At 1,1-11 Ef
1,17-23 Mt
28,16-20
OMELIA
Nel
tempo di Pasqua siamo chiamati a percorrere in modo profondo l'itinerario di
autentica conoscenza del Risorto. Una simile esperienza ci viene ratificata
questa mattina attraverso il misterioso episodio dell'ascensione di Gesù al
cielo, dove scopriamo la verità esistenziale di quello che ci ha annunciato il
Vangelo: “Io sono con voi tutti i giorni
fino alla fine del mondo”. È una certezza che deve penetrare dentro di noi.
L'ascensione costituisce il racconto del passaggio dalla presenza fisica di
Gesù alla sua presenza sacramentale e teologale. Non è più il Gesù toccato
fisicamente, ma il Gesù goduto e toccato nella fede e nella esperienza
sacramentale. Infatti, è interessante notare come quei due uomini gloriosi
apparsi ai discepoli hanno detto loro che non devono guardare verso il cielo,
ma devono attendere la sua venuta nella concretezza della vita quotidiana. “Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato
assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l'avete visto andare in cielo”.
Una simile presenza ci è continuamente offerta
dal vissuto della comunità cristiana, dalla presenza in ciascuno di noi, dalla
sua attualità nei sacramenti, dal Signore che è sempre con noi. Come possiamo
attenderne la venuta gloriosa se non riusciamo ad accogliere la sua presenza
oggi? Noi stiamo vivendo il nostro cammino spirituale tra due momenti:
l'ascensione e la venuta gloriosa. Gesù si fa desiderare in quell'incontro
glorioso attraverso il suo essere oggi in mezzo a noi. Questa presenza si
rivela ogni giorno, ogni giorno lui è presente, poiché senza la sua attuale
presenza, noi non potremmo essere suoi discepoli. Il discepolo ha il gusto
ordinario di godere della presenza del Maestro. L'ascensione ci rafforza in
questa profonda convinzione.
Se abbiamo notato nel testo, quando Gesù
appare ai discepoli in Galilea, l'autore sacro fa questa sottolineatura: “Quando lo videro, si prostrarono. Essi
però dubitarono”. È una costante, nei racconti della risurrezione, la
sottolineatura di questo dubbio dei discepoli. L'evangelista, narrando un
simile stato d'animo, ci aiuta a scoprire una profonda verità, che ci aiuta
spiritualmente a respirare. il Signore, quando ci si rivela, non guarda se
siamo preparati a riceverlo, perché è talmente innamorato dell'uomo, che non si
lascia bloccare da nessuna fragilità storica. La presenza del Signore è ricca
di fiducia, che per noi è una stranezza meravigliosa. Tante volte noi uomini
abbiamo quel dubbio e ci domandiamo: “Ma
io ne sono degno?” Abbiamo questo
dubbio, perché pensiamo di essere noi i protagonisti, quasi che la presenza del
Signore sia il premio della nostra ipotetica bontà.
La bellezza di questa presenza sta nel fatto
che il Signore ha fiducia nell'uomo. Partendo dal principio che Gesù è
innamorato dell'uomo, la nostra storia è il luogo della creatività divina. Una
persona intensamente innamorata non guarda mai i difetti della persona amata.
Quando si guardano troppo i difetti, è segno che qualcosa si è raffreddato nei
rapporti interpersonali. La bellezza della rivelazione di Gesù è che ama l'uomo
con tutte le sue fragilità, ama l'uomo peccatore, ama l'uomo che nel correre
della giornata è preso dalla
distrazione esistenziale, ama l'uomo chiuso nelle sue paure, ama l'uomo
prigioniero del suo individualismo. Tanti pensieri affollano la nostra mente e
non ci domandiamo se veramente siamo aperti ad accogliere il Maestro, ma
cadiamo nell’ individualismo o diventiamo schiavi di una mentalità di tipo
giuridico. Il Signore ci ama lo stesso, anzi più abbiamo coscienza dei nostri
limiti, più lui è meraviglioso. Il suo modo di reagire dice la bellezza e la
paradossalità della presenza del Signore, che, ricordiamocelo sempre, ci
precede sempre e ci ama prima che noi lo amiamo.
È sicuramente stimolante andare all'esperienza
dell'apostolo Paolo che affermava: “Noi
abbiamo questo tesoro in vasi di creta, affinché appaia che questa
straordinaria potenza appartiene a Dio e non viene da noi”. Una simile
testimonianza ci fa intuire una profonda verità, che non sempre riusciamo a
comprendere. C'è un principio che richiamandosi a una espressione di Cartesio
-"penso, quindi esisto"- potremmo esprimere così: “Poiché sono un
amato, io amo, e poiché amo, io esisto”. Partendo dal binomio amato- amo,
perciò esisto, la creatura respira speranza, al di là dei pesanti limiti
storici. Dobbiamo sempre avere la certezza di questa presenza del Signore, che
concretamente è attiva nella nostra vita. Non guardiamo ai nostri limiti,
guardiamo all'iniziativa meravigliosa di Dio. Anche se qualche volta dubitiamo,
utilizziamo sempre la Parola del Vangelo, e ci accorgeremo che egli, in modo
straordinario, accade nella storia oggi. Nella fede tutto è un evento di
salvezza e di fiducia. Noi non viviamo il passato, anche se è sempre presente
nella nostra storia personale, viviamo intensamente un presente, che apre sul
futuro. Ecco perché il cristiano sa gustare nelle sue fragilità quotidiane questa
straordinaria presenza. Costruendo l'istante alla luce del mistero di tale
meravigliosa presenza, noi possiamo aspettare senza timore il momento in cui il
Signore verrà. Gesù è un atteso. Potremmo chiaramente affermare che quanto più
scorrono gli anni, tanto più cresce in noi il desiderio di gustare eternamente
questa presenza.
Ecco perché noi oggi siamo qui: il Signore
abitualmente è dentro di noi. Ci svegliamo al mattino e ne percepiamo la
presenza. Questo intenso amore ci porta a costruire la giornata in lui e con
lui. Venire al sacramento è vederne la luminosità. La bellezza dell'Eucaristia
è la gioia di assaporare questa luminosità. Spesse volte siamo distratti da
tante cose, da tante realtà esteriori, pensando che siano la presenza del
Signore. La presenza del Signore è invece qualcosa di affascinante, che
attraverso la povertà dei linguaggi storici si rivela meravigliosa: l’Eucaristia
è l'eternità che è già cominciata in noi. Allora quando ci accosteremo ai
divini misteri, nella semplicità gioiosa del cuore, in quel momento vivremo in
anticipo il banchetto glorioso e sentiremo” Beati gli invitati alla cena delle
nozze dell'Agnello”, quelle nozze desiderate in ogni frammento della nostra
esistenza. Gesù non è salito, è rimasto per essere il Dio con noi, per
attirarci sempre più a sé. E quando nella povertà della nostra vita cadessimo
nel pericolo della depressione psicologica, ricordiamoci che nella nostra
depressione Lui è il Signore. In quel momento avviene una ricarica esistenziale
che dà coraggio. Entriamo in questo
mistero e allora l’affermazione “Io sono
con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo” è una verità quotidiana.
Camminando in questa luce vinceremo tante paure, vinceremo tanti virus,
vinceremo tanti individualismi. Ritroviamo la bellezza di Gesù qui nell'Eucaristia,
per poi godere la sua presenza nella vita quotidiana, sapendo che egli è il
nostro Signore e in lui possiamo avvertire che siamo già nell'eternità beata.
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