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XII DOMENICA T.O. - (ANNO A)
Ger 20,10-13 Rm 5, 12-15 Mt, 10, 26-33
OMELIA
La gioia di accogliere
continuamente il Maestro, facendolo diventare il senso portante della nostra
vita, è una realtà che deve espandersi nella costruzione del quotidiano. La
bellezza dell’esperienza di Gesù deve essere comunicata e condivisa. Ecco
perché questa mattina, attraverso la Parola che abbiamo ascoltato, egli ci
invita ad entrare nel senso vero della relazione. I doni di Dio sono veramente
comprensibili perché sono vissuti e regalati. Su questo sfondo, il punto di
partenza per l’esperienza apostolica è la presa di coscienza che la nostra vita
è continuamente guarita dalla persona di Gesù. Ce l’ha detto molto bene
l’apostolo Paolo quando ha affermato che in Cristo Gesù, nel suo mistero di
morte e resurrezione, noi siamo creature nuove e, quando l’uomo fa un’intensa
esperienza della novità di Dio, non può non essere come il profeta Geremia che
regala agli uomini il dono della Sapienza.
La missione è l’esuberanza di un
cuore riempito da una potenza meravigliosa.
L’esperienza apostolica nasce fondamentalmente dalla pienezza interiore
che vive di un cuore ricolmato dalla benevolenza divina. Infatti, quando uno
vive intensamente l’esperienza spirituale, quando ha una ricca vitalità
interiore, non può non donarla ai fratelli in una grande gioia, che diventa
comunicazione del mistero divino. Ma qual è il senso più profondo di questa
esuberanza che ci porta a regalare ai fratelli la bellezza di Gesù? Gesù ha
detto nel testo evangelico: “Non c’è
nulla di nascosto che non sarà svelato, né di segreto che non sarà conosciuto.
Quello che vi dico nelle tenebre, voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate
all'orecchio, voi annunciatelo dalle terrazze”. Che cosa vuol dire questo
linguaggio del Maestro? Ci si presentano tre passaggi per poter entrare in
questa meravigliosa esperienza.
Innanzitutto, la convinzione che nell’incontro
con Gesù, e vivendo di Gesù, ci si sente persone umane aperte alla vita.
L’incontro con lui, l’essere rigenerati da lui, ci porta a ritrovare la gioia
di essere noi stessi, nell’intuire la bellezza della nostra umanità. L’apostolo
è colui che nell’incontro con il Signore si ritrova radicalmente rifatto,
rigenerato. Ora quello che il Signore opera in ciascuno di noi dev’essere
regalato. Occorre dire all’altro, nella semplicità della vita ordinaria, la
bellezza di essere uomini, la bellezza di essere profondamente rifatti e
ricreati dalla presenza di Gesù. L’apostolo non è un facitore di opere, ma chi
si sente chiamato a condividere con i fratelli la propria umanità, in un
dialogo, in una relazione dove il cuore del discepolo, che ha il gusto di
appartenere a Gesù, si regala al fratello per una condivisione della bellezza
della vita. Il Signore non è venuto a darci delle cose. È entrato nella nostra
storia per renderci autentiche persone e la persona vera stabilisce un
rapporto, regalando la propria ricchezza all’altro, per condividere un mistero.
Anzi è affascinante nell’esperienza evangelica
non solo regalare all’altro la gioia di appartenere al Signore e quindi di
essere veramente uomini nuovi, ma avere la possibilità di cercare insieme la
verità. L’apostolato è dire ai fratelli che insieme viviamo l’avventura di
andare incontro al Signore, attraverso la condivisione della nostra storia
umana. Nessuno di noi può dirsi mai realizzato: siamo in divenire, siamo in
cammino continuo. Ora il Signore è
entrato nella nostra vita, ci ricolma della sua presenza e del suo mistero di
amore, perché iniziamo l’avventura di essere suoi discepoli, ma questa
avventura non un solipsismo. L’esperienza solipsistica non è evangelica. Gesù,
dicendo che quello che ha rivelato nelle tenebre deve essere predicato sui
tetti, ci porta a sottolineare che un simile itinerario esistenziale deve
essere comunionale, perché deve diventare condivisione e comune ricerca. La
verità dell’apostolato non è data dai risultati, la verità dell’apostolato è proiettare
la nostra esistenza verso una meta finale che ricolma il nostro spirito di
grande esuberanza. L’apostolato è una pienezza che si regala condividendola. E
allora, più si vive, più si cammina nella storia con i fratelli, più nasce in
noi il desiderio di condividere, regalandosi reciprocamente la bellezza di
appartenere al Signore.
Quando l’uomo entra in questo secondo
passaggio non ha più problemi, anche se la vita gli regala qualche angustia.
