazione del suo
volto in modo che avendo il nostro sguardo nello sguardo, negli occhi
meravigliosi di Gesù, possiamo camminare ogni giorno in novità di vita in
attesa di accedere alla pienezza di tale mistero. È la bellezza dell'Eucaristia,
dove nei segni cantiamo il gusto del primato dell'Invisibile. L'Eucaristia è il
luogo per eccellenza per conoscere Gesù, incarnandone la persona nel quotidiano.
Quando noi entriamo in chiesa il fascino, il desiderio del cuore,
è ascoltare Gesù, la nostra persona è diventare Gesù accogliendo il suo corpo e
il suo sangue nel segno del pane e del vino e allora sperimentiamo quella
trasfigurazione che è la vera conoscenza e allora, tutto il resto, diventa
molto secondario perché chi incontra Gesù in questa luminosità di vita, specie
eucaristica, è radicalmente perdonato, è profondamente rifatto e ha quella
luminosità che è l'eternità già nel tempo.
Questa sia la conoscenza che vogliamo oggi attraverso la parola
che abbiamo poc'anzi ascoltato.
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