OMELIA
La verità dell’esperienza del
Risorto è la coscienza della paternità di Dio. Nella speranza che Gesù ci ha
regalato domenica scorsa, la nostra esistenza è un continuo rivolgerci a Dio,
chiamandolo Padre. Questa speranza però deve essere una speranza fondata.
L’afflato interiore, con il quale
ci rivolgiamo a Dio chiamandolo “Padre”, deve essere radicato nella nostra vita
perché, come ci ha detto l’autore della seconda lettura, siamo chiamati a rendere ragione della speranza che è in noi.
Siamo chiamati a dire la motivazione per cui esistiamo e, nei momenti di oscurità,
avvertiamo l'esigenza di testimoniare la nostra relazione con Dio. In ogni situazione
di tribolazione il cristiano annuncia la bellezza e il gusto della vita.
L’uomo, nella concretezza, è
attirato dal contingente, che è provvisorio. Gesù questa mattina ci vuole dire
come rendere continuamente ragione della speranza che è in noi. Egli definisce
lo Spirito come Consolatore o Paraclito e non esiste nessuno che non sia
“consolato” della vera consolazione:
essere il Cristo vivente. L’uomo non esiste senza la consolazione, che è la
molla della vita! Ma che cos’è questa consolazione e come ce la regala Gesù?
Sicuramente, nel nostro linguaggio
abituale, essa è legata ad avvenimenti nei quali abbiamo sperimentato complesse,
molteplici consolazioni o delusioni. Noi però sappiamo che, nell’ordine
evangelico, non esiste il transitorio, esiste l’eternità e la consolazione è
vivere la piena consapevolezza che non solo il Cristo è in noi, ma è il senso
portante della nostra vita. Chiunque sia in Cristo, chiunque goda di essere in
Cristo, è un consolato!
Questa certezza ci viene regalata dallo
Spirito Paraclito, il quale svolge in noi una duplice funzione: è il dinamismo
della nostra speranza ed è il principio in base al quale noi possiamo dire di
godere della vita, nonostante tutti i travagli della storia. Lo Spirito è
Consolatore perché ci dona il Cristo; lo Spirito è Consolatore perché “difende
i diritti di Cristo in noi”.
Innanzitutto, lo Spirito è
Consolatore perché ci dona il Cristo. Nel testo ascoltato si è parlato di un
altro Paraclito, di un altro Consolatore. Tutta la ricchezza dello Spirito
Santo è darci il Consolatore; la bellezza dello Spirito è il gusto del Cristo
presente. È un criterio che l’uomo storico non avverte, perché è
fondamentalmente un distratto, ma chiunque ami essere sotto l’azione dello
Spirito, costui gode della realtà del Cristo. Sicuramente l’uomo del concreto
non capirà nulla né dello Spirito Santo, né tantomeno della presenza di Cristo
che rimane in noi, ma se entriamo nella coscienza che l’Invisibile è l’anima
del visibile e che non esiste uomo che non viva dell’Invisibile, allora
cogliamo che il dono dello Spirito Santo, l’alito della Vita, è il principio
della presenza di Cristo. Gli uomini che non vivessero dell’Invisibile, non
avrebbero il gusto di esistere, perché le cose concrete non sono una sicura e
solida consolazione, le cose concrete non costituiscono la bellezza della vita,
le cose concrete sono transeunti, fuggevoli. L’uomo dell’Invisibile è l’uomo
dei grandi ideali, che permeano il suo spirito e gli danno coraggio. Ecco lo
Spirito Santo: l’Invisibile che ci regala il Cristo e, quando siamo presi dalla
presenza di Cristo, di che cosa abbiamo bisogno? Ecco la prima sfumatura: siamo
chiamati a dare ragione della speranza che è in noi, perché lo Spirito Santo ci
dà il gusto della vita che è Gesù Cristo.
Ma lo Spirito Santo è Paraclito, è
Consolatore anche perché difende i "diritti" di Cristo nella nostra
vita. Per crescere in questa coscienza, potremmo usare un’immagine di questa
azione dello Spirito: lo Spirito è lo scalpello di Dio, con il
quale veniamo scolpiti, per essere il volto di Cristo. Da qui nasce
quella visione sicuramente paradossale per la nostra concezione religiosa: lo
Spirito Santo ci colloca nella storia che è ricca di tribolazioni perché,
attraverso la tribolazione, cresciamo nella consolazione. Lo Spirito Santo
scalpella ed elimina ciò che in noi non è Cristo. Per poter veramente far sì che
la nostra vita sia Cristo, lo Spirito Santo ci scalpella continuamente, ma
nelle tribolazioni siamo consolati, perché ci accorgiamo che lo Spirito Santo
sta forgiandoci in modo meraviglioso, senza che noi tante volte ne abbiamo
coscienza. Tuttavia, nella fede sappiamo che lo Spirito sta dando alla luce il
Cristo in noi. Giustamente Gesù ha detto che non saremo mai orfani, perché lo
Spirito Santo farà in modo che Gesù sia sempre il Signore della nostra vita! Allora
daremo ragione della speranza che è in noi nelle situazioni della storia
perché, pur tribolati, saremo sempre dei consolati!
L’uomo storico non sa più gustare
la bellezza della vita. Il cristiano, nella semplicità di tutti i giorni, senza
compiere nulla di eccezionale, ritrova la gioia di costruire il quotidiano
nella docilità all'azione interiore per essere il volto del Maestro divino. Se noi
veramente percepissimo tale verità, ci accorgeremmo che essere cristiani non è altro
che camminare nel tempo, nel gusto della vita, perché il Signore è con noi, in
questo fascino dell’Invisibile che anima ogni giorno il visibile, e le azioni
quotidiane non sarebbero che l’incarnazione di quella pienezza interiore che è
dentro di noi e che ci dice che è bello vivere, anche se tribolati perché il
Signore, nello Spirito, è con noi.
Con lo sguardo verso l'alto,
facciamo nostra la bella espressione di Gesù: “Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paraclito, perché
rimanga sempre con voi... Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e
sarà in voi... In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre e voi in me e
io in voi”.
Quando ci sentiamo tristi per le
vicende della vita, rientriamo in noi stessi, nella fede emettiamo un profondo
respiro e percepiremo che lo Spirito Santo è in noi, ed allora vedremo il
Cristo che sta agendo nelle nostre persone, sta parlando e ci dice: “Con me non aver paura, io sono la tua
consolazione!”. Allora il cammino della vita assumerà prospettive e
sfaccettature molto diverse.
La bellezza di essere questa
mattina nella celebrazione eucaristica è provare la gioia di essere avvolti nella
nube delle tre Persone divine. Ci accosteremo al pane e al vino e, in quel
momento, il Signore ci darà dal Padre l’altro Consolatore, lo Spirito Santo. Uscendo
dalla chiesa, non temeremo le difficoltà, ma potremo affermare nelle scelte
concrete che abbiamo scoperto il gusto della vita: il Signore.
Ai fratelli, che incontreremo
nella quotidianità, daremo il sorriso di Cristo, con gli occhi resi luminosi dallo
Spirito, perché tutti condividano la nostra speranza!
Questo è ciò che vogliamo vivere
in questa Eucaristia, per dire che è bello essere cristiani non per le tante cose
che facciamo, ma per il gusto della vita. Il Signore in noi e lo Spirito Santo
compiono meraviglie e ci offrono il gioioso coraggio quotidiano di dire:
“Padre!”. Ci immergono nell’eternità beata, che è la speranza e la forza della
vita, in ogni frammento della nostra storia.
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