Non dobbiamo essere ricompensati dalla stima degli altri, perché il cristiano
sa esattamente che la sua vocazione ad essere discepolo entra necessariamente
in una fase di conflittualità. Testimoniare Gesù è intrinsecamente morire,
perché Gesù ci ha fatto creature nuove nella risurrezione, attraverso il mistero
della croce. La persona umana realizza se stessa quando entra nell’orientamento
a Gesù. Ma poiché Gesù è dentro di noi, Gesù nella nostra esistenza compie
meraviglie, di conseguenza non dobbiamo avere paura. La straordinarietà della
nostra storia è che ognuno di noi ha una spina del Crocifisso. È una cosa
questa che ci deve catturare: noi testimoniamo un Crocifisso glorioso, un
Crocifisso nel quale ritroviamo veramente noi stessi. È la personalità del
Maestro che entra nella nostra storia. Noi ben sappiamo che lui è dentro di noi
e le difficoltà della vita sono una importante pedagogia, che ci insegna ad
appartenere solo al Signore e a regalare solo il Signore. Interessante è
l’affermazione di un autore che così dice: “Il fratello al quale regaliamo la
bellezza di Gesù, anche attraverso la dimensione del martirio quotidiano,
impara veramente ad essere discepolo”. Poi domanda: “Chi è l’altro a cui noi
vogliamo regalare Gesù?”. L’altro è un santo potenziale, al di là della sua
storia personale, perché ogni uomo è un capolavoro di Dio, ogni uomo appartiene
a Dio, ad ogni uomo dobbiamo regalare Dio.
Se entriamo in questa esperienza
interiore, ci accorgiamo che diventare Gesù non è entrare in una esperienza
solitaria, ma è regalare quella visione meravigliosa di comunione a ogni
fratello, perché si sviluppi in lui, attraverso questa ricerca inesauribile del
mistero divino, la speranza di crescere nella verità, anche se egli non se ne
accorge. Questo è motivo di grande libertà
interiore. Noi qualche volta cadiamo nella tentazione di verificare le cose in
base ai successi. Non dobbiamo mai fare così, dobbiamo solo regalare, regalare
la storia di quell’umanità che Gesù ha redento, ha rifatto, ha rigenerato,
perché credeva in una condivisione di vita che realizzasse la ricerca di se
stesso. Come sarà bello il paradiso quando incontreremo tanti fratelli e
diremo: “Com’è luminoso quel mio fratello che ho incontrato tanti anni fa! Il
Signore da quell’incontro ha generato una novità, che è diventata per lui
misteriosamente eternità beata!”. Allora
intuiamo come l’esperienza apostolica è l’esuberanza. È molto bello come negli
Atti degli Apostoli l’esultanza di quella comunità sia stata paragonata ad una
ubriachezza divina. L’apostolo è un ubriaco di Gesù Cristo e vuole regalare una
bellezza meravigliosa al fratello, pur nelle difficoltà, in vista di una grande
visione gloriosa nella realtà del cielo.
E quello che viviamo in questa Eucaristia! La
bellezza di questa Eucaristia è che qui è presente il mondo intero e attraverso
la nostra fede, in questo momento stiamo regalando l’umanità a tutti e,
all’uscire di chiesa, dovremmo dire al fratello, con il sorriso: “Sei un capolavoro del Signore, cammina!”.
Allora percepiremmo come la gioia dell’apostolato sia una gioiosa testimonianza,
perché condividiamo soprattutto nella vitalità e nella fecondità dell’Eucaristia
la bellezza della nostra identità. Chiediamo allo Spirito Santo, in questa Eucaristia,
di accogliere la bellezza di questo dono, in modo che l’apostolato sia un
immenso grazie vivente al Signore. Dovremmo dire sempre: “Sto regalandomi a chi
la Provvidenza mi ha fatto incontrare”.
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CAMMINIAMO CON LA PAROLA
Cari amici,
dopo la conclusione dell’esperienza di GOCCE DI SPERANZA, in
molti hanno chiesto di riprendere insieme ogni giorno un cammino di
condivisione di un pensiero e di una preghiera, avendo come punto di
riferimento la parola di Dio che il lezionario offre continuamente.
Facciamo nostra
l'esortazione che ci è proposta dalla seconda lettera di Paolo a Timoteo: "Tutta la Scrittura, ispirata da Dio, è
anche utile per insegnare, convincere, correggere ed educare nella giustizia,
perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona" (2Tm
3,16).
Continuiamo così a stare vicini, affidando ogni nostra
giornata a Dio, che è la fonte della vita. La sua Parola ci guiderà e sarà luce
per noi e per i fratelli che il Signore metterà sui nostri passi.
Don Antonio
Bergamo, 7 giugno 2020
Festa della Santissima Trinità
